Il Lungotevere Aventino è quel tratto di lungotevere sulla sponda sinistra del Fiume sacro tra Ponte Sublicio e Ponte Palatino. Raramente lo si percorre a piedi nella parte alta, ancor più raramente lungo la banchina di magra, ma dedicargli una breve passeggiata riserva veramente delle sorprese. Durante l’inverno la discesa è sconsigliata perché con le piogge la banchina è spesso sommersa o quanto meno molto fangosa, con la buona stagione riemerge invece un vero e proprio sentiero facilmente percorribile.
In un articolo apparso sulla rivista Capitolium nel marzo del 1927, G. Corsetti scriveva che “questo tratto di sponda, che già vide l’eroismo di Orazio Coclite ed il fervore del traffico fluviale ai suoi Navalia nei secolo dell’Impero, dilungandosi proprio sotto le verdeggianti pendici dell’Aventino, esigeva una sistemazione che non offendesse, con la eccessiva nudità e rigidezza delle sue linee, la bellezza del paesaggio sovrastante”. Si riferiva ovviamente alla bianca monotonia degli alti muraglioni di travertino che avevano iniziato a fiancheggiare il Tevere sin dal 1876.
Fu l’architetto del Comune, il prof. Vincenzo Fasolo, a progettare per questo tratto di sponda un sistema di archi e lesene in travertino riquadranti larghi spazi in cortina di mattoni che fungesse da quinta per una rampa monumentale, vera e propria base scenografica al sovrastante colle ricco di memorie storiche e architettoniche.
Nell’immagine che segue potete osservare lo studio architettonico della calata, come se fosse visto dalla sponda opposta del fiume, dal lato del Complesso del San Michele.
Iniziamo la nostra passeggiata da piazza dell’Emporio. Giunti al limitare di Ponte Sublicio, iniziamo a percorrere il Lungotevere Aventino in direzione del Ghetto. Dopo un centinaio di metri vedremo innalzarsi sulla sinistra una quinta marmorea con un grande stemma sabaudo legato a due fasci littori da una corona di alloro e ai lati due grossi riquadri con incise le date MCMXXVI – anno IV.
Con estrema attenzione, scendiamo lungo i gradini di una delle sue scalette che conducono a una sorta di punto di osservazione. Ci voltiamo e potremo osservare una grande targa che rimanda alla grandiosità dell’opera, collegata alle estremità a due lesene su cui campeggiano a sinistra un’aquila romana coi suoi aquilotti pronti a spiccare il volo e a destra la Lupa capitolina con i gemelli.
Da questa terrazza si dipartono altre due rampe opposte che conducono alla banchina di magra. E qui ci aspetta una vera sorpresa. Sfregiati purtroppo da graffiti malfatti, ci appaiono quattro imponenti rostri di navi romane, evidente rimando alla grandezza navale di Roma e simbolo spesso riproposto nei ponti post-unitari che congiungono le due sponde del fiume.
Dal muraglione sporgono poi gigantesche teste taurine alle quali in origine erano attaccati anelli per l’ormeggio delle imbarcazioni: certamente solo barche piccole perché con l’inaugurazione di Ponte Sublicio nel 1919, la dismissione delle banchine a Ripa Grande e i lavori all’Isola Tiberina, la navigabilità del fiume era stata compromessa per sempre.
Oggi, solo a piedi, possiamo riscoprire queste sculture realizzate dallo scultore romano C.G. Nicoletti che giorno dopo giorno sono testimoni del lento fluire del fiume in compagnia di qualche barbone o senzatetto che, approfittando della scarsa frequentazione dell’area, allestisce un cantuccio per ripararsi.
[Maria Teresa Natale]