Il cetaceo dell’Orto botanico di Roma

La storia dei rinvenimenti paleontologici è quanto mai interessante: essa ci rivela l’esistenza di animali ormai estinti. O forse ancora vivi: nella fantasia e nella dimensione del mito per i profani, nei laboratori e nelle teche dei musei per gli scienziati. Al tempo stesso, la storia delle scoperte paleontologiche rivela molto dell’interesse scientifico che l’essere umano ha coltivato per il proprio passato lontanissimo e, ancor di più, dell’immaginario che han costruito al riguardo nel corso dei secoli.

I resti animali rinvenuti negli ultimi due secoli circa fra Roma e i suoi dintorni risalgono a circa 3 milioni di anni fa, quando tutta la zona era ancora completamente sommersa dall’acqua del mare. Poi le ere geologiche passano, le acque si ritirano, e i fossili riaffiorano. Rinvenuti grazie al caso, valorizzati grazie alla attenzione e alla curiosità degli studiosi, i preziosi fossili venivano raccolti all’interno di collezioni private, nelle camere delle meraviglie degli eruditi del Seicento o, decenni dopo, esposti nelle sale dei musei all’attenzione di un pubblico dalla mentalità vieppiù aperta dalle teorie evoluzionistiche.

Tra i ritrovamenti clamorosi e sensazionali, quasi epocali, ci fue quello che ebbe luogo il 4 marzo 1866 sulle sponde della spiaggia di Santa Marinella, quando affiorò un cospicuo e organico numero di ossa appartenenti a una gigantesca balenottera. L’importanza e l’eccezionalità del ritrovamento apparvero subito evidenti, e immediata fu l’opera di valorizzazione dello scheletro del cetaceo.

Scheletro di cetaceo
I due grandi scheletri di cetacei raffigurati nella celebre tavola facente parte della raccolta di stampe edite a dispense da Cacchiatelli & Cleter (1868). [Fonte: Museologia scientifica Memorie, 12/2014, p. 311
L’architetto Virginio Vespignani, già prolifico autore di numerose opere romane di edilizia civile, fu chiamato ad allestire la sala all’interno degli spazi dell’Orto Botanico di Roma, il cosiddetto “giardino dei semplici” sito in origine, durante la seconda metà del XIII secolo, presso i palazzi vaticani, e giunto nel XVIII secolo (dopo varie dislocazioni) presso il giardino di Palazzo Salviati, in via della Lungara (penultima sede prima della definitiva, quella attuale, sita alle spalle di Palazzo Corsini, sempre alla Lungara). Vespignani, che per il medesimo Orto Botanico già aveva progettato serre ed edifici atti a ospitare le diverse specie vegetali (dotati di adeguate coperture e di impianti di riscaldamento e illuminazione delle serre), concepì un ampio spazio appositamente destinato ad accogliere la balenottera: una serra a mo’ di grande vetrina, lungo il perimetro interno della quale si allungava un’ ampia e comoda passerella che consentiva ai visitatori di girare attorno a quella immensa “reliquia del passato”, ricostruita nella sua quasi totale interezza e sospesa grazie a tiranti che, calando dal soffitto, ne reggevano appunto il grande scheletro ricomposto.

Con l’occasione, insieme alla Balenottera venne esposto anche un altro esemplare appartenente alla specie del Cascialotto, un capodoglio rinvenuto nel 1833 presso Palo Laziale.

Scheletro di cetaceo
Scheletro del Copodoglio spiaggiato a Torre di Palidoro (Palo) nel giugno 1832 nella sua attuale sede [Fonte: Museologia scientifica Memorie, 12/2014, p. 310
All’epoca siede sul soglio di Pietro Pio IX Mastai Ferretti, papa che, nel corso di un pontificato tanto travagliato (almeno nei primi anni, durante le intense vicende della Repubblica Romana del 1849) quanto lungo (fu eletto nel 1846 e morì nel 1878), aveva più volte incoraggiato gli studi scientifici. Sua Santità, pertanto, non poteva non fare visita all’interessante, inedito, eccezionale reperto; tanto più che l’esemplare esposto presentava caratteristiche anatomiche uniche, completamente diverse rispetto a quelle di altri pochi esemplari simili, esposti in altri musei di Europa.

Un’interessante cronaca della visita papale al cetaceo nostrano è riportata sul Giornale di Roma, datato lunedì 9 dicembre 1867: il periodico racconta che la serra ristrutturata per l’esposizione dell’ingombrante fossile

si è restaurata ed abbellita onde collocarvi lo scheletro gigantesco della balenottera, che nel messo del passato anno fu spinta dalle onde fra gli scogli della spiaggia di Santa Marinella, presso Civitavecchia. Questa collocazione ha avuto luogo testè, accoppiandovisi l’altro scheletro del Cascialotto, ritrovato in vicinanza di palo parecchi anni addietro. […].

L’animale viene adeguatamente ripulito e preparato alla esposizione:

si diede cominciamento ai grandi lavori di ripurgo delle ossa della Balonottera, le quali mediante la sostenuta azione del vapore furono ridotte ad uno stato di straordinaria bianchezza, e sceverate da ogni parte cartilaginosa residuale dello scarno primitivo.

Una volta pulite, le parti dell’animale vengono ricomposte: 58 vertebre, 15 paia di costole, mascella inferiore ellittica, sterno cruciforme e la «natatoja dorsale cartilaginea a forma di triangolo isoscele» sono “rimontate” fra loro, quasi a voler far rivivere l’enorme mammifero.

Racconta ancora la cronaca che

le ossa ricongiunte tutte a seconda dei loro naturali rapporti costituiscono un immenso carcame [cioè “carcassa”] di 22 metri di lunghezza sopra 5 di larghezza massima. Nel riordinare poi le ossa , il più volte ricordato professor di zoologia, nonché professore di Fisiologia ed Anatomia comparata [Giorgio Cuvier], ha trovato ancora più interessante l’esemplare di quello che a prima giunta poteva credersi.

Indubbia, comprensibilmente, la soddisfazione:

Si vede da ciò quanto rilevante sia per la scienza la custodia gelosa dello scheletro della Balenottera, e come le premure del Santo Padre saranno coronate dalla gratitudine di quanti, professori e studiosi, ne caveranno vantaggio pel progresso delle scienze naturali.

Mostrata la propria stima ai professori e ai Direttori dei lavori, dopo aver detto a tutti parole di incoraggiamento, «lasciando pur tutti consolati dall’Apostolica Benedizione, [il pontefice] fece ritorno, già suonato il mezzodì, alla Sua Residenza del Vaticano». Proprio quella residenza dove avrebbe vissuto ancora a lungo: fino al 1870, da papa libero ed ancora regnante su Roma e sull’intero Stato Pontificio; e poi dal fatidico 20 settembre 1870 fino al 7 febbraio 1878, l’ultimo dei suoi giorni, da papa sovrano entro i confini delle mura vaticane, ultimo “papa re” di una Roma ormai capitale del Regno dell’Italia tutta unita, da Nord a Sud.

Dal 1931 il cetaceo è conservato presso le aule della Università La Sapienza, in via Alfredo Borrelli.

[Chiara Morabito]

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.