Axum-Roma-Axum: saga di una celebre stele quasi dimenticata

Ogni volta che passo a piazza di Porta Capena, non posso fare a meno di ricordare che un tempo sul marciapiede verso la FAO svettava la grande stele di Axum, bottino di guerra durante la guerra d’Etiopia. Giustamente la stele, impropriamente definita spesso obelisco, è stata restituita, dispiace però che non via sia nulla a ricordarne la presenza a Roma. Eppure, a pochi passi, due colonne sono state erette in memoria dei caduti dell’11 settembre, non una targa, non un pannello, non un QRcode invece a testimoniare l’antica presenza della stele e il contesto storico che vide il suo trasporto in Italia e la successiva giusta restituzione all’Etiopia. Ecco perché riteniamo giusto ricordarne la storia, anche per i più giovani, che non la hanno mai vista.

Piazza di Porta Capena, solo un tombino ricorda il luogo dove un tempo era collocata la stele di Axum [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Piazza di Porta Capena, solo un tombino ricorda il luogo dove un tempo era collocata la stele di Axum [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La stele, in pietra basaltica, alta quasi 24 metri e pesante circa 150 tonnellate venne razziata ad Axum (o Aksum), una cittadina dell’Etiopia settentrionale, nella regione del Tigrè, a una ventina di chilometri da Adua. Axum fu un fiorente insediamento cristiano tra il I e il IV secolo d.C. che declinò solo quando gli islamici occuparono il Mar Rosso. Lì si trovano ancora oggi moltissime stele di diversa grandezza. La piana di Axum è infatti disseminata di numerosi monoliti di diverse dimensioni, decrescenti verso l’alto, con motivi architettonici e false porte dal significato misterioso, da taluni interpretati come segnacoli di sepolcri illustri. Sembra che la stele razziata dagli italiani durante la Guerra d’Etiopia fosse stata trovata spezzata in tre tronconi e ritenuta quindi più agevole da trasferire in madrepatria. Ci vollero circa due mesi per trasportarla da Axum al porto di Massaua e da lì a Napoli dove giunse il 27 marzo 1937 a bordo del piroscafo Adua.

Il trasporto della stele di Axum verso piazza di Porta Capena in una foto storica
Il trasporto della stele di Axum verso piazza di Porta Capena in una foto storica

Dopo un minuzioso e complicato restauro la stele venne collocata a piazza di Porta Capena sette mesi dopo, il 28 ottobre 1937, in occasione del quindicennale della Marcia su Roma e del primo anniversario dell’Impero d’Etiopia. Il luogo venne scelto perché il grande edificio nei pressi, oggi sede della FAO, era all’epoca il Ministero delle colonie. Con la stele viaggiò anche il monumento al Leone di Giuda, ma questa è un’altra storia e ne parleremo in un altro post.

Guardate questo breve filmato dell’Archivio storico Luce che ricorda la cerimonia di inaugurazione della stele di Axum da parte del governatore di Roma alla presenza di molti giovani balilla.

Negli anni la stele ne vide di tutti i colori: il 10 settembre 1943 venne colpita da proiettili lanciati da armi automatiche in occasione della battaglia di Porta San Paolo, il 28 maggio 2022 fu colpita da un fulmine che la danneggiò pesantemente, senza contare l’inquinamento atmosferico in un’area della capitale molto trafficata.

Si iniziò a parlare seriamente della sua restituzione nel novembre del 1970, quando l’imperatore  Hailé Selassié venne a Roma dopo che Aldo Moro, allora ministro degli affari esteri, si era recato ad Addis Abeba in  visita ufficiale nel mese di giugno. La presenza del negus in Italia fu un evento memorabile, anche perché, nonostante i due paesi avessero riallacciato rapporti fin dagli anni Cinquanta, i rappresentanti dei due governi non si erano mai incontrati di persona prima di quell’anno.

L'imperatore Hailé Selassié (1953) [Fonte: Wikimedia Commons]
L’imperatore Hailé Selassié (1953) [Fonte: Wikimedia Commons]
L’imperatore etiopico venne accolto con tutti gli onori dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, dai presidenti di Camera e Senato e dai ministri degli Esteri e della Difesa. Si fece di tutto affinché l’ospite straniero non transitasse lungo la passeggiata archeologica dove svettava la stele e non si lesinarono cerimonie, banchetti e cortei in suo onore, non solo a Roma. Abbiamo estrapolato un brano da un articolo di Maurizio Montefoschi, Roma applaude Hailé Selassié, Il Messaggero, 7 novembre 1970):

Calorosissimo anche  il saluto della città di Roma rivolto all’illustre ospite del sindaco Darida. Al termine della Cerimonia al Colosseo i corazzieri a cavallo hanno scortato il corteo attraverso via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia addobbata con stupendi arazzi seicentechi dai vivaci colori, Via Cesare Battisti, via Quattro Novembre e Via Ventiquattro Maggio, fino al palazzo del Quirinale. Applaudivano cordialmente i romani, i “balilla” cresciuti, che un tempo avevano cantato faccetta nera”.

In occasione di quella visita, non l’Italia in quanto governo, ma il maggiore dell’esercito Giovanni Battista de Monte decise di restituire personalmente all’imperatore Hailé Selassié, durante una cerimonia tenuta a Orvieto, un’icona etiopica rinvenuta nel Tembièn e portata in Italia.

Il governo italiano cercò di ritardare il più possibile la restituzione della stele di Axum, provando a barattarla con la costruzione di un aeroporto o di un ospedale in Etiopia. I costi e il rischio del trasporto erano molto alti, inoltre la situazione politica fu per anni critica sia in Italia con gli anni di piombo che in Etiopia con il Derg, la giunta militare che governò tra il 1974 e il 1987. Solo nel luglio 2002 la restituzione della stele venne deliberata dal Consiglio dei ministri e lo smontaggio finalmente avviato a novembre del 2003.

Lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi (fonte: YouTube) era decisamente contrario alla restituzione argomentando che il governo etiope lo avesse donato all’Italia:

E’ un delitto smontare l’obelisco e portarlo via in un paese dove non verrà rimontato e resterà per altri cinquant’anni chiuso in un magazzino”.

Curiosamente, dopo lo smontaggio, la stele rimase effettivamente in magazzino, non in Etiopia, però, ma in un centro di accoglienza migranti di Ponte Galeria da cui ripartì per Axum solo nel 2005 dall’aeroporto di Pratica di Mare. Giunta a destinazione, ci vollero ancora alcuni anni prima che la stele venisse finalmente riassemblata e rialzata accanto alle sorelle, con l’assistenza dell’Istituto centrale per il restauro. Finiva così una storia durata molti decenni: infatti l’Italia si era riproposta di restituire la stele entro diciotto mesi a seguito del trattato di pace stipulato il lontano 15 settembre 1947, che all’art. 7 prevedeva la restituzione dei bottini di guerra.

Alla fine, la stele fu finalmente inaugurata il 4 settembre 2008, con una cerimonia imponente nella piana di Axum, oggi Patrimonio dell’Umanità.

La piana di Axum con le stele [Foto: JensiS65, CC BY SA 3.0]
La piana di Axum con le stele [Foto: JensiS65, CC BY SA 3.0]
Torniamo a piazza di Porta Capena dove, come già detto, nulla ricorda la presenza della stele e di questa storia che non è solo la storia della restituzione di un monumento ma il ricordo di un capitolo vergognoso della nostra Italia – colonialismo e crimini di guerra – che si preferisce ancora oggi dimenticare. Architetti e urbanisti del calibro di Massimiliano Fuksas e Italo Insolera si espressero contro qualsiasi proposta di sostituzione del monumento affermando il primo: “Al posto dell’obelisco, a Piazza Capena, non metterei assolutamente nulla. Del resto è un monumento a cui nessuno ha mai fatto caso e perciò nessuno si accorgerà della sua mancanza” e il secondo: “Niente, Non c’era niente prima, non dovrebbe esserci niente dopo […] di obelischi egiziani poi è piena la città”.

[Maria Teresa Natale]

Per approfondire:

  • Rino Bianchi – Igiaba Scego, Roma negata: percorsi postcoloniali nella città, Roma: Ediesse, 2020, p. 70-98
  • Caterina Borelli, Memoria necessaria: guida critica a dodici luoghi della Roma coloniale, Foligno (PG), Viaindustriae Publishing, 2022, p. 97-101

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