Pochi giorni fa, dopo aver partecipato a un workshop didattico con “docenti capovolti” a Levico Terme, sulla via del ritorno ne abbiamo approfittato per sostare a Trento e dedicare mezza giornata alla visita del MUSE (Museo delle Scienze) nel modernissimo quartiere delle Albere.
Dalla stazione ferroviaria, con un autobus, siamo arrivati in pochi minuti nei pressi del Cimitero monumentale. Attraversato un lungo viale che lo divide in due, abbiamo raggiunto il grande piazzale di accesso al museo progettato da Renzo Piano e inaugurato nel 2013.
Proprio in questi ultimi giorni, ahinoi, le Giunte delle due Province autonome di Trento e Bolzano hanno approvato il disegno di legge che dà licenza di uccidere orsi e lupi, qualora mettano in pericolo non solo l’uomo ma anche “il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale”. Alla reception del museo abbiamo preso un dépliant che informa sul comportamento da tenere in caso di incontro ravvicinato con un orso e così abbiamo deciso di farci accompagnare nella nostra visita da un orsetto di peluche e di inaugurare una nuova rubrica che abbiamo pensato di chiamare “PercOrsi“.
L’edificio, la cui struttura rimanda alle frastagliate montagne dolomitiche, si caratterizza per uno scenografico e ampio “vuoto centrale” popolato da animali imbalsamati (il termine corretto sarebbe “tassidermizzati”), attorno al quale si sviluppano gli allestimenti delle diverse sezioni tematiche (la montagna e i ghiacciai, la flora alpina, la geologia e il rischio ambientale, l’evoluzione e la vita dell’uomo sulle Alpi, il viaggio della vita sul Pianeta) e di una serie di mostre temporanee.
Il percorso è piacevole, l’allestimento è fantasioso, coreografico e vario: dal modello di ghiacciaio fatto con ghiaccio vero, alle immagini di altissima qualità stampate su grandi lastre di vetro a livelli sfalzati, ai supporti didattici analogici e multimediali, tutto contribuisce a rendere l’esperienza di visita interessante, divertente e coinvolgente per un pubblico di tutte le età.
Qualche momento di relax non è mancato, come quando abbiamo deciso di sostare al quarto piano in una sala con giganteschi schermi che propongono immagini di montagne e ghiacciai di altissima qualità, con sottofondo di musica d’ambiente, mentre il pubblico è comodamente sdraiato in completo relax su divanetti rasoterra.
A un certo punto un altoparlante avvisa che sta per iniziare uno show su Fuoco, Terra e Acqua in uno dei piani inferiori e decidiamo di andare a vedere di che si tratta. Il pubblico si siede su due coppie di panche intorno a un’enorme sfera. Arriva una divulgatrice scientifica che si rivelerà preparata, competente, simpatica e molto professionale, la quale dà avvio a una performance che alterna esperimenti “analogici” per coinvolgere i più piccoli a spiegazioni scientifiche proposte con l’ausilio di immagini e dati proiettati sul globo centrale e attivati per mezzo di un tablet. Al termine dell’interessantissima sessione didattica che ci ha fornito numerosi elementi per comprendere meglio i vulcani, i terremoti, le esondazioni e i relativi interventi di prevenzione, ci siamo fermate a chiacchierare con l’educatrice didattica per saperne di più su questo innovativo sistema didattico che non avevamo mai visto.
Si chiama Science on a Sphere® (SOS) ed è un sistema di visualizzazione a 360° che utilizza computer e videoproiettori affinché il pubblico possa visualizzare dati planetari su un enorme globo animato. Il progetto è stato sviluppato dai ricercatori dell’agenzia federale statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) come strumento educativo per spiegare in modo intuitivo e accattivante processi ambientali complessi con l’ausilio di dati (presumibilmente aperti) estratti in tempo reale. Per venti minuti siamo rimaste inchiodate ad ascoltare i racconti della conduttrice, arricchiti dalle informazioni proposte sulla sfera.
Abbiamo poi continuato a esplorare i vari piani, osservando, toccando, sfogliando, percependo, ascoltando, sempre allerta per rispondere agli infiniti stimoli.
Prima di terminare la visita ci siamo cimentate in diverse prove che mettevano alla prova il nostro corpo: esercizi di equilibrismo, di forza, di percezione (affascinante l’esperienza di mordere una cannuccia attorcigliata intorno a una barra di metallo e ascoltare di conseguenza un brano di musica classica).
Al termine della visita, come ogni turista che si rispetta, abbiamo usufruito dei diversi servizi: il bagno con porte e water più bassi della media per consentire l’uso anche da parte di un pubblico molto giovane, il bookshop ricco di gadget, giochi didattici, libri per adulti e piccini, e il punto ristoro con offerte biologiche e a chilometro zero.
Non potevamo lasciare il quartiere senza una breve passeggiata al retrostante quartiere delle Albere. Già dal treno avevamo notato un complesso di edifici con facciate verdi per la presenza di arbusti multicolore e ci eravamo riproposte di andare a vedere l’area più da vicino, ignare del collegamento con l’area museale. Infatti, basta uscire dal museo e in un attimo si raggiungono i viali che costeggiano le diciotto palazzine di quattro-cinque piani che ospitano unità abitative, negozi, uffici, una grande biblioteca (la BUC, Biblioteca Universitaria Centale). Non poteva naturalmente mancare un grande parco, perfettamente curato e che arriva a lambire la riva dell’Adige. E le albere che c’entrano? Il nome si riferisce al populus alba, denominazione latina del pioppo bianco tipico della zona. In quest’area un tempo era attiva la fabbrica trentina di pneumatici Michelin. Dopo anni di abbandono, l’amministrazione è riuscita ad avviare questo ambiziosissimo e ben riuscito progetto di riqualificazione ambientale che sfrutta soluzioni innovative di ecosostenibilità rispettando le tradizioni trentine nell’utilizzo dei materiali. Naturalmente l’accesso ai viali è rigorosamente vietato alle macchine. Essendo sabato mattina, il quartiere non era molto affollato e avevamo come l’impressione di essere protagoniste di un rendering 3D di architettura.
[Gabriela Häbich e Maria Teresa Natale con la partecipazione straordinaria di Orsi von Orsetten]