Il Mugello è una vallata toscana, a nord della provincia di Firenze, percorsa dal fiume
Sieve, delimitata verso nord dall’Appennino tosco-romagnolo e, sul lato opposto,
dalla dorsale appenninica che lo separa dal Valdarno e dalla bassa val di Sieve. La
dorsale è composta da colline sempre più alte che culminano nel maestoso Monte
Giovi (992 metri) dove si narra vi fosse un tempio dedicato al capo degli Dei ma
dove, sicuramente, è stata provata da due campagne di scavo la presenza di un abitato
etrusco nel IV secolo a.C. Tanti partigiani hanno combattuto e sono morti su questo
monte dove un monumento li ricorda e un raduno degli ex partigiani e dei giovani li
celebra di solito nella prima metà di luglio.
Fra la pianura e il Monte Giovi, in corrispondenza dei comuni di Borgo San Lorenzo
e Vicchio di Mugello (luogo natale di Giotto) sorgono varie minuscole frazioni, fra le
quali la più nota è Barbiana, dove Don Milani fece scuola e fu sepolto. Un paio di colline e di torrenti a ovest di Barbiana si trova la frazione di Arliano.
La visita di una piccolissima frazione collinare toscana può riservare sorprese anche
ai visitatori più attenti ai particolari e, ancor prima di entrare in paese, basta
guardare il cartello segnalatore con il nome!
Ebbene sì, una frazione attraversata da una sola strada senza uscita, una frazione che d’inverno non raggiunge il centinaio di abitanti, è divisa tra due Comuni diversi! Ogni mattina i camioncini della raccolta differenziata porta a porta ritirano, salendo, la spazzatura dei residenti del Comune di Borgo San Lorenzo sul lato destro della strada mentre i camioncini del Comune di Vicchio di Mugello ritirano (in orari diversi perché altrimenti non riescono a scambiarsi per la strettezza della strada) la spazzatura di chi abita sul lato sinistro!
Superato il cartello si arriva subito in piazzola, un tempo l’anima pulsante della
frazione, luogo di ritrovo (anche invernale) nella bottega che adesso non esiste più.
C’è invece la cappella che viene aperta solo in occasioni speciali come la festa del
paese, la penultima domenica di agosto. La comunità tiene molto alla chiesetta che
proprio quest’anno è stata ridipinta e fornita di una bella porta nuova. Sul suo fianco
un ricordo storico “civile”: la lapide (pulita e resa leggibile qualche anno fa) che
ricorda i caduti arlianesi durante la Grande Guerra. Il loro numero fa pensare, assieme
all’orrore per tutte le guerre, a un nucleo di umanità molto più numeroso di quanto
non sia oggi.
La Piazzola è anche il nome dell’associazione nata da qualche anno per rappresentare
bisogni e desideri di una comunità piccola, molto legata alle vicende locali ma anche
aperta ai singoli e alle coppie giovani che da un po’ di tempo hanno ripopolato un poco il paese. Per adesso un muro e un bel prato indicano il luogo di ritrovo estivo
dell’associazione che, naturalmente, si sta impegnando anche per avere una sede
invernale che non sia il cielo stellato!
Da notare la bellezza del muro costruito con la maestria con la quale tutto è costruito
nella frazione: dalle vecchie case (spesso intonacate) ai forni, ai muretti che, nei
poderi collinari, fungevano da baluardo e terrazzamento delle varie porzioni di
terreno coltivato.
La casa colonica più vicina all’abitato, sulla destra l’edificio dove, un tempo, si
trovava il porcile e, con entrata sull’aia, il capanno per gli attrezzi. Adesso tutto
è diventato una bella e confortevole casa privata restaurata con il rispetto
dovuto all’antica costruzione.
Le case più antiche dovrebbero risalire al Seicento ma intorno al paese si trovano
costruzioni, ville gentilizie, mulini, chiese e tabernacoli di origine medioevale e
rinascimentale dei quali parleremo in una prossima “passeggiata”, senza
dimenticare anche uno degli alberi più vecchi d’Italia!
Nella foto soprastante si nota un muro “a scarpa”, destinato a fare da sostegno di
sicurezza al muro addossato, cosa che ci ricorda che il Mugello è una delle tante zone sismiche d’Italia e che venne quasi raso al suolo nel terribile terremoto del 1919 che
ebbe il suo epicentro nei pressi di Vicchio.
In questa seconda immagine che raffigura la parte retrostante di una casa che si affaccia sulla piazzola si nota molto bene la struttura in pietra che, solitamente, veniva coperta (quando l’economia lo consentiva) da uno strato di malta.
Nei pressi d’Arliano vi è un vecchio tabernacolo, restaurato e affiancato, come è
d’uso in Toscana, da due rigogliosi cipressi. Anni fa è stato vandalizzato della bella
immagine che conteneva (una disonesta ed esecrabile azione che ha privato le
campagne italiane di tante opere d’arte). Per fortuna la nuova immagine della
Madonna è stata dipinta da un artista locale direttamente sull’intonaco, l’unico modo
per salvaguardarla.
La bellezza dei luoghi non deve farci dimenticare il passato e quella che era la vita
durissima di una comunità di boscaioli e, nei dintorni, di contadini a mezzadria. Fino al dopoguerra l’acqua corrente nelle case non esisteva: c’era il pozzo, ricostruito
più volte, le fontanelle (delle quali ne restano due) e i lavatoi. Per scaldarsi e cucinare si usavano i forni e i camini ma anche, per chi poteva comprarle, le cucine economiche a legna. Naturalmente erano e sono ancor oggi praticate la caccia e la raccolta dei prodotti del bosco (marroni, funghi, more) che vengono venduti o utilizzati dalle massaie.
I forni più comuni erano all’esterno della casa ma ricavati nel muro della stessa. Nella prima immagine soprastante potete vedere un forno realizzato in una stanza separata, adiacente all’abitazione. Le altre due immagini documentano un camino e un pozzo in mattoni.
Ci sarebbe moltissimo da raccontare su Arliano, la cui storia si intreccia con quella
del nostro paese nel bene e nel male. Vere tragedie ma anche tante piccole gioie si
sono legate strettamente o hanno solo sfiorato la vita degli arlianesi, sia quelli “DOC”
che quelli “di adozione”.
Per adesso spero solo di aver stuzzicato la vostra curiosità, il resto è rimandato a una
pubblicazione più ampia e più “dotta” (ma mai noiosa! Gli arlianesi sono dei geni
della battuta!) che si spera possa prendere forma come “scrittura collettiva” di una
intera comunità come avrebbe tanto desiderato Don Milani.
[Elena Tredici]
Bellissima immagine di noi tutti. Grazie Elena