Toponomastica romana: Largo Ascianghi, in memoria del luogo dove la Regia Aeronautica annientò le truppe abissine con l’ausilio di armi chimiche

Largo Ascianghi è quello slargo che si apre accanto al palazzo della We Gil (già sede della Casa della Gioventù italiana del Littorio, GIL), tra via Girolamo Induno e via di Porta Portese. Con delibera del 25 gennaio 1937, la strada adiacente delimitata dalle mura di Urbano VIII venne denominata via Ascianghi. Quest’ultima venne chiusa al traffico il 22 febbraio 1952 per essere adibita a campo sportivo dell’edificio della ex GIL e mai più riaperta, nonostante un’ordinanza del 1967.

Targa stradale di Largo Ascianghi [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Targa stradale di Largo Ascianghi [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ascianghi è il nome di un lago situato a 2400 metri s.l.m. sull’Acrocoro etiopico o “Tetto d’Africa”, costituito da serie di rilievi piuttosto alti tra Etiopia, Eritrea e Somalia.

Perché un largo e una via intitolati a questo lago? Più che un tributo geografico, l’odonimo rimanda alla guerra d’Etiopia, in particolare alla battaglia del lago Ascianghi, avvenuta tra il 3 il 5 aprile del 1936.

Ma prima di parlare di questa battaglia, facciamo un passo indietro. La guerra d’Etiopia fu un conflitto armato che vide contrapposti tra il 3 ottobre 1935 e il 5 maggio 1936 le truppe del Regno d’Italia capitanate dal generale Emilio De Bono prima e dal maresciallo Pietro Badoglio dopo (con il supporto del generale Rodolfo Graziani) e le truppe dell’’Impero d’Etiopia, guidato dal negus Hailé Selassié.

Il 3 ottobre 1935 gli italiani invasero l’Etiopia senza dichiarazione di guerra a partire dalla Colonia eritrea e dalla Somalia italiana. Il conflitto si risolse con la vittoria degli italiani dopo sei mesi di aspri combattimenti. La campagna coloniale italiana fu imponente con una mobilitazione importante di mezzi e uomini, sfruttata dal regime a livello propagandistico con l’obiettivo di orientare l’emigrazione verso i nuovi possedimenti oltremare, in un regime di rigida segregazione razziale. D’altro canto, l’esercito etiope, nonostante una resistenza strenua, era un esercito tribale, privo di armi ed equipaggiamenti moderni, mal addestrato a combattere in una guerra moderna.

La Società della Nazioni (antesignana dell’ONU, attiva tra il 1919 e il 1946) condannò duramente l’aggressione fascista e impose sanzioni economiche, ritirate nel luglio del 1936 senza che avessero sortito alcun effetto.

L’inizio della fine per le truppe etiopi fu la battaglia di Mai Ceu nella regione del Tigrè avvenuta tra il 31 marzo e il 1° aprile 1936 che vide gli italiani vincitori e i superstiti abissini in fuga verso la conca del lago Ascianghi, scoperta e priva di vegetazione. Il 4 aprile il maresciallo Badoglio diede l’ordine di bombardare a tappeto tutta l’area del lago, utilizzando tra l’altro anche bombe all’iprite che provocarono una strage di uomini, donne, bambini e animali, avvelenati dalle acque contaminate del lago e dai gas.  L’iprite, nota come ‘gas mostarda’ in ragione del suo odore, fu utilizzata per la prima volta dall’esercito tedesco durante la prima guerra modiale a Ypres, da cui il nome.

Più che di una battaglia si trattò di un vero e proprio eccidio operato ad Ascianghi dalla Regia Aeronautica italiana . Le truppe abissine erano ormai allo stremo, il 5 maggio Badoglio marciò sulla capitale abissina Addis Abeba e il negus Hailé Selassiè andò in esilio. Quattro giorni dopo, il 9 maggio 1936, Mussolini proclamò dal balcone di piazza Venezia la nascita dell’Impero d’Etiopia.

La guerra costò all’Italia circa 4500 morti e altrettanti feriti, le vittime etiopi sono state stimate tra i 275.000 e il mezzo milione.

[Maria Teresa Natale]

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