Dopo aver raccontato le due tappe che abbiamo percorso tra Dattilo e Calatafimi Segesta, proseguiamo il racconto con la descrizione del percorso effettuato a piedi tra Calatafimi Segesta e Salemi, un itinerario di circa diciassette chilometri, privo di difficoltà particolari, lungo l’Antica Trasversale Sicula. Siamo partiti da Calatafimi Segesta di buon’ora per evitare di arrivare troppo tardi a destinazione, imboccando corso Garibaldi per poi proseguire in direzione della strada provinciale 12 del Busecchio, sempre seguendo le indicazione della Trasversale.
Dopo non molto scorgiamo, in lontananza, sulla sommità di un colle alla nostra sinistra, il sacrario di Pianto romano con l’obelisco in pietra calcare grigia di Alcamo, progettato da Ernesto Basile nel 1885 e inaugurato nel 1892, al cui interno sono conserva un ossario con le spoglie dei caduti della battaglia di Calatafimi. Qui il 15 maggio 1860, quattro giorni dopo lo sbarco di Marsala, avvenne la prima battaglia della spedizione dei Mille tra le truppe dell’esercito borbonico capitanate dal generale Francesco Landi e quelle dei Cacciatori delle Alpi garibaldini, affiancati dai picciotti, volontari sommariamente armati e senza alcuna esperienza militare. Il combattimento, durato poco più di quattro ore, terminò con un bilancio di 32 morti. Più che di una vera battaglia si trattò di una prima scaramuccia terminata con il ritiro dell’esercito borbonico cui non seguì il contrattacco di Giuseppe Garibaldi. L’eroe dei due mondi aveva scelto una strategia vincente: impegnando le forze borboniche sulla direttrice Salemi-Vita-Calatafimi si stava aprendo la via più rapida per Palermo.
Il cammino è piacevole e tranquillo. In Contrada Ponte Patti costeggiamo un vecchio fontanile, ideale per far riserva d’acqua. Vicino al cannello della fontana, si conserva ancora un rilievo piuttosto rovinato di una Vergine con il bambino.
Proseguiamo lungo il tracciato di una vecchia ferrovia dismessa, costeggiando ampi vigneti e piccoli insediamenti rurali.
Il cammino procede tra lievi salite e discese, ci fanno compagnia ampie distese di fiori primaverili. L’itinerario è ben segnalato e non abbiamo nemmeno bisogno di verificare le tracce GPS.
Ad un incrocio, imbocchiamo la Strada comunale dei Mille. Una foto di gruppo è d’obbligo visto che stiamo camminando nella storia.
Ed eccoci giunti a Vita, il comune più piccolo della provincia di Trapani. Il borgo, parzialmente colpito dal terremoto del 1968, in realtà risale agli inizi del Seicento quando Filippo III, re di Spagna, concesse a un nobile locale, Vito Sicomo, la facoltà di ripopolare il territorio per incentivarne la produzione agraria. Incrociamo l’immancabile monumento ai caduti delle guerre, una panchina rossa con la scritta “La violenza non è forza ma debolezza“, il comando dei carabinieri, fino ad arrivare a un supermercato locale per acquistare le provviste del pranzo al sacco che consumeremo in piazza Libertà, con la bella fontana in pietra calcarea.
Prima di ripartire sostiamo al bar per un caffè. C’è chi sfoglia il “Giornale di Sicilia” per le ultime notizie, chi fa quattro chiacchiere con i locali. Un anziano vitese ci racconta che all’epoca del terremoto lui stava facendo il militare in Friuli-Venezia-Giulia. Sentito dell’accaduto, si mette in contatti con i suoi e viene a sapere che Vita era stata risparmiata, i comuni più colpiti erano stati Montevago, Poggioreale, Salaparuta e Gibellina, completamente rasi al suolo. Ciò nonostante, anche a Vita diverse case erano pericolanti, su terreno franoso e quindi fu costruito il paese nuovo. La chiesa madre se l’era cavata con qualche danno, ma i vitesi non esitarono a demolirla. Ricorda bene il giorno in cui due ruspe con le corde di acciaio legate al campanile entrarono in azione per buttarla a terra solo perché era antica. Naturalmente oggi i vitesi la rimpiangono…
Ci racconta poi che a Vita quaranta giorni dopo la Pasqua, nel giorno dell’Ascensione, si tiene, con la collaborazione del ceti, la festa della Madonna di Tagliavia in onore della Madonna del Rosario, con l’infiorata del pane, la processione del quadro della Madonna, Il corteo dell’Abbondanza con sfilate di carri, la Sfilata della “Carrozza” trainata dai buoi con la distribuzione dei cucciddati o “pani di la Carrozza” decorati a zig zag per evocare i solchi della terra dopo l’aratura: una festa dell’abbondanza, celebrata sin dal secolo scorso, quando i contadini conducevano il bestiame alla cappella di Tagliavia nei pressi di Corleone per ottenerne la benedizione.
Riprendiamo il cammino in direzione di Salemi. Alcuni edifici sono decorati con murali che ricordano i mestieri di un tempo che fu, quando il borgo era animato da artigiani attivi nelle loro botteghe e le campagne circostanti brulicavano di agricoltori.
All’uscita del borgo, i ruderi dell’antico abitato sono ancora ben visibili. Sono passati quasi sessant’anni, ma sembra di essere ancora nel gennaio di quell’anno sventurato: ci domandiamo se un cingolato su un cumulo di macerie non sia un’installazione d’arte contemporanea in memoria dell’evento sismico o del vecchio quartiere ormai disabitato.
Nei pressi del Palazzo municipale un manifesto pubblicizza un progetto locale di sensibilizzazione alla cultura della legalità, dell’accoglienza e della responsabilità, “Facilitatori della Legalità”, che ha visto studenti delle scuole riflettere sul significato di democrazia, lotta alle mafie, memoria attraverso workshop, attività sul campo e laboratori fotografici.
Ci lasciamo Vita alle spalle e riprendiamo il cammino lungo un sentiero costeggiato di vigneti. In contrada Makani, scorgiamo la cantina sociale Colomba Bianca, importante realtà vinicola siciliana, molto attiva nella produzione di vini biologici e nella coltivazione di varietà autoctone come il Grillo, il Lucido e il Perricone, dal rendimento scarso, ma di elevatissima qualità.
Giunti in vista di Salemi (leggi il post dedicato), costeggiamo il presidio ospedaliero Vittorio Emanuele III per poi imboccare una lunga salita fino alla sommità del paese, terminando il percorso in piazza Libertà. Ce l’abbiamo fatta, in sei giorni abbiamo percorso circa centoventi chilometri, immergendoci nella bellezza, nella natura e nella storia. La Sicilia non delude mai e percorrerla a piedi è il modo migliore per goderla con i cinque sensi. Un grazie ai tredici “trasversalisti” con cui ho condiviso il cammino.
[Maria Teresa Natale]
Cronaca del cammino da Mozia a Salemi, 29 aprile-6 maggio 2023
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