La vastità delle collezioni presenti nei musei mette a dura prova la capacità di osservazione e di selezione di qualsiasi visitatore, e la situazione si fa ancora più critica quando si tratta di studenti, non tutti abituati alle esperienze museali. Come visitare un museo vastissimo? Facciamo una sperimentazione e andiamo a trovare la Lupa Capitolina nei Musei Capitolini della città di Roma.
Quale strada scegliere? Non importa da dove arriviamo, possiamo percorrere la cordonata michelangiolesca dal lato dell’Ara Coeli o le rampe di via di San Pietro in Carcere o di Monte Tarpeo.
Qualsiasi strada è ricca di elementi simbolici. In una città come Roma, caratterizzata da una fitta stratigrafia, il lavoro di decodificazione, e la conseguente identificazione di un unico filo conduttore risultano ancora più ardui. La stessa criticità di una visita museale si presenta quando gli studenti devono “leggere” la realtà che li circonda, cioè quando devono decodificare (cioè osservare, riconoscere, spiegare) il paesaggio urbano. Come visitare quindi uno spazio aperto ricco di stimoli (storici, sensoriali, cognitivi ecc.)? Orsù, dunque, proviamo a salire in Campidoglio e a scrutare il cuore simbolico dell’Urbe prima di visitare qualche sala dei Musei Capitolini!
– Di cosa è fatta?
– Quando è stata fatta?
– È antica?
– È vera?
– Che carina!
– A me sembra cattiva…
– Chi l’ha messa qui?
– Una cosa alla volta. Ascoltatemi.
Un vigile in divisa ci guarda e ascolta attentamente cosa diciamo, guardiano anche lui dei simboli cittadini.
Siamo davanti a una scultura che rappresenta una lupa che allatta due bambini – due gemelli per essere precisi – e che, sebbene considerata etrusca fino a qualche anno fa, potrebbe invece risalire all’VIII secolo d.C., o a poco dopo, secondo più recenti studi.
Sorvoleremo sulla tecnica scultorea perché sulla piazza intorno a noi c’è troppo rumore e ne discuteremo quando saremo al chiuso…
– Ah, sì! Romolo e Remo!, diranno i ragazzi alzando lo sguardo verso la scultura.
– È la lupa della Roma.
– Che centra? Io sono laziale.
Concentriamoci per favore sulla lupa e sulle ipotesi del periodo al quale appartiene (dovremmo spiegare che anche nella storia dell’arte può accadere che le diverse ipotesi vengano avallate o confutate nell’arco del tempo, a seconda delle scoperte storiche, delle tecniche di rilevamento, delle intuizioni degli studiosi ecc.). Aggiungiamo prima di tutto che la scultura davanti a noi è una replica, anzi, una copia (ottima occasione per spiegare la differenza tra replica e copia e per far riflettere – a seconda dell’età degli studenti e parafrasando Benjamin – sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica). Aggiungiamo anche che la collocazione non è sempre stata quella attuale (almeno non dell’originale) e che, dopo avere soggiornato per alcuni secoli davanti al Laterano, la scultura salì in Campidoglio dopo una sosta intermedia all’esterno della Torre degli Annibaldi.
Quindi, ricapitolando: finora abbiamo accennato ai concetti-chiave di simbolo, rappresentazione, datazione, opera d’arte, scultura, originale-copia, collocazione.
Ci spostiamo poi di fronte al palazzo Senatorio. Sotto la doppia rampa di scale, progettata da Michelangelo, sono collocate le due monumentali statue del Nilo (a sinistra) e del Tevere (a destra).
Il Nilo a sinistra fu prima l’Eufrate (anche in questo caso possiamo fare un esercizio di analogie per scoprire come dall’Eufrate si sia arrivati al Nilo, e così parlando di sculture e di simboli possiamo anche studiare la geografia).
Potremmo affacciarci a destra della scultura, guardare verso il Foro e il Palatino e introdurre la topografia dei colli, le variazioni geologiche e gli elementi archeologici (potrebbero essere gli stessi studenti a presentare tali argomenti).
Domanda: «Maestra, ma come si fa a sapere come era prima?». Risposta: attraverso l’analisi delle fonti , in questo caso quelle iconografiche. Ad esempio, la foto della scultura che scattiamo oggi potrà costituire una fonte per gli studi futuri per conoscerne la storia, lo stato di conservazione o l’uso che ne facevano i cittadini (possiamo far riflettere su come vorremmo essere visti in futuro e sul modo di autorappresentarci nell’era dei selfie). Nel periodo in cui non c’era la fotografia gli artisti copiavano (se gli studenti sono liceali possiamo alzare il tiro e parlare della relatività delle copie e del carattere storico e culturale della stessa percezione), e nel tempo la Storia ha accumulato collezioni di schizzi, disegni dal vero e monete (fonti) che ci permettono oggi di conoscere il passato (secondo l’età e l’indirizzo scolastico degli studenti si possono fare disegni dal vero).
Abbiamo quindi aggiunto altre concetti chiave: fonti e cambiamento del valore simbolico di un’opera.
Adesso andiamo al Palazzo dei Conservatori, sede dei Musei Capitolini, tenendo in mente che il nostro filo conduttore è la lupa e lasciando da parte qualsiasi altro stimolo visivo che non la riguardi. La visita diventa anche un esercizio di selezione e di concentrazione e, come in una caccia al tesoro, andiamo alla ricerca solo del simbolo della città. Siamo al primo piano, poco prima di varcare la soglia dell’ingresso alla magnifica sala degli Orazi e Curiazi.
– La lupa, maestra, la lupa!
– Sono due!
Eh già, ecco a destra e sinistra la lupa. Su entrambe le ante della porta lignea (anche i materiali possono essere una parola-chiave) si trova la nostra lupa. Nel pannello in basso a destra, Romolo e Remo la incoronano e la ornano con ghirlande; in quello a sinistra, i gemelli la incoronano e la “mungono”. È arrivato per noi il momento di parlare di tecnica e di distinguere e comparare la lupa che abbiamo appena visto sulla colonna in piazza con quella scolpita sulle ante della porta lignea davanti a noi (due esempi per parlare di tecnica diretta o indiretta di scultura), per introdurre infine il concetto di autore, in questo caso noto, Giovan Battista Olivieri, mentre rimane ignoto per le due opere viste in precedenza.
Pochi passi più in là arriviamo nella Sala degli Arazzi – detta anche “del Trono” – dove ritroviamo ancora una volta la lupa e una nuova tecnica: l’opera d’arte questa volte è tessile. Siamo davanti a un monumentale arazzo commissionato nel 1770 alla fabbrica del San Michele con i cartoni di Domenico Corvi a partire dal dipinto di Pieter Paul Rubens, Romolo e Remo, che vedremo fra poco. Gli arazzi non solo prendono spunto da un dipinto dei primi anni del Seicento, ma lo citano anche inserendolo nell’opera. Nuovo concetto: una meta-opera (interessante da far produrre dopo la visita una meta-opera, l’ oggetto potrebbe non essere artistico né plastico quindi, per esempio, letterario o musicale).

Come ogni caccia che si rispetti la nostra ha avuto dei preparativi e avrà delle conclusioni, a seconda dell’età degli studenti e dell’indirizzo scolastico;
- mappatura del percorso;
- mappatura dello spostamento nella città delle opere viste (la Lupa e le sculture del Nilo e del Tevere);
- costruzione di un vocabolario di parole-chiave (su materiali, tecniche, periodi storici, stili artistici, elementi architettonici, toponomastica);
- biografie di personaggi storici (artisti, committenti, senatori);
- riscrittura di una leggenda;
- disegno di un simbolo della classe, della scuola, di se stessi o della propria famiglia;
- teatralizzazione di personaggi o di momenti mitologici (la lupa che salva i gemelli, il ritrovamento della lupa, la fondazione di Roma, il pittore che consulta una fonte ecc.);
- realizzazione di un modellino della Piazza del Campidoglio,
- libro d’autore con rappresentazioni contemporanee della lupa;
- ipotesi e descrizione del trasporto delle statue dei Nilo e del Tevere dal Quirinale al Campidoglio;
- datazione delle opere viste e inserimento in una linea del tempo.
E adesso sì, finita questa caccia mettiamoci alla ricerca di un nuovo filo rosso.
[Gabriela Häbich, 21 marzo 2020]
L’Associazione culturale GoTellGo, col suo progetto APPasseggio nella storia, effettua visite e laboratori didattici sulla Lupa Capitolina. Consulta il catalogo delle offerte didattiche.