A caccia della Lupa Capitolina

La vastità delle collezioni presenti nei musei mette a dura prova la capacità di osservazione e di selezione di qualsiasi visitatore, e la situazione si fa ancora più critica quando si tratta di studenti, non tutti abituati alle esperienze museali. Come visitare un museo vastissimo? Facciamo una sperimentazione e andiamo a trovare la Lupa Capitolina nei Musei Capitolini della città di Roma.

Quale strada scegliere? Non importa da dove arriviamo, possiamo percorrere la cordonata michelangiolesca dal lato dell’Ara Coeli o le rampe di via di San Pietro in Carcere o di Monte Tarpeo.

Aracoeli e Vittoriano visti dai Fori Imperiali [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Aracoeli e Vittoriano visti dai Fori Imperiali [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Leone egizio alla base della Cordonata del Campidoglio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]

Qualsiasi strada è ricca di elementi simbolici. In una città come Roma, caratterizzata da una fitta stratigrafia, il lavoro di decodificazione, e la conseguente identificazione di un unico filo conduttore risultano ancora più ardui. La stessa criticità di una visita museale si presenta quando gli studenti devono “leggere” la realtà che li circonda, cioè quando devono decodificare (cioè osservare, riconoscere, spiegare) il paesaggio urbano. Come visitare quindi uno spazio aperto ricco di stimoli (storici, sensoriali, cognitivi ecc.)? Orsù, dunque, proviamo a salire in Campidoglio e a scrutare il cuore simbolico dell’Urbe prima di visitare qualche sala dei Musei Capitolini!

Tombino, Foro di Traiano [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Tombino, Foro di Traiano [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lampione, via dei Fori Imperiali [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lampione, via dei Fori Imperiali [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Palazzo Senatorio, Tabularium [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Da dove iniziare? Inevitabilmente siamo attratti dal fascino del più antico simbolo della città: la Lupa Capitolina. La nostra sperimentazione parte quindi dalla celebre scultura con i due gemelli, Romolo e Remo, collocata su una colonna a sinistra del palazzo Senatorio, il più antico della piazza.

Colonna con Lupa Capitolina, Piazza del Campidoglio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Colonna con Lupa Capitolina, Piazza del Campidoglio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Potremmo parlare di tanti argomenti: perché proprio una lupa (e qua dovremmo raccontare la leggenda di Romolo e Remo), perché proprio qua (e allora faremmo riferimento al Palatino – di fronte a noi – dove si sarebbe trovato il lupercale, e risponderemmo alla inevitabile domanda: “Scusi maestra, cosa è il lu-per-ca-le?”; e dovremmo dire che al nostro fianco si trova l’ingresso dell’ufficio del Sindaco e che questo palazzo è la sede del primo cittadino di Roma); perché capitolina, perché sì, questa lupa non è una lupa qualsiasi, è il simbolo di Roma ma anche simbolo di una delle due squadre di calcio della città, di…

La lupa capitolina sui chioschi della polizia municipale [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La lupa capitolina sui chioschi della polizia municipale [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La bandiera della Roma con il simbolo della Lupa Capitolina [Fonte: LaRoma24.it]
La bandiera della Roma con il simbolo della Lupa Capitolina [Fonte: LaRoma24.it]
Secchio della spazzatura sul Lungotevere [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Secchio della spazzatura sul Lungotevere [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Roa, murale, Testaccio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Roa, murale, Testaccio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
– E chi l’ha fatta?
– Di cosa è fatta?
– Quando è stata fatta?
– È antica?
– È vera?
– Che carina!
– A me sembra cattiva…
– Chi l’ha messa qui?
– Una cosa alla volta. Ascoltatemi.

Un vigile in divisa ci guarda e ascolta attentamente cosa diciamo, guardiano anche lui dei simboli cittadini.

Siamo davanti a una scultura che rappresenta una lupa che allatta due bambini – due gemelli per essere precisi – e che, sebbene considerata etrusca fino a qualche anno fa, potrebbe invece risalire all’VIII secolo d.C., o a poco dopo, secondo più recenti studi.

Sorvoleremo sulla tecnica scultorea perché sulla piazza intorno a noi c’è troppo rumore e ne discuteremo quando saremo al chiuso…

– Ah, sì! Romolo e Remo!, diranno i ragazzi alzando lo sguardo verso la scultura.
– È la lupa della Roma.
– Che centra? Io sono laziale.

Concentriamoci per favore sulla lupa e sulle ipotesi del periodo al quale appartiene (dovremmo spiegare che anche nella storia dell’arte può accadere che le diverse ipotesi vengano avallate o confutate nell’arco del tempo, a seconda delle scoperte storiche, delle tecniche di rilevamento, delle intuizioni degli studiosi ecc.). Aggiungiamo prima di tutto che la scultura davanti a noi è una replica, anzi, una copia (ottima occasione per spiegare la differenza tra replica e copia e per far riflettere – a seconda dell’età degli studenti e parafrasando Benjamin – sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica). Aggiungiamo anche che la collocazione non è sempre stata quella attuale (almeno non dell’originale) e che, dopo avere soggiornato per alcuni secoli davanti al Laterano, la scultura salì in Campidoglio dopo una sosta intermedia all’esterno della Torre degli Annibaldi.

Quindi, ricapitolando: finora abbiamo accennato ai concetti-chiave di simbolo, rappresentazione, datazione, opera d’arte, scultura, originale-copia, collocazione.

Ci spostiamo poi di fronte al palazzo Senatorio. Sotto la doppia rampa di scale, progettata da Michelangelo, sono collocate le due monumentali statue del Nilo (a sinistra) e del Tevere (a destra).

Statua del Nilo, I sec., Piazza del Campidoglio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Statua del Nilo, I sec., Piazza del Campidoglio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Statua del Tevere, I sec., Piazza del Campidoglio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Statua del Tevere, I sec., Piazza del Campidoglio [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Statua del Tevere, I sec., Piazza del Campidoglio, dettaglio della lupa con i Gemelli [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Statua del Tevere, I sec., Piazza del Campidoglio, dettaglio della lupa con i Gemelli [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Ci fermiamo davanti al Tevere per scoprire che si tratta di una scultura travestita: una volta era il Tigri e si trovava su un altro colle, il Quirinale, nelle terme di Costantino. Anche questa scultura, come la lupa, ha traslocato diverse volte. Come ha fatto per trasformarsi in Tevere? Con un’operazione di “inserimento”, cioè al grande fiume della Mesopotamia vengono aggiunti la lupa e i suoi gemelli, simbolo di Roma, trasformando il grande fiume mediorientale nel grande fiume dell’Italia centrale. È quanto accade anche con gli attributi iconografici di alcuni santi (usiamo le analogie). Gli evangelisti sembrano tutti uguali però con l’inserimento di volta in volta di un angelo, di un leone, di un’aquila o di un bue – anche se disegnati piccoli a fianco ai santi in questione – possiamo distinguere rispettivamente Matteo, Marco, Giovanni e Luca.

Il Nilo a sinistra fu prima l’Eufrate (anche in questo caso possiamo fare un esercizio di analogie per scoprire come dall’Eufrate si sia arrivati al Nilo, e così parlando di sculture e di simboli possiamo anche studiare la geografia).

Potremmo affacciarci a destra della scultura, guardare verso il Foro e il Palatino e introdurre la topografia dei colli, le variazioni geologiche e gli elementi archeologici (potrebbero essere gli stessi studenti a presentare tali argomenti).

Domanda: «Maestra, ma come si fa a sapere come era prima?». Risposta: attraverso l’analisi delle fonti , in questo caso quelle iconografiche. Ad esempio, la foto della scultura che scattiamo oggi potrà costituire una fonte per gli studi futuri per conoscerne la storia, lo stato di conservazione o l’uso che ne facevano i cittadini (possiamo far riflettere su come vorremmo essere visti in futuro e sul modo di autorappresentarci nell’era dei selfie). Nel periodo in cui non c’era la fotografia gli artisti copiavano (se gli studenti sono liceali possiamo alzare il tiro e parlare della relatività delle copie e del carattere storico e culturale della stessa percezione), e nel tempo la Storia ha accumulato collezioni di schizzi, disegni dal vero e monete (fonti) che ci permettono oggi di conoscere il passato (secondo l’età e l’indirizzo scolastico degli studenti si possono fare disegni dal vero).

Veduta del Campidoglio, incisione, Johannes van Doetecum I, 1562 [Fonte: MetMuseum, PD]
Veduta del Campidoglio, incisione, Johannes van Doetecum I, 1562 [Fonte: MetMuseum, PD]
Milliarium Aureum e Lupa Capitolina, incisione, anonimo, 1595 - 1622 [Fonte: Europeana, Rijksmuseum, PD]
Milliarium Aureum e Lupa Capitolina, incisione, anonimo, 1595 – 1622 [Fonte: Europeana, Rijksmuseum, PD]
Possiamo inoltre far notare che la lupa non è stata sempre rappresentata con i gemelli e che anche loro due, nella Lupa Capitolina, sono frutto di un posteriore inserimento. Sì, siamo davanti a un’opera costruita in due momenti diversi. Torneremo dopo sull’argomento.

Abbiamo quindi aggiunto altre concetti chiave: fonti e cambiamento del valore simbolico di un’opera.

Adesso andiamo al Palazzo dei Conservatori, sede dei Musei Capitolini, tenendo in mente che il nostro filo conduttore è la lupa e lasciando da parte qualsiasi altro stimolo visivo che non la riguardi. La visita diventa anche un esercizio di selezione e di concentrazione e, come in una caccia al tesoro, andiamo alla ricerca solo del simbolo della città. Siamo al primo piano, poco prima di varcare la soglia dell’ingresso alla magnifica sala degli Orazi e Curiazi.

– La lupa, maestra, la lupa!
– Sono due!

Eh già, ecco a destra e sinistra la lupa. Su entrambe le ante della porta lignea (anche i materiali possono essere una parola-chiave) si trova la nostra lupa. Nel pannello in basso a destra, Romolo e Remo la incoronano e la ornano con ghirlande; in quello a sinistra, i gemelli la incoronano e la “mungono”. È arrivato per noi il momento di parlare di tecnica e di distinguere e comparare la lupa che abbiamo appena visto sulla colonna in piazza con quella scolpita sulle ante della porta lignea davanti a noi (due esempi per parlare di tecnica diretta o indiretta di scultura), per introdurre infine il concetto di autore, in questo caso noto, Giovan Battista Olivieri, mentre rimane ignoto per le due opere viste in precedenza.

G.B. Olivieri, anta sinistra della porta, Sala degli Orazi e Curiazi, Palazzo dei Conservatori [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
G.B. Olivieri, anta sinistra della porta, Sala degli Orazi e Curiazi, Palazzo dei Conservatori [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Entriamo nell’immenso appartamento dei Conservatori, nella sala degli Orazi e Curiazi (ci vogliono due parole su di loro). L’ambiente senza arredamenti diventa ancora più grande e conduce l’occhio del visitatore verso il ciclo di affreschi che, dipinti come fossero arazzi, decorano le pareti. Come arazzi, ma appunto non lo sono: si tratta di  affreschi, e dunque così siamo tornati alle tecniche. E la lupa? Eccola nella parete in fondo nella scena del Ritrovamento della lupa (ora possiamo finalmente occuparci della leggenda dei famosi gemelli romani e delle diverse variazioni della storia).

Ritrovamento della lupa, affresco, Cavalier d’Arpino, 1595-1596, Palazzo dei Conservatori [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Ritrovamento della lupa, affresco, Cavalier d’Arpino, 1595-1596, Palazzo dei Conservatori [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
In questa sala (solo agli alunni della scuola primaria) è consentito sedersi a terra, per raccogliersi e concentrarsi nell’osservazione (cosa che permette di svolgere esercizi diversi, sia di osservazione che di riproduzione). L’autore dell’affresco è Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino (e possiamo parlare dei titoli e degli pseudonimi), che qui lavorò con l’aiuto della sua bottega (modalità che varia storicamente) tra il 1595 e il 1596 dopo aver tratto ispirazione (di nuovo la questione delle fonti) dalle storie della fondazione di Roma, raccontate dallo storico romano chiamato Tito Livio nei suoi Ab urbe condĭta libri CXLII. Se finora delineare le lupe è stato semplice, ora l’operazione si fa più complessa: oltre alla tecnica, all’autore e alle fonti, possiamo realizzare un esercizio di descrizione più ampio, dai colori ai personaggi, passando per le ambientazioni (in relazione alle conoscenze e capacità degli studenti).

Ab urbe condĭta libri, Tito Livio, esemplare del Quattrocento [Fonte: World Digital Library, Bavarian State Library]
Ab urbe condĭta libri, Tito Livio, esemplare del Quattrocento [Fonte: World Digital Library, Bavarian State Library]
Passiamo alla Sala della Lupa per vedere dal vivo la famosa scultura, simbolo della città e oggetto di disquisizioni di studiosi e storici.

Lupa Capitolina, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lupa Capitolina, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lupa Capitolina, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lupa Capitolina, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lupa Capitolina, Musei Capitolini, particolare dei Gemelli [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Lupa Capitolina, Musei Capitolini, particolare dei Gemelli [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Qui non possiamo sederci per terra; pertanto, mentre facciamo notare l’antico pavimento musivo, rinvenuto a via Nazionale, sul quale stiamo camminando (quindi su un’opera d’arte), giriamo attorno alla lupa alla ricerca di dettagli. Possiamo parlare della tecnica di fusione con la quale fu realizzata, elemento-chiave per determinare la datazione; possiamo far notare le differenze stilistiche tra la lupa e i gemelli, diversità che permettono di dedurre due momenti e/o autori diversi; possiamo ricordare le sue diverse collocazioni, prima nel Laterano, sulla facciata quattrocentesca di questo palazzo, e più tardi al suo interno, senza dimenticare di ricordare che si tratta del simbolo della fondazione di Roma.

Pochi passi più in là arriviamo nella Sala degli Arazzi – detta anche “del Trono” – dove ritroviamo ancora una volta la lupa e una nuova tecnica: l’opera d’arte questa volte è tessile. Siamo davanti a un monumentale arazzo commissionato nel 1770 alla fabbrica del San Michele con i cartoni di Domenico Corvi a partire dal dipinto di Pieter Paul Rubens, Romolo e Remo, che vedremo fra poco. Gli arazzi non solo prendono spunto da un dipinto dei primi anni del Seicento, ma lo citano anche inserendolo nell’opera. Nuovo concetto: una meta-opera (interessante da far produrre dopo la visita una meta-opera, l’ oggetto potrebbe non essere artistico né plastico quindi, per esempio, letterario o musicale).

Romolo e Remo, arazzo, Domenico Corvi, 1770, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Romolo e Remo, arazzo, Domenico Corvi, 1770, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Spostiamoci verso la Pinacoteca Capitolina dove ci aspetta il Romolo e Remo di Domenico Corvi, un olio su tela (nuova tecnica nel nostro percorso), copia (come la lupa nella colonna in piazza) del dipinto di Rubens e fonte per i modelli dei sui arazzi. Mentre andiamo verso la Sala di Santa Petronilla non possiamo evitare di fermarci davanti a un altro dipinto che omaggia la lupa: Il ritrovamento di Romolo e Remo di Andrea Lucatelli, un olio su tela con un’allegoria (elemento nuovo) del Tevere.

Romolo e Remo, olio su tela, Domenico Corvi, 1770 ca., Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Romolo e Remo, olio su tela, Domenico Corvi, 1770 ca., Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Il Ritrovamento di Romolo e Remo, olio su tela, Andrea Lucatelli, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Il Ritrovamento di Romolo e Remo, olio su tela, Andrea Lucatelli, Musei Capitolini [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Ed eccoci finalmente davanti al Romolo e Remo di Rubens, il quadro originale (differenze con le copie?) dipinto probabilmente nel 1612 dopo il soggiorno italiano del pittore, tra il 1600 e il 1608. Anche in questo caso l’autore trae ispirazione da una fonte iconografica: un’antica scultura, oggi al Louvre, con la personificazione del fiume Tevere accompagnato dalla lupa e dai gemelli, che Rubens ebbe modo di vedere e di disegnare al Belvedere in Vaticano. Il disegno fa parte della Cartella di disegni dall’antico, oggi alla Biblioteca Ambrosiana.

Roma, Pinacoteca Capitolina, Romolo e Remo, Pieter Paul Rubens, 1615-1616 [Fonte: Wikipedia, PD]
Roma, Pinacoteca Capitolina, Romolo e Remo, Pieter Paul Rubens, 1615-1616 [Fonte: Wikipedia, PD]
Scultura del Tevere con la lupa, Museo del Louvre [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
Scultura del Tevere con la lupa, Museo del Louvre [Foto: Gabriela Häbich, CC BY NC SA]
La caccia non è ancora finita. Passiamo al Medagliere Capitolino nel Palazzo Clementino Caffarelli dove dobbiamo trovare una moneta sul cui rovescio è rappresentata la lupa. Siamo nell’ambito della numismatica e della fusione dell’argento: un didramma romano campano del 265 a.C.

Didramma, Musei Capitolini
Didramma, Musei Capitolini

Come ogni caccia che si rispetti la nostra ha avuto dei preparativi e avrà delle conclusioni, a seconda dell’età degli studenti e dell’indirizzo scolastico;

  • mappatura del percorso;
  • mappatura dello spostamento nella città delle opere viste (la Lupa e le sculture del Nilo e del Tevere);
  • costruzione di un vocabolario di parole-chiave (su materiali, tecniche, periodi storici, stili artistici, elementi architettonici, toponomastica);
  • biografie di personaggi storici (artisti, committenti, senatori);
  • riscrittura di una leggenda;
  • disegno di un simbolo della classe, della scuola, di se stessi o della propria famiglia;
  • teatralizzazione di personaggi o di momenti mitologici (la lupa che salva i gemelli, il ritrovamento della lupa, la fondazione di Roma, il pittore che consulta una fonte ecc.);
  • realizzazione di un modellino della Piazza del Campidoglio,
  • libro d’autore con rappresentazioni contemporanee della lupa;
  • ipotesi e descrizione del trasporto delle statue dei Nilo e del Tevere dal Quirinale al Campidoglio;
  • datazione delle opere viste e inserimento in una linea del tempo.

E adesso sì, finita questa caccia mettiamoci alla ricerca di un nuovo filo rosso.

[Gabriela Häbich, 21 marzo 2020]

L’Associazione culturale GoTellGo, col suo progetto APPasseggio nella storia, effettua visite e laboratori didattici sulla Lupa Capitolina. Consulta il catalogo delle offerte didattiche.

 

 

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