Genova: una passeggiata tra i caruggi del quartiere multietnico e i portici di Sottoripa

Non bastano certo quattro giorni per visitare Genova, ma sono sufficienti per farsi una prima idea di questa bellissima città che invita a essere esplorata in orizzontale e in verticale. Noi lo faremo con una serie di post, il primo dei quali è dedicato a una passeggiata tra i caruggi del quartiere multietnico e i portici di Sottoripa.

Per l’alloggio ho scelto il quartiere multietnico, nei pressi del Porto antico, una casa in uno dei tanti vicoli, i caruggi che digradano verso Sottoripa, all’interno del reticolo stradale dove a partire dal Medioevo si insediarono le potenti famiglie mercantili liguri con le loro torri, i loro palazzi, le loro botteghe, i loro magazzini. 

La casa in cui ho alloggiato si trova in vico San Marcellino, nei pressi di un’alta torre, all’interno di un palazzo antico, con ampio scalone e pavimenti geometrici a losanghe bianche e nere, naturalmente privo di ascensore. Giunti al terzo piano, un corridoio laterale consente di accedere al palazzo di fianco dove due ulteriori rampe di scale, piuttosto impervie conducono al quarto piano con l’accesso a un appartamentino, probabilmente alloggio un tempo della servitù dei signori del palazzo. Un po’ scomodo l’accesso, ma impagabile la vista sul porto antico con il galeone in primo piano e l’uso della cucina con il vecchio lavello di marmo.

Genova, Vico San Marcellino: veduta del caruggio e dettagli di un palazzo che si affaccia [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Vico San Marcellino: veduta del caruggio e dettagli di un palazzo che si affaccia [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Per familiarizzare col quartiere, partiamo da Porta dei Vacca con le sue due alte torri semicircolari, parte delle opere di fortificazione dell’antica cinta muraria del XII secolo.

Genova, Porta dei Vacca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Porta dei Vacca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Da qui entriamo in via del Campo, celebre per le canzoni di Fabrizio De André (Via del Campo) e di Amália Rodrigues (La casa in Via del Campo). Il primo cantava che nella via “c’è una puttana / gli occhi grandi color di foglia / se di amarla ti vien la voglia / basta prenderla per la mano”, la seconda che “C’era sempre una canzone per voi / un bicchiere e due risate con noi / nella casa in via del Campo, dove dolce andava il tempo / dove ho riso, amato e tante volte pianto. Al civico 2, laddove aveva sede lo storico negozio di musica Gianni Tassio, è possibile visitare Viadelcampo29rosso, l’emporio-museo dedicato ai cantautori genovesi (da Fabrizio De André a Gino Paoli, da Bruno Lauzi a Luigi Tenco, da Umberto Bindi a Ivano Fossati) con foto, vinili e tante altre memorie dell’epoca d’oro dei cantautori italiani. 

Genova, Piazza del Campo, Ritratto di Fabrizio De André [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Piazza del Campo, Ritratto di Fabrizio De André [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Tra i caruggi si incontrano molti africani e asiatici che frequentano i numerosi alimentari multietnici e i tanti parrucchieri per soli uomini, affollati di musulmani. 

Genova, Via del Campo, parrucchiere e bottega alimentare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Via del Campo, parrucchiere e bottega alimentare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Tante anche le scritte anarchiche sui muri che da un lato denunciano la crescente gentrificazione dell’area e il turismo mordi e fuggi dei crocieristi, dall’altro sensibilizzano ai temi della violenza sulle donne e del conflitto israelo-palestinese.

Genova, Scritte sui muri nel quartiere multietnico [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Scritte sui muri nel quartiere multietnico [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Lungo la via, non vi sfuggirà un vecchio fontanile tra due colonne che nasconde una terza colonna isolata, nota come la “Colonna infame”. Su di essa, campeggia una scritta latina che ricorda la fine che fece un tal Giulio Cesare Vachero, al quale furono confiscati tutti i beni, esiliati i figli, demolita la casa e mozzata la testa. Correva l’anno del signore 1628 e costui aveva pianificato una congiura contro il Doge per conto dei Savoia che volevano impadronirsi della Repubblica di Genova, ma la cospirazione fallì e la colonna è qui a ricordare ancora oggi il triste destino del traditore.

Genova, Via del Campo, la Colonna infame [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Via del Campo, la Colonna infame [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Da via del Campo guadagniamo piazza Fossatello, via di Fossatello, via di San Luca fino alla piazza omonima. Grazie all’ausilio dei volontari che ne garantiscono l’apertura, accediamo alla chiesa di San Luca, parrocchia gentilizia delle famiglie genovesi Spinola e Grimaldi, con capolavori del barocco genovese, opera di Domenico Piola, di Filippo Parodi e del Grechetto. Ancora oggi, la Fondazione Spinola si occupa della manutenzione e del restauro della chiesa, fortemente danneggiata durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale. 

In una delle cappelle, potete ammirare un Cristo deposto scolpito da Filippo Parodi (1630-1702) e dipinto da Domenico Piola (1628-1703). L’opera fu commissionata da Orietta Spinola che per la sua realizzazione pagò 600 lire allo scultore e 20 al pittore. Purtroppo un restauro ottocentesco ha in parte cancellato l’originale cromia.

Genova, Chiesa di San Luca, Cristo deposto[Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Chiesa di San Luca, Cristo deposto[Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dopo aver gustato presso una delle tante focaccerie una fetta di fügassa alla genovese ben condita con olio, sale grosso e acqua, ci soffermiamo in piazza dei Banchi. Fino al IX secolo, avremmo trovato qui orti e vigne, coltivati nei pressi della foce di un torrente, esterno alle mura di Genova. Sembra che in quest’area fossero addirittura emersi resti di un antico tempio pagano e di una statua raffigurante Giano bifronte (da qui una delle leggende legate alla fondazione di Genova, da “Janua” nel significato di “porta”).

Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Secondo la tradizione, in questa piazza si radunavano in preghiera i Crociati prima della partenza alla volta della Terrasanta. Dopo il Medioevo, la piazza cambiò volto, vennero eretti nuovi palazzi porticati con botteghe e ambienti per ospitare gli scranni (i banchi) dei banchieri e con l’affitto e la vendita di alcune botteghe e magazzini fu finanziata la ricostruzione della chiesa di san Pietro in Banchi, per opera della Repubblica di Genova. Anche questa chiesa purtroppo subì i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma venne ripristinata nell’immediato dopoguerra con l’ausilio di  fotografie e stampe storiche.

Nel visitare l’interno ci soffermiamo a osservare alcuni dettagli che riportano all’età contemporanea: innanzitutto, un presepe sui resti di un barcone naufragato circondato di rottami con la scritta “Non c’era posto per loro”.

Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi, Installazione presepiale Non c'era posto per loro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi, Installazione presepiale Non c’era posto per loro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Notiamo poi una replica della Regina del SS. Rosario, offerta dalla comunità dello Sri Lanka. L’originale della statua si trova nel santuario cattolico di Nostra Signora di Madhu, importante centro di pellegrinaggio e incontro tra appartenenti a religioni diverse. E il 1° gennaio la comunità singalese festeggia il nuovo anno con l’accensione del focolare e la bollitura del latte fresco in una pentola di terracotta appena acquistata, simbolo di prosperità, perpetuando la tradizione del Capodanno singalese, che nello Sri Lanka cade intorno al 14 aprile, in occasione del passaggio del sole dal pesci all’ariete.

Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi, Regina del SS. Rosario e cerimonia singalese per il Capodanno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Chiesa di San Pietro in Banchi, Regina del SS. Rosario e cerimonia singalese per il Capodanno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Da piazza dei Banchi imbocchiamo via al Ponte Reale per poi giungere ai portici di  Sottoripa, così chiamati perché, intorno al XII secolo, il mare arrivava a lambire le banchine portuali e le case a schiera costruite sopra le fondazioni erette sotto il livello del mare. Nel Medioevo, i portici, voltati a crociera e con le travi a vista, ospitavano botteghe, negozi, osterie e avremmo visto cataste di merci di ogni tipo appena sbarcate o pronte per l’imbarco, movimentate da scaricatori e facchini per conto di importanti famiglie, talvolta protagoniste della storia di Genova per generazioni. Ma anche oggi Sottoripa è animata da negozietti, trattorie, pescherie frequentati da locali e da turisti.

Genova, I portici di Sottoripa [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, I portici di Sottoripa [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Nei Seicento, con la costruzione delle nuove mura, la città venne separata dal porto e il bacino portuale che lambiva Sottoripa venne colmato. Nella metà dell’Ottocento si ebbe un importante intervento urbanistico con la creazione di piazza Caricamento, terminale della litoranea intitolata a Carlo Alberto (poi ridenominata via Gramsci) e stazione di testa della linea ferroviaria Torino-Genova, collegata al porto. Fino ai primi del Novecento avremmo visto una miriade di carri e carretti trainati da asini, cavalli e buoi utilizzati per il carico e scarico delle merci. Oggi al centro della piazza possiamo ammirare la statua bronzea di Raffaele Rubattino, realizzata dallo scultore Augusto Rivalta nel 1889 per ricordare uno dei protagonisti della navigazione italiana a vapore e dell’espansione coloniale nel Corno d’Africa.

Genova, Piazza del Caricamento, Statua di Raffaele Rubattino [Foto: Wikimedia Commons, CC BY, by Twice25&Rinina25]
Genova, Piazza del Caricamento, Statua di Raffaele Rubattino [Foto: Wikimedia Commons, CC BY, by Twice25&Rinina25]
Sulla piazza, quasi a ridosso della sopraelevata costruita nel 1965, si affaccia uno dei lati dell’antico Palazzo San Giorgio che in origine affacciava direttamente sulla banchina portuale. Se lo osservate con attenzione vedrete che il prospetto che affaccia verso Sottoripa è tipicamente medievale mentre quello opposto è d’impianto rinascimentale. Il palazzo infatti fu progettato nel XIII secolo dal monaco cistercense frate Oliverio per ospitare la sede del Comune. All’epoca nel palazzo erano state allestite anche delle carceri nelle quali fu detenuti per circa un anno niente meno che Marco Polo, catturato dai genovesi in occasione della battaglia di Curzola del 1298 combattuta tra le repubbliche marinare di Genova e Venezia per il controllo delle rotte commerciali del Mediterraneo orientale. Fu qui che Marco Polo iniziò a dettare al compagno di cella Rustichello da Pisa le memorie dei suoi viaggi, poi confluite nel Milione.

Sul corpo di fabbrica rinascimentale, possiamo osservare una serie di affreschi d’inizio Seicento, più volte restaurati, che rappresentano San Giorgio che uccide il drago, da sempre simbolo della Repubblica di Genova, e figure di notabili genovesi tra cui il “Principe” Andrea Doria, il condottiero crociato Guglielmo Embriaco e il navigatore Cristoforo Colombo.

Genova, Palazzo San Giorgio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Genova, Palazzo San Giorgio [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il nostro itinerario prosegue lungo il moderno waterfront cittadino, ma a questo dedicheremo  un altro post.

[Maria Teresa Natale]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.