La Macelleria di Bartolomeo Passerotti in Palazzo Barberini

Il dipinto della Macelleria, esposto presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini fu realizzato intorno al 1580 dal pittore bolognese Bartolomeo Passerotti (1529-1592). 

Galleria nazionale di arte antica di Palazzo Barberini, La Macelleria di Bartolomeo Passerotti [Fonte: Wikimedia Commons, PD]
Galleria nazionale di arte antica di Palazzo Barberini, La Macelleria di Bartolomeo Passerotti
Avvezzo a ritrarre scene di genere e momenti di vita popolare, il pittore ci offre qui uno spaccato di vita quotidiana all’interno di una bottega alimentare. Un ritratto di mercanti in un interno di bottega che è un vero e proprio trionfo del gusto, da intendersi sia come attitudine del palato sia come divertimento e senso dell’ironia. Il Passerotti, infatti, ci proietta letteralmente all’interno di un fornitissimo negozio di carni varie, di piccola e di grande taglia, dalla cacciagione all’animale da cortile, ponendoci di fronte al bancone, al di qua, come se fossimo clienti pronti a scegliere un qualche pezzo fra quelli esposti dai due macellai che ci stanno davanti. 

Uno dei due, quello alla nostra sinistra, regge con una mano il muso di una testa di cinghiale e con l’altra un coltellaccio, pronto a macellare le carni dell’animale; l’uomo ci sorride con complicità e astuzia al tempo stesso, sebbene il leggero strabismo da cui è affetto smorzi inevitabilmente la sagacia di cui egli sembra sentirsi dotato, suscitando in noi una benevola ironia. L’altro uomo, quello alla nostra destra, altrettanto fieramente sorregge con entrambe le mani un bel quarto di bue e lo offre al nostro sguardo, poggiando un gomito e il vigoroso avambraccio sul bancone. Ma l’orgoglio con cui sembra ostentare i prodotti della sua ricchissima bottega viene subito ridimensionato da noi che osserviamo, certamente divertiti, il suo sdentato sorriso.

Il bancone ligneo in primo piano espone i tagli e i brandelli delle diverse carni, seguono in secondo piano appunto i due uomini, e alle loro spalle, sfondo del quadro quasi a mo’ di scenografia, si susseguono vari ganci da cui pendono le carni macellate e gli animali quasi interi, scuoiati e pronti per essere venduti.

Se non temessimo di proporre una forzatura cronologica davvero anacronistica, potremmo dire che il quadro sembra piuttosto una fotografia, sia perché l’inquadratura taglia fuori dalla tela alcuni contorni degli oggetti, sia perché i due personaggi guardano l’uno (quello a sinistra) “in camera” cioè verso il pubblico e/o il pittore, e l’altro (a destra) comunque verso un punto esterno all’ambiente stesso ritratto.

In cotanto trionfo di abbondanza alimentare dominano i colori dal rosso al marrone, in vivace contrasto cromatico con il biancore del grasso delle carni e con i colori più scuri degli abiti dei due macellai.

I singoli quarti di animale sono dipinti con abbondanza e precisione di dettagli anatomici, certamente corrispondenti alla reale fisiologia animale perché frutto delle scrupolose conoscenze scientifiche del Passerotti, seguace del naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi e della cultura scientifica e medica diffusa all’epoca (e a tal proposito del Passerotti ricordiamo il ritratto del Botanico, conservato presso la romana Galleria Spada), volta a favorire la conoscenza del mondo tangibile tramite l’osservazione diretta dei fenomeni e delle cose.

Il dipinto – un olio su tela – doveva appartenere a una seria complessiva di quattro quadri, tutte scene di mercato  e di uguali dimensioni (oltre alla Macelleria, due dipinti di  Pescheria e una Pollivendola).  In ciascuna delle quattro tele compare, sia pur nascosto in un angolino, un passerotto, la “firma” del pittore.

[Chiara Morabito]

 

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