Il fascino della cartografia: l’area delle Terme di Diocleziano

Consultando la libreria casalinga, ho ritrovato due volumetti acquistati tempo addietro in una libreria dell’usato, una guida turistica inglese del 1894 e una guida ad uso dei pellegrini scritta nel 1888 in italiano e in francese, ambedue corredate di mappe che fotografavano la Roma contemporanea. Dalla loro osservazione ci è venuta l’idea di condividere con voi una serie di post dedicati all’analisi di alcuni luoghi della città particolarmente toccati dalle trasformazioni urbanistiche tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XIX, anche in considerazione del fatto che nel 2020 vengono avviate le celebrazioni per i 150 anni dall’istituzione di Roma Capitale d’Italia. Iniziamo con l’aria delle Terme di Diocleziano.

Volete sapere qualcosa di più sui due volumetti? Un po’ di pazienza. Andiamo per gradi, se arriverete alla fine del post, la vostra curiosità sarà premiata.

Le Thermae Diocletianae furono tra le più grandi del mondo romano, vennero costruite tra il 298 e il 306 d.C. dall’imperatore Massimiano Augusto dopo il suo ritorno dall’Africa.  L’imponente complesso termale, esteso su un’area di ben 13 ettari, venne dedicato a Diocleziano, fratello di Massimiano, come recita l’iscrizione dedicatoria (CIL VI, 31242) letta anche dall’anonimo di Einsiedeln in epoca carolingia: “I nostri signori Diocleziano e Massimiamo, Seniori Invitti Augusti, padri degli Imperatori e dei Cesari, e i nostri signori Costanzo e Massimiamo Invitti Augusti, e Severo e Massimiamo nobilissimi Cesari dedicarono ai loro diletti romani quelle Terme felici diocleziane che Massimiano Augusto tornando dall’Africa e con la maestà della sua presenza ordinò fossero costruite, e che consacrò dando loro il nome dell’augusto suo fratello Diocleziano, dopo aver acquistato gli edifici necessari, in proporzione della grandiosità di un’opera tanto cospicua, e dopo averle rifinite con ogni fastoso ornamento”.

Le terme, che potevano ospitare fino a 3000 persone, rimasero in uso fino al 537, quando gli acquedotti vennero tagliati in occasione dell’assedio di Roma da parte del re ostrogoto Vitige. Il complesso era alimentato da una derivazione dell’Aqua Marcia innestata nei pressi della Porta Tiburtina e collegata al serbatoio noto come Botte di Termini, ancora perfettamente conservato fino al 1860.

Le Terme di Diocleziano servivano l’area nord-orientale della città ed erano ubicate a poca distanza dalle Mura Aureliane, in particolare dalla Porta Nomentana e dai Castra Praetoria, la caserma delle corti pretoriane. Ma erano anche incluse all’interno del vecchio circuito delle Mura Serviane, a poca distanza da Porta Collina (demolita nel XIX secolo, era situata all’incrocio tra le attuali via Goito e via XX Settembre) e Porta Viminalis (situata nell’attuale piazza dei Cinquecento, vicino al lungo tratto di mura ancora conservato).

Fonte: A. Di Noto, G. Milani, F. Montuori, Consistenza archeologica dell'area di Termini, in: Luciano De Licio, L'area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 15
Fonte: A. Di Noto, G. Milani, F. Montuori, Consistenza archeologica dell’area di Termini, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 15

Pirro Ligorio, nella sua ricostruzione di Roma antica del 1561 (Anteiquae Urbis Imago) mostra l’area circostante le terme come affollata di edifici. Per realizzare questa interessantissima mappa si basò sulla documentazione elaborata dagli umanisti, sull’osservazione diretta dei resti archeologici, sul confronto degli edifici presenti sulle monete antiche.

Pirro Ligorio, Antiquae Urbis Imago, 1561
Pirro Ligorio, Antiquae Urbis Imago, 1561

Con la caduta di Roma e il  conseguente esponenziale calo demografico, nel corso del Medioevo la zona delle Terme di Diocleziano venne abbandonata, pur se rimanevano sempre in utilizzo diverse strade: l’Alta Semita (corrispondente alle attuali Via del Quirinale e Via XX Settembre), il Vicus Longus (che risalendo nella Suburra giungeva vino alle Terme di Diocleziano), il Vicus Collis Viminalis (noto da alcune iscrizioni) e il Vicus Patricius (corrispondente alla moderna Via Urbana, anch’esso terminante alla Terme).

Fonte: C. Pietrangeli, V. Di Gioia, M. Valori, L. Quaglia, Quirinale e Viminale nel Medioevo e nel Primo Rinascimento, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 22

Nella mappa del Bufalini, incisa dal Nolli (Vrbis Romae Ichnographia – Bufalini/Nolli 1551/1755) la Botte di Termini è ben indicata come theca aqua.

Dettaglio dell'area delle Terme di Diocleziano dalla mappa del Bufalini 'Urbis Romae Ichnographia' del 1551 incisa dal Noli nel 1755
Dettaglio dell’area delle Terme di Diocleziano dalla mappa del Bufalini ‘Urbis Romae Ichnographia’ del 1551 incisa dal Noli nel 1755

Ma andiamo ad analizzare più da vicino gli sventramenti e i riutilizzi del complesso termale dioclezianeo. Per farlo utilizzeremo tre rielaborazioni cartografiche tratte dal volume di Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma: progetti e trasformazioni (Roma: Officina Edizioni, 1995).

Nella prima rielaborazione, nella quale la consistenza dei resti archeologici è ricavata dalla veduta di Etienne Dupérac del 1577, possiamo vedere (in verde) che tutto il fronte occidentale del complesso, inclusa la grande esedra, era stato trasformato in giardino.

Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell'impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L'area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19a
Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell’impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19.

In effetti, nel 1533, il cardinale e diplomatico francese Jean du Bellay aveva acquistato dei terreni nell’area delle Terme di Diocleziano per poter realizzare gli Horti Belleyani. Nel volume di G. Dickinson, Du Bellay in Rome, Leiden; Brill, 1960) si racconta che il cardinale lasciò in eredità le sue proprietà, tra cui gli Horti, alle due nipoti le quali a loro volto li lasciarono al cardinale Carlo Borromeo che si impegnò ad avere cura dei giardini e delle statue.

Horti Bellaiani. Dettaglio dalla pianta di Roma del 1577 redatta da Étienne Dupérac
Horti Bellaiani. Dettaglio dalla pianta di Roma del 1577 redatta da Étienne Dupérac

Ma torniamo alla rielaborazione cartografica che stavamo già analizzando.

Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell'impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L'area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19a
Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell’impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19a

L’area evidenziata in giallo corrisponde alla trasformazione di una parte del complesso termale nella chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli e dei Martiri con annesso convento dei Certosini. La trasformazione fu realizzata a partire dal 1561 per volere di papa Pio IV Medici, che incaricò del progetto Michelangelo. La chiesa venne realizzata riutilizzando l’antica piscina di acqua fredda (il frigidarium) e parte della piscina scoperta (la natatio), mentre gli ambienti della Certosa con i due chiostri vennero ricavati sul retro della basilica.  E’ probabile che i lavori della Certosa siano stati portati a termine dal discepolo di Michelangelo Jacopo del Duca. Costui era il nipote del sacerdote siciliano Antonio Del Duca che dichiarò di aver visto nel 1541 una luce bianca e i sette martiri sopra i ruderi delle antiche terme. A seguito di questo evento prodigioso il sacerdote fece realizzare un quadro raffigurante la Madonna tra sette angeli e iniziò a sollecitare la costruzione della chiesa ma dovette attendere venti anni per vedere realizzato il suo sogno. Da sottolineare che l’intervento michelangiolesco fu estremamente rispettoso delle strutture antiche.

Un ulteriore particolare degno di nota è l’intervento di papa Gregorio XII Correr che in occasione del Giubileo del 1975, acquista per la Prefettura dell’Annona le aule sud-occidentali delle Terme per trasformarle in granai (in arancione). Venti anni dopo papa Sisto V Peretti distrugge il settore meridionale del complesso termale (in azzurro) per la costruzione dell’immensa villa privata, Villa Montalto-Peretti, che si sviluppava in direzione est con un perimetro di circa sei chilometri.

La seconda rielaborazione che vi mostriamo è stata ricavata utilizzando come base la pianta di Roma di Giovanni Battista Nolli del 1748.

Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell'impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L'area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19b
Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell’impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 19b

In azzurro si distingue il prolungamento dei granai (lungo le attuali via Cernaia e via Pastrengo) voluto da papa Paolo V Borghese nel 1612 e venti anni dopo un’ulteriore ampliamento voluto da papa Urbano VIII Barberini che utilizza altre due aule del fronte sud-occidentale (in verde). Clemente XI Albani (1700-1721) sfrutterà come granai anche parte del recinto (giallo opaco) prospiciente la ex Villa Peretti-Montalto, nel frattempo acquisita dalla famiglia Negroni, cui si deve anche l’inizio dello sventramento della Botte di Termini (giallo scintillante). Per completezza, pur se non visibile in pianta, ricordiamo che papa Clemente XII (1758-1769) costruì nei freschi sotterranei dei granai lungo il lato occidentale delle terme i depositi dell’olio – le olearie papali progettate da Piero Camporesi il Vecchio – per garantire l’approvvigionamento del prodotto a prezzi calmierati. Purtroppo per realizzare il progetto fu necessario abbattere parte delle antiche strutture, tra cui gli impianti di riscaldamento.

Ma leggiamo cosa ci racconta l’abate Ferdinando Galiani nei suoi Dialogues sur le commerce des bleds (ed. anonimo, 1770):

 Ci sono a Roma vasti e immensi magazzini destinati al grano, e regolamenti ancora più vasti e più immensi dei granai… e tutto ciò si chiama l’Annona. […] I granai e i regolamenti sono press’a poco gli stessi che si fecero ai tempi di Cesare, d’Augusto e di Tito. Questi signori a Roma non ci sono più; ma al loro posto ci sono dei Clementi, degli Innocenzi e dei Bonifaci, che non hanno altra somiglianza, che io sappia, con gli imperatori, che l’avversione irriducibile a portare una parrucca. […] malgrado ciò, i granai e i regolamenti restano. Quelli di Augusto potevano essere buoni: non l’ho approfondito; lo voglio credere. Roma possedeva allora la Sicilia, l’Africa e l’Egitto. Un popolo immenso era sovrano: la sua collera era temibile; l’abbondanza e l’opulenza dovevano essere la giusta ricompensa e il frutto del suo valore: bisognava dunque che i paesi conquistati pagassero tutti il tributo del proprio frumento per nutrire con quel frumento questo popolo re. Roma non ha più oggi né la Sicilia, né l’Africa, né l’Egitto. […] Ci sono dei granai; la prima cura del governo è che il pane sia a basso prezzo, come se si dovessero temere le grida del circo e dell’anfiteatro, da un piccolo popolo tanto devoto, tanto sottomesso, che non si riunisce più che per fare processioni e guadagnare indulgenze dalle dita di sua Santità”.

Non possiamo fare a meno di mostrarvi anche il dettaglio della pianta di Roma di Giovan Battista Nolli del 1748, considerata la prima mappa realizzata con metodi scientifici.

Giovanni Battista Nolli, Nuova pianta di Roma, 1748, dettaglio dell'area delle Terme di Diocleziano e dell'Aggere Serviano
Giovanni Battista Nolli, Nuova pianta di Roma, 1748, dettaglio dell’area delle Terme di Diocleziano e dell’Aggere Serviano

La dove c’erano i giardini dell’ambasciatore francese a Roma ora vi è l’orto della Chiesa di San Bernardo (in giallo), sono ben visibili gli edifici dell’Annona mentre tutta la parte posteriore del complesso è sfruttata a vigna della Certosa (in verde). Ciò che più colpisce è il largo segmento curvilineo che dal retro delle Terme prosegue in direzione dell’area della Villa Negroni (ex Montalto-Peretti). Si tratta dell’aggere serviano che a metà del XVIII secolo era ancora perfettamente percepibile. Cos’era esattamente l’aggere? Un terrapieno difensivo costituito da terra di riporto, ricavata da un sottostante fossato. A Roma, fu utilizzato nell’ambito della struttura difensiva delle Mura Serviane fino al IV secolo d.C. Doveva raggiungere un’altezza di 4-5 metri, anche maggiore in occasione di attacchi incombenti, come quello dei Galli. Fu demolito in parte durante i lavori di costruzione della Villa Montalto-Peretti, in parte durante i lavori di costruzione e ricostruzione della stazione ferroviaria di Termini.

In quest’ulteriore rielaborazione cartografica dell’area delle Terme, sono evidenziati gli interventi realizzati nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento.

Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell'impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L'area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 20
Fonte: R. Panei, P. Trovalusci, Modificazioni dell’impianto termale adrianeo, in: Luciano De Licio, L’area di Termini a Roma, Roma: Officina edizioni, 1995, p. 20

Nella prima metà del XIX secolo le aule intorno al transetto della basilica (in azzurro) vengono trasformate in magazzini, mentre, con la soppressione dell’Annona frumentaria e olearia alcuni spazi vengono trasformati da papa Pio VII Chiaramonti in Deposito della mendicità (verde) ed altri da Leone XII della Genga in Pia Casa d’Industria (giallo), ovvero un “reclusorio dei Poveri” che conteneva “mille individui dell’uno e dell’altro sesso”. Se vi andasse di approfondire l’argomento vi consigliamo la lettura di Ilarione Petitti di Roreto, Saggio sul buon governo della mendicità, degli istituti di beneficenza e delle carceri (Torino: presso G. Bocca, 1837) e del Regolamento per la Pia Casa d’Industria alle Terme Diocleziane, Roma: Rev. Cam. Apost, 1828). Possiamo poi notare sulla mappa (in verde) l’inizio delle distruzioni massive del complesso  a partire dal 1870 per l’apertura di Via Nazionale e di Via Cernaia e il definitivo smantellamento della Botte di Termini che rimarrà un mero ricordo. Il complesso dioclezianeo continuerà però a essere riulizzato. Gli spazi della Certosa saranno adibiti a caserma (arancione), fiancheggiata dal primo nucleo del Museo Nazionale Romano istituito nel 1899 e allestito dall’archeologo Felice Bernabei. Si datano infine all’ultimo decennio dell’Ottocento gli interventi (in rosa) che includono, ormai in epoca regia, la costruzione del Ministero delle Finanze, del Grand Hotel e dei portici dell’attuale piazza della Repubblica.

Ma arriviamo finalmente alle mappe da cui eravamo partiti, quelle allegate ai libretti ritrovati in libreria.

La prima, acclusa alla Guida Murray del 1894 (A Handbook of Rome and its environs) propone un itinerario turistico dalla Colonna Traiana alla Stazione di Termini (il n. 21).

A Handbook of Rome and its environs, 15th edition, London, Murray, 1894, mappa allegata all'itinerario 21.
A Handbook of Rome and its environs, 15th edition, London, Murray, 1894, mappa allegata all’itinerario 21.
Le Terme di Diocleziano e la fontana-mostra dell'Acqua Pia Marcia costruita nel 1870. Fonte: I rioni e i quartieri di Roma, V volume, Roma: Newton Compton, 1978, p. 1232
Le Terme di Diocleziano e la fontana-mostra dell’Acqua Pia Marcia costruita nel 1870. Fonte: I rioni e i quartieri di Roma, V volume, Roma: Newton Compton, 1978, p. 1232
La Stazione di Termini con l'originaria ubicazione del Monumento per i caduti di Dogali (Fonte: Museo di Roma)
La Stazione di Termini con l’originaria ubicazione del Monumento per i caduti di Dogali (Fonte: Museo di Roma)

Il visitatore inglese risaliva per via Nazionale, imboccava sulla sinistra Via Torino fino alla Chiesa di San Bernardo. Da Via XX Settembre raggiungeva la Piazza di Termini dopo aver fiancheggiato il modernissimo Grand Hotel, proseguiva andando a visitare la Basilica di Santa Maria degli Angeli e il Museo delle Terme (interessante l’informazione sull’accesso al Museo, che avveniva passando sotto un arco sormontato da una Croce sul quale era indicato “Ospizio Margherita per i poveri Ciechi”). A Piazza di Termini vedeva la fontana-mostra dell’Acqua Pia Marcia e qui c’è una curiosità. Essendo il 1894, la fontana della piazza era sicuramente quella ricostruita nel 1885, in epoca regia, su progetto di Alessandro Guerrieri (ancora non era stata decorata con le Naiadi, la cui realizzazione venne affidata allo scultore Mario Rutelli nel 1897). La guida però racconta che l’ultima apparizione di Pio IX Mastai Ferretti fu proprio di fronte a questa fontana nel giorno della sua inaugurazione il 18 settembre 1870,  a pochi giorni quindi dalla breccia di Porta Pia. Nel testo c’è però un’imprecisione, in quanto la prima fontana-mostra dell’Acqua Marcia, quella inaugurata dal papa, era localizzata più o meno dove oggi si trova il Monumento ai Caduti della battaglia di Dogali, monumento che all’epoca della passeggiata del nostro turista inglese – e fin dal 1887 – si trovava nella piazza di fronte alla stazione. Venne spostato nell’attuale collocazione in Via Einaudi solo nel 1925. Nella mappa, il monumento è indicato come Obelisk, essendo infatti decorato dall’obelisco scoperto nel 1882 in Vicolo di Sant’Ignazio, là dove si doveva localizzare l’Iseo Campense.

Infine, vi mostriamo la mappa a volo d’uccello acclusa a una Guida del pellegrino cattolico edita nel 1888 in occasione del Giubileo indetto da Leone XIII per il 1900.

Guida del pellegrino cattolico a Roma, Roma, 1888, mappa allegata alla fine del volume
Guida del pellegrino cattolico a Roma, Roma, 1888, mappa allegata alla fine del volume

Qui possiamo vedere tutta la viabilità dei quartieri postunitari, le Mura Aurelinne (in azzurro) i resti delle Terme di Diocleziano (in arancione), l’imponente mole del Ministero delle Finanze (in giallo), e la nuova Stazione Ferroviaria il cui progetto venne avviato nel 1868 per volere di Pio IX anche se l’inaugurazione avvenne solo nel 1874 durante il Regno d’Italia. All’altezza dell’esedra di Piazza Termini possiamo vedere (in rosso) che parte dei vecchi depositi annonari erano stati trasformati in “casa di pena”. Approfondiremo il tema in un altro post.

Una curiosità: sfogliando la guida scopriamo nella sezione dedicata ai trasporti che per andare da Piazza Termini a Piazza Venezia il nostro pellegrino, per la sua “escursione”, avrebbe potuto prendere un tramway a cavallo pagando il biglietto 15 centesimi, ma si sarebbe potuto anche servire di un servizio di vetture pubbliche, il moderno taxi, che all’epoca poteva essere una vettura aperta a un cavallo, una vettura chiusa a un cavallo o una vettura chiusa o aperta a due cavalli. Il servizio era attivo di giorno e di notte.

Terminiamo la nostra carrellata di immagini con uno screenshot da Googlemaps nel quale potete divertirvi a individuare le ulteriori trasformazioni urbanistiche dal dopoguerra ad oggi che hanno interessato soprattutto piazza dei Cinquecento con la nuova Stazione Ferroviaria.

Area delle Terme di Diocleziano (Fonte: Googlemaps)
Area delle Terme di Diocleziano (Fonte: Googlemaps)

[Maria Teresa Natale, 22 marzo 2020]

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