A carponi verso il Mausoleo di Monte dell’Incastro, un Pantheon in miniatura a pochi passi da Guidonia

All’interno del Parco regionale archeologico naturale dell’Inviolata, a pochi passi da Roma, nel Comune di Guidonia Montecelio, si trova un vero capolavoro di architettura funeraria, sconosciuto ai più: si tratta del Mausoleo di Monte dell’Incastro, di epoca adrianea, eretto probabilmente agli inizi del II secolo d.C.

L’accesso, in proprietà privata, non è proprio agevole e si sconsiglia la visita in mancanza di vestiario adeguato e torcia (vietata assolutamente per i claustrofobici).

Per raggiungerlo si deve scendere lungo uno stretto viottolo da via Spagna (dopo un periodo piovoso, può essere invaso dai rovi) e raggiungere una recinzione di filo spinato. Per fortuna, in un tratto è più bassa tanto da consentire lo scavalcamento con le dovute attenzioni e protezioni.

Verso il Mausoleo di Monte dell'Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso il Mausoleo di Monte dell’Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Davanti a noi si erge una collinetta su un terreno agricolo: sulla sinistra un agglomerato di vegetazione più alta  suggerisce la presenza di una costruzione ipogea. Ci avviciniamo e proprio accanto a un fico selvatico imbocchiamo il dromos (corridoio) in opera mista di accesso al mausoleo: per percorrerlo siamo costretti  a camminare ora a carponi, ora strisciando, ora acquattandoci lungo le strette pareti per raggiungere finalmente il cuore dell’edificio. Nel breve percorso abbiamo incontrato tre pozzi e ci siamo resi conto che il tracciato non è rettilineo: da qui il termine “Incastro” nel toponimo.

Dromos del Mausoleo di Monte dell'Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dromos del Mausoleo di Monte dell’Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Alla vista della camera funeraria rimaniamo a bocca aperta: ci troviamo in un ampio ambiente circolare con oculus centrale sulla cupola, un vero Pantheon in miniatura, tenuemente illuminato dall’alto. Una vera emozione! Solo che qui non siamo dentro a un tempio intitolato a tutte le divinità…

Camera funeraria del Mausoleo di Monte dell'Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Camera funeraria del Mausoleo di Monte dell’Incastro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Anche se parte della parete è franata si riconoscono due absidi lungo il perimetro, una delle quali, sottolineata da un arco in laterizio, conserva ancora tracce di un mosaico in pasta vitrea e marmo serpentino con decorazioni vegetali a girali.

Mausoleo di Monte dell'Incastro: decorazione a mosaico di un'abside [Foto a sinistra: Maria Teresa Natale; foto a destra: Dario Bandinelli, CC BY NC SA]
Mausoleo di Monte dell’Incastro: decorazione a mosaico di un’abside [Foto a sinistra: Maria Teresa Natale; foto a destra: Dario Bandinelli, CC BY NC SA]
Per chi era stata costruita questa splendida dimora funeraria? Non lo sappiamo, però è noto che negli anni Venti del secolo scorso da questo mausoleo venne asportato un altorilievo raffigurante Ercole defunto per essere esposto nel Museo Nazionale Romano. Alcune lastre marmoree gettate a terra potrebbero far parte dell’altare suddetto. Notiamo anche dei grossi fori quadrangolari sulle pareti, forse servivano a sorreggere mensole per l’alloggio di elementi architettonici, purtroppo scomparse.

Osserviamo affascinati ogni dettaglio, chiedendoci se – come nel Pantheon – in un determinato periodo dell’anno la luce che filtrava dall’oculus illuminasse un punto specifico della camera.

Ripercorriamo il dromos al contrario. Stavolta sappiamo cosa ci aspetta e il percorso risulta molto più agevole. Abbiamo modo di soffermarci a osservare dei bellissimi tronchi con le loro radici – sembrano tubi del gas infissi nel suolo – e numerose ossa animali, tra cui un grosso femore in bella vista proprio all’uscita del corridoio.

Mausoleo di Monte dell'Incastro: tronchi e radici nel dromos [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Mausoleo di Monte dell’Incastro: tronchi e radici nel dromos [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Risbuchiamo all’esterno tra i rami del fico selvatico, albero considerato fausto dai romani e venerato soprattutto dai pastori, il quale ci regala dei gustosi frutti, maturi al punto giusto.

[Maria Teresa Natale]

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