Cosa osservare nella Basilica di San Sebastiano fuori le mura

State progettando una passeggiata lungo l’Appia antica? La basilica di San Sebastiano fuori le mura, a pochi passi dalla villa di Massenzio e dal mausoleo di Cecilia Metella, merita una sosta per la sua importanza storica e artistica. Chiariamo subito che il riferimento all’ubicazione esterna alle Mura Aureliane venne dato per non confonderla con l’omonima chiesa sul Palatino.

La facciata che potete osservare oggi risale alla sistemazione secentesca della chiesa, voluta dal cardinale Scipione Borghese, il cui nome campeggia in una lunga lapide: venne disegnata da Giovanni Vasanzio che riutilizzò come supporto degli archi inferiori colonne di granito provenienti dalla basilica costantiniana.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la facciata [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la facciata [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Infatti, l’imperatore Costantino fece erigere proprio qui, nel IV secolo, la primitiva basilica dedicata alla Memoria Apostolorum, che, come altre a Roma, aveva un impianto circiforme con navate laterali prolungate con un deambulatorio dietro l’abside ed era preceduta da un grande atrio rettangolare. 

La basilica costantiniana di S. Sebastiano f.l.m., la facciata [Fonte: Cathopedia]
La basilica costantiniana di S. Sebastiano f.l.m. [Fonte: Cathopedia]
In questo luogo infatti, era stato istituito il culto dei martiri Pietro e Paolo a seguito della traslazione parziale o totale dei loro corpi all’epoca della terribile persecuzione di Valeriano del 258. Nelle sottostanti catacombe, nell’area della cosiddetta Triclia, sono stati rinvenuti più di 600 graffiti con invocazioni ai due apostoli, le cui spoglie tornarono poi in Vaticano e sull’Ostiense.

Sul finire del III secolo, anche le spoglie di San Sebastiano, martirizzato durante persecuzione di Diocleziano (303), furono collocate in questo luogo e anch’esse furono soggette a un trasferimento temporaneo: furono loro stavolta ad essere portate in Vaticano poco prima della distruzione della basilica a opera dei Saraceni nel IX secolo. Papa Nicola I fece ricostuire l’edificio tra l’857 e l’867 ma la basilica attuale fu voluta dal cardinale Scipione Borghese e progettata da Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio.

Entriamo in basilica per cercarne i suoi tesori.

Il soffitto LIGNEO

Alzate lo sguardo, il soffitto ligneo a scomparti, multicolore, progettato da Giovanni Vasanzio, è bellissimo. Al centro, campeggia la figura di San Sebastiano, riconoscibile per le frecce conficcate nel costato.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., il soffitto ligneo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., il soffitto ligneo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Potete anche riconoscere due stemmi. Il primo è lo stemma del cardinale Scipione Borghese, caratterizzato dalla presenza di un drago dorato sormontato da un’aquila nera. Il secondo è lo stemma di papa Gregorio XVI Cappellari, diviso in due parti: a sinistra due colombe poggianti su un calice dorato sormontato da una cometa (simbolo dei Camaldolesi), a destra tre stelle a sei punte sormontate da un copricapo ecclesiastico, che rimanda al nome della famiglia.

Il busto del Salvatore

A destra dell’entrata potete ammirare, collocato su un piedistallo in diaspro siciliano, il busto del Salvatore (o Salvator mundi) realizzato, a detta di molti studiosi, nel 1679 dall’ormai ottantenne Gian Lorenzo Bernini  su committenza di Cristina di Svezia, sua grande amica. 

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., il Salvator mundi [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., il Salvator mundi [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Se ne infatti perse le tracce: per certo la regina, alla sua morte nel 1689, aveva donato il busto a papa Innocenzo XI Odescalchi, ma fu solo nel 2003 che due studiosi italiani Francesco Petrucci e Maurizio Fagiolo dell’Arco attribuirono il busto di San Sebastiano fuori le mura al Bernini, precedentemente riconosciuto in sculture simili ma non uguali conservate negli Stati Uniti e in Francia. Sembrerebbe che dagli Odescalchi il busto sarebbe passato agli Albani e, una volta estintosi il ramo, gli eredi Chigi avrebbero destinato la scultura al complesso di San Sebastiano fuori le Mura, nella cui basilica si conserva anche la cappella funeraria Albani. Il busto, ben noto dalla fonti, fu individuato solo nel 2001 nel convento adiacente alla chiesa. Il dibattito sull’attribuzione è ancora in corso.

La statua di S. Sebastiano

Per rimanere in tema di statuaria, sul lato opposto si conserva la statua di San Sebastiano, realizzata da Giuseppe Giorgetti per la cappella secentesca del cardinale Francesco Barberini, progettata da Ciro Ferri, nella quale si conservano anche reliquie del santo. Il santo giace con la testa poggiata su un cuscino a fianco dell’elmo che ricorda la sua professione di militare romano.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la statua di San Sebastiano [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la statua di San Sebastiano [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]

La cappella delle reliquie

Molti pellegrini entrano in San Sebastiano, alla ricerca della pietra che, secondo la tradizione, reca impresse le impronte dei piedi di Gesù, risalenti all’incontro con S. Pietro al primo miglio della via Appia, quando l’apostolo, in fuga da Roma, avrebbe incontrato Cristo e gli avrebbe chisto: Domine Quo Vadis? (Signore, dove vai?) e il Signore gli avrebbe risposto Venio iterum crucifigi (Vengo per essere crocifisso la seconda volta). Da qui la conseguente decisione di San Pietro di tornare sui propri passi per andare incontro al proprio martirio. 

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., le impronte di Gesù [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., le impronte di Gesù [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Nello scomparto superiore, protette da una griglia, si conservano altre reliquie, tra cui un frammento di colonna alla quale San Sebastiano venne legato durante il martirio e una delle frecce che lo trafissero.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la Cappella delle reliquie [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., la Cappella delle reliquie [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]

La lapide FILOCALIANA CON L’ELOGIO FUNEBRE DI EUTICHIO

Sulla parete sinistra rispetto all’ingresso si conserva anche l’interessante lapide che papa Damaso (366-384) aveva fatto apporre nel primitivo cimitero sul tomba del martire Eutichio sulla quale il suo calligrafo, Furio Dionisio Filocalo, aveva inciso l’epitaffio che ricorda le torture subite dal martire, incarcerato per dodici giorni, senza cibo, costretto a giacere su un pavimento costellato di cocci appuntiti, morto infine per dissanguamento dopo essere stato gettato in un baratro. Filocalo collaborò a lungo con papa Damaso, cui si deve la monumentalizzazione di numerose tombe di martiri. Moltissime epigrafi filocaliane, caratterizzate da eleganti lettere capitali quadrate, sono giunte a noi, alcune in originale, altre trascritte su codici medievali tramandati nei secoli.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., lapide con elogio funebre di Eutichio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., lapide con elogio funebre di Eutichio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]

IL CROCIFISSO LIGNO NELLA EX SAGRESTIA

Questo bellissimo crocifisso ligneo si trova nell’ex sagrestia settecentesca. Di ambito romano, datato tra fine Quattrocento e inizi Cinquecento, è legato a un’antica tradizione secondo la quale la scultura parlò a San Filippo Neri in occasione di una delle sue soste presso la chiesa. Fu proprio Filippo a formalizzare nel XVI secolo il giro delle Sette chiese, una delle quali è proprio la Basilica di San Sebastiano. Il leone rimanda al simbolo di San Marco, uno dei quattro evangelisti dipinti sul crocifisso, purtroppo quasi irriconoscibili. Osservate con attenzione i dettagli dell’opera, vivacizzata da tocchi di colore.

Basilica di S. Sebastiano f.l.m., crocifisso ligneo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Basilica di S. Sebastiano f.l.m., crocifisso ligneo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
[Maria Teresa Natale]

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