Presso le sale della GAM – Galleria d’Arte Moderna di Roma è esposta un’opera di grande vivezza ed immediatezza: è il Pescatore di anguille, statua in bronzo realizzata da Dino Basaldella nel 1935, con la quale lo scultore partecipò alla II Quadriennale di Roma.
Nel Pescatore di anguilla (l’uso del singolare è una curiosa variante del titolo dell’opera, ed in effetti uno soltanto è il pesce che il giovane regge nella mano, mentre nell’altra ha un sasso), opera dunque appartenente a questa fase di ricerca del vero, Basaldella coglie l’attimo decisivo in cui un giovane riesce ad afferrare una scivolosissima anguilla. Il ragazzo sta semisdraiato, lo sforzo e la tensione della difficoltosa pesca ne determinano la torsione del busto e il sollevamento delle gambe; gli arti sono entrambi tesi, uno sollevato per lo scatto e per il tentativo di rimanere in equilibrio, per non lasciarsi sfuggire la preda appena catturata, l’altro è simile a un punto di appoggio, a una leva sulla quale il giovane fa forza per non cadere.
Quello del pescatore di anguille è un mestiere antico, ormai quasi scomparso almeno nelle sue forme più tradizionali. Eppure fino a poco tempo fa, ancora alla metà del secolo scorso quando ancora il lavoro manuale era ben più diffuso di quello meccanizzato, il mestiere era assai praticato; un lavoro certamente duro, non di rado ingrato, ma spesso unica fonte di sopravvivenza.
La dimensione di fatica e di speranza di una sorte favorevole accompagnano le uscite per fiumi, per mari e per lagune di tutti i pescatori, e ben traspaiono dalla pesca manuale in cui tanto si impegna Pescatore di Dino Basaldella.
[Chiara Morabito]