Piazza Benedetto Cairoli, già piazza Branca, è una piazza romana, realizzata all’indomani dell’Unità d’Italia, dopo che, nel 1880, sventrando una porzione del vecchio rione Regola, fu aperta via Arenula per collegare Ponte Garibaldi con largo di Torre Argentina, provocando altresì la scomparsa del vicolo della Mortella.
Nella Nuova Pianta di Roma di Roma di Giambattista Nolli (1748) il n. 743 indica il Palazzo de’ Signoribus, il n. 740 il Palazzo Santa Croce, il n. 742 piazza Branca, che non affacciava direttamente sulla chiesa parroccchiale di S. Carlo ai Catinari (n. 759), a differenza dell’attuale piazza Cairoli.
Il giardino, ricavato dove un tempo era piazza Branca e l’omonimo palazzo cinquecentesco non più esistente, fu realizzato grazie alla magnanimità di Wilhelm Hüffer (1821-1895). Lo ricorda una targa accanto al civico 2 di Palazzo Signori che recita: “S.P.Q.R. AREA PUBBLICA RIDOTTA A GIARDINO A SPESE DI GIGLIELMO HUFFER MDCCCXC”. Il benefattore era un commerciante tedesco di tabacco che nel 1870 si trasferì da Parigi a Roma con la moglie Costanza Grabau. Nella neonata capitale italiana si fece progettare dall’architetto Gaetano Koch una bellissima villa che si affaccia su via Nazionale.
L’architettura del giardino di piazza Cairoli, inaugurato nel 1890, fu curata dal francese Edouard François André (1840-1911), botanico, vivaista e architetto paesaggista, famoso per aver progettato numerosi spazi pubblici a Parigi (giardini delle Tuileries e Parc des Buttes Chaumont) e più di cento parchi e giardini paesaggistici pubblici e privati in mezza Europa (Russia, Portogallo, Svizzera Olanda, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo, Lituania Monte Carlo) e perfino in Uruguay. A Roma, progettò i giardini di Villa Borghese e il giardino di piazza Cairoli.
ll suo cognome è inciso su uno dei riccioli del catino ottagonale in granito di Baveno della fontana che, su prescrizione della Commissione archeologica comunale, il paesaggista francese abbellì reimpiegando una tazza romana in granito rinvenuta durante lo scavo di fondazione di un edificio a piazza Cenci.
L’attuale sistemazione a verde del giardino di piazza Cairoli non corrisponde più a quella originaria essendo stata riprogettata a più riprese dal Servizio Giardini del Comune di Roma. Ancora una volta ho seguito Vincenzo Lipoli, esperto giardiniere del Comune di Roma, quando ha illustrato l’arredo verde della piazza, caratterizzato dalla presenza di alberi, arbusti e fiori. Le araucarie piantate a fine Ottocento da André non ci sono più. Al loro posto oggi possiamo ammirare una grande quercia, un tiglio e dei platani.
I primi due, il tiglio e la quercia, son due alberi fatti per stare insieme, come tramanda Ovidio nell’ottavo libro delle Metamorfosi, in particolare nel racconto mitologico che racconta la storia di Filemone e Bauci: un giorno Zeus ed Ermes girovagano per la Frigia [a nord-ovest della Cappadocia nell’odierna Turchia] in sembianze umane e quando chiesero ospitalità l’unica a offrirgliela fu l’anziana coppia di anziani Filemone e Bauci, che ignara della loro natura divina, aprì la propria capanna ai due viaggiatori. Lavarono loro i piedi, gli offrirono una merenda e del vino, ma la brocca, per intercessione divina, non si svuotava mai. Al termine del pranzo Zeus condusse l’anziana coppia su una montagna dalla quale scagliò, irato, fulmini sui Frigi distruggendo il borgo sottostante e salvando solo la capanna dei generosi vecchietti che venne trasformata in un tempio. Ai due anziani Zeus chiese di esprimere un desiderio quale ricompensa della gradita ospitalità e i due chiesero di poter diventare sacerdoti del tempio e di morire assieme. Dopo molti anni felici, al momento del trapasso, i due vennero trasformati in due alberi uniti per il tronco: Filemone in una quercia e la sua amata Bauci in un tiglio (dalle foglie a cuore).
Il nostro esperto giardiniere ci ha mostrato anche due grandi platani e ce ne ha indicato uno in particolare, un esemplare di una specie molto diffusa di ibrido tra il Platanus Occidentalis e il Platanus Orientalis, prodotto con ogni probabilità in Spagna nel Seicento, e resistente al micidiale “cancro colorato” che colpisce altre specie di platani. Ad oggi ancora non è stata trovata una cura risolutiva per sconfiggere il Ceratocystis fimbriata, un fungo patogeno in grado di uccidere in pochi anni una pianta secolare. Il dramma è che se una pianta viene colpita l’unica alternativa è abbattere anche quelle adiacenti. Una curiosità: il platano in genere non si pota e, se non viene intralciato, cresce a piramide.
Accanto alla fontana svettano alte palme washingtonie, così chiamate in onore del primo presidente statunitense George Washington (1732-1799). Sono facilmente riconoscibili per le fronde disseccate che partono dalla chioma e per i grappoli di fiori giallastri seguiti da frutti scuri che si formano nei mesi estivi.
Un’ampia aiuola centrale con un tappeto di rose e agapanto, ormai sfioriti e sofferenti per la siccità dell’ultimo periodo, fa da sfondo al monumento in memoria di Federico Seismit Doda (1825-1893), statista irredentista veneto ritratto in atteggiamento pensoso comodamente seduto in poltrona.
Il monumento, realizzato da Eugenio Maccagnani (1852-1930), fu posizionato in questa piazza perché tra i numerosi incarichi, Seismit Doda fu anche ministro delle Finanze durante il regno di Umberto I di Savoia e il governo del garibaldino Benedetto Cairoli (1825-1889) a cui è per l’appunto intitolata la piazza. Sul basamento della scultura è incisa la scritta “sui campi di battaglia / in Parlamento / nei consigli della Corona e del Comune / strenuo propugnatore di libertà / e di patria grandezza”. Il monumento, in bronzo e travertino, fu posizionato qui nel marzo del 1919, quasi quindici anni dopo la sua realizzazione, come si evince dalla data 1905-1906 incisa sul basamento.
Un centinaio di residenti del rione ha dato vita all’Associazione Guglielmo Huffer che si prende cura della pulizia e della manutenzione del giardino, oggi diventato un piacevole luogo di sosta, specialmente all’apice della fioritura.
Durante la nostra passeggiata naturalistica, tre senzatetto prendono il sole facendosi compagnia comodamente adagiati sulle panchine mentre una coppia di amici si sfida a dama all’ombra del grande tiglio utilizzando pedine fatte di tappi di bottiglia e fagioli.
[Maria Teresa Natale]