Birdwatching da balcone…!: Sua maestà il Gabbiano reale

Il gabbiano reale, eccolo che passa davanti al balcone: grande, bianco, austero. E quando passa più in basso e lo posso vedere dall’alto è ancora più bello perché mi mostra la sua apertura alare in tutto il suo splendore. Può raggiungere anche il metro e mezzo con le ali distese!

[Cortesia Sofia Rahman, CC BY NC ND]
[Cortesia Sofia Rahman, CC BY NC ND]
Poi ti capita di andare a fare la spesa (di questi tempi con mascherina e una volta la settimana) e lo vedi sopra il cassonetto. Sua Maestà ha lasciato la sua grande bellezza in cielo e si presenta sotto forma di un “ocone” dall’aria guardinga che ti guarda stizzoso. Piuttosto goffo ma per niente rassicurante.

Forse proprio i suoi due nomi dipendono da questa duplicità: in volo è senz’altro d’obbligo chiamarlo gabbiano reale ma mentre razzola con i piedi palmati sopra il cassonetto meglio usare la dicitura completa: gabbiano reale zampegialle. Non solo: come tutti i nobili, il nostro gabbiano ha anche un terzo nome: gabbiano reale mediterraneo, nome che descrive l’area geografica nella quale vive e nidifica. Sua maestà sfoggia anche il giallo intenso sul becco, ravvivato da una macchia rossa posta inferiormente e i suoi occhi sono circondati da una sottile riga rossa (il che contribuisce a renderlo d’aspetto un po’ inquietante).

[Cortesia Sofia Rahman, CC BY NC ND]
[Cortesia Sofia Rahman, CC BY NC ND]
Durante la stagione degli amori vedo spesso i gabbiani stazionare sui tetti lanciando richiami stentorei e ripetuti. Infatti possono emettere una grande varietà di stridii e schiamazzi, ognuno con un diverso significato.

Non mi è mai capitato di vedere un nido di gabbiano, di solito cercano superfici piane e inaccessibili come si trovano sulle scogliere oppure, ormai da diversi anni, i tetti piatti e irraggiungibili dei palazzi cittadini (non quelli condominiali ma quelli senza accesso). La preferenza per le città è dovuta alla grande quantità di cibo facilmente rintracciabile e all’assenza di predatori (pensate sul mare con quante specie animali – non esclusi gli uomini – un gabbiano deve contendere il pesce!).

[Cortesia Simona Soldano, CC BY NC ND]
[Cortesia Simona Soldano, CC BY NC ND]
Ecco la mappa dei loro “traslochi” italiani: dagli anni Settanta del secolo scorso il Gabbiano reale ha colonizzato i grandi laghi interni del nord e del centro Italia partendo dalle coste sarde, siciliane, dell’Alto Adriatico e delle isole minori. Qualche anno più tardi si è trasferito in città medie e grandi quali Trieste, Genova, Livorno, Roma.

Il nido è un ammasso disordinato di vegetali dove i gabbiani depongono di solito da una a tre uova un po’ più grandi di un uovo di gallina dal colore “mimetico”: marrone screziato di nero. I nidacei emettono un pigolio molto acuto e lo svezzamento è una bella fatica: richiede circa 40 giorni. Per ottenere il cibo dagli adulti i piccoli pulli becchettano la macchia rossa posta sulla parte inferiore del becco dei genitori, vicino alla punta. È il loro modo di dire: “pappa!pappa!pappa!”.

Decisamente i gabbiani “sono di bocca buona”, si accontentano di tutto.  Lo sanno bene le “gattare” romane che devono difendere dalla loro ingordigia il cibo riservato ai loro protetti. E anche i micetti devono stare attenti a quel grosso becco giallo! Infatti possono attaccare prede pesanti anche  3 o 4 chilogrammi. Una volta ne ho visto uno volar via con un topo di tutto rispetto, direi proprio un grosso ratto di fogna.  Gradiscono anche pesci, molluschi, crostacei, animali morti, uova e pulcini che prelevano dai nidi momentaneamente incustoditi, oltre agli scarti della nostra alimentazione.

Due anni fa un giovane gabbiano veniva sul davanzale a mangiare i biscotti che io gli lasciavo. Potevo osservarlo da qualche metro di distanza… poi il mio gattone di dieci chili ha tentato un approccio ravvicinato e lui non è più venuto…

I gabbiani sono anche bravi nel catturare in volo altri uccelli come storni, rondoni e piccioni. A proposito di quest’ultimi ho assistito ai giardinetti di piazza di S. Marco a Roma a un’aggressione rapida e micidiale a un piccione che becchettava a terra le briciole lasciate dai turisti. Non ha avuto scampo. È stata una scena crudele ma ricordiamoci che anche i gabbiani hanno dei piccoli da nutrire.

Un giovane gabbiano sulla spiaggia a Stromboli [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC SA]
Un giovane gabbiano sulla spiaggia a Stromboli [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC SA]
I giovani hanno una colorazione completamente diversa da quella dei genitori: grigio-marrone, zampe grigie e testa striata di grigio o interamente scura. Solo dopo il quarto inverno di vita assumeranno l’aspetto degli adulti.

Così come avviene per le cornacchie, anche per i giovani gabbiani il primo volo può portarli a terra (o sul tetto di un’auto) invece che in cielo. Io stessa ho fatto questo incontro qualche anno fa quando non sapevo nulla di gabbiani né di cornacchie. Per fortuna non ho tentato di catturare il “piccolo” (si fa per dire!) ma ho telefonato subito alla LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) di Roma. Mi hanno detto di lasciarlo in pace perché sarebbero stati i genitori a provvedere a lui finché non sarebbe stato in grado di volare. I gabbiani non sono aggressivi come le cornacchie ma è meglio non sfidare la fortuna: sono anche molto più grossi!

[Fonte: Wikimedia Commons, PD, by Lance 94]
[Fonte: Wikimedia Commons, PD, by Lance 94]
Sua maestà è, a mio parere, anche molto arguto. Se vi capita di passare dall’Altare della Patria in estate vedrete come i giovani gabbiani siano diventati un’attrazione turistica di prim’ordine. Si piazzano sulle balaustre delle terrazze e basta offrire loro del cibo per potersi avvicinare quanto serve per fare una fotografia. Con il beneplacito di mamma e papà che vedono i loro giovani diventare belli grassi.

Letteratura, prosa, poesia, arte: quello che il gabbiano ha da dirci e mostrarci

  • Il gabbiano non può mancare nelle favole di Esopo: Il pipistrello, il rovo e il gabbiano.
  • “I gabbiani, i signori del mare che vivono ‘balenando in burrasca’, costituiscono un simbolo ricorrente nella letteratura e nella prosa europea del Novecento, come messaggeri della tempesta pronta ad abbattersi sulle storie e sulla Storia, sul destino dei personaggi come su quello dei loro autori.”
  • In Italo Svevo (Una vita, Trieste: Vram, 1893) “il gabbiano è simbolo dell’azione pura, contrapposta alla sovrabbondanza infestante del pensiero che paralizza e rende inabili alla vita.”
  • Per Anton Cecov (Il gabbiano, dramma in quattro atti scritto nel 1895)  “simboleggia la vitalità pura e innocente soggiogata e distrutta, per cieca insensatezza della crudeltà umana, che toglie senza rimorso, metaforicamente o letteralmente, la vita.”
  • In Sandor Marai (Il gabbiano, 1943) “è preso come simbolo della sicurezza nel volare incontro alla tempesta e gettarsi in picchiata con istinto suicida.”
  • Nelle sei prose pubblicate da Walter Benjamin sul Frankfurter Zeitung nel 1930 (dopo un lungo viaggio in bastimento lungo le coste della Scandinavia e fino al Circolo Polare Artico) ve n’è una dedicata ai Gabbiani. “…e così i gabbiani d’Oriente e d’Occidente rivelano la loro natura di scoperta allegoria della novità storica della Repubblica socialista, … e dell’agonia di un Occidente che sta vivendo gli ultimi sprazzi di luce prima di essere travolto dalla barbarie nazista e dalla catastrofe della guerra.” 
  • E Vincenzo Cardarelli (1887-1959)  ha scritto una poesia sui  Gabbiani (1932):

Non so dove i gabbiani
abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua
ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi
amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

  • Fra gli ultimi arrivati tra i gabbiani famosi bisogna ricordare Il gabbiano Jonathan Livingston, una novella-parabola di Richard Bach sulla formazione di un giovane gabbiano, uscita nel 1970, che in quegli anni divenne un “cult” internazionale.
  • Una bellissima immagine di gabbiano si può vedere nel Museo della vetrata liberty, all’interno della Casina delle Civette, Villa Torlonia, Roma. È un bozzetto di Paolo Paschetto (1885-1963) per le vetrate della chiesa metodista di via Firenze a Roma.
  • Ma c’è un autore che è riuscito più di ogni altro a far amare i gabbiani ai bambini. E a questo autore va un omaggio doveroso. Luis Sepùlveda ci ha lasciato lo scorso 16 aprile a causa del Covid-19 ma La gabbianella e il gatto lo renderanno immortale per le giovani generazioni di oggi e di domani.
Questa edizione italiana del libro riporta in copertina una immagine tratta dal film di animazione "La gabbianella e il gatto" (1998) per la regia di Enzo d'Alò che rimane a tutt'oggi il film d'animazione italiano più visto.
Questa edizione italiana del libro riporta in copertina una immagine tratta dal film di animazione “La gabbianella e il gatto” (1998) per la regia di Enzo d’Alò che rimane a tutt’oggi il film d’animazione italiano più visto.

La gabbianella è proprio un gabbiano reale, ma non mediterraneo, è un gabbiano reale nordico il cui nome scientifico è Larus argentatus. Ce lo racconta lo stesso Sepulveda nel libro quando scrive: “… Kengah, una gabbiana dalle piume color argento…” e poi: “(i gatti)… scoprirono solo che la gabbiana oggetto delle loro preoccupazioni apparteneva alla specie argentata, così detta per il colore argenteo delle sue piume”. Per il resto i gabbani nordici sono identici ai nostri, hanno cambiato solo il colore dell’abito, più “in tinta” con il cielo che frequentano abitualmente.

Vorrei terminare questo piccolo contributo con il finale della storia. Una storia che insegna con leggerezza poetica l’amicizia e la solidarietà tra diversi. Non c’è bisogno di essere tutti gatti o tutti gabbiani per volersi bene!

Fortunata volava solitaria nella notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro planando, girando più volte intorno al campanile della chiesa.
– Volo! Zorba! So volare! – strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L’umano accarezzò il dorso del gatto.
– Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando.
– Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò Zorba.
– Ah sì? E cosa ha capito? – Chiese l’umano.
– Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba.  

Riferimenti bibliografici e sitografici

Ornitologia, etologia

Letteratura, prosa, poesia, arte

[Elena Tredici, storica dell’arte, 13 maggio 2020]

Birdwatching… da balcone! Il commendator De Cornacchis e signora

 

 

 

 

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