In cammino in Bucovina lungo la Via Transilvanica da Putna a Poiana Negri tra foreste e monasteri ortodossi

La Via Transilvanica è un cammino di 1400 chilometri che attraversa tutta la Romania, dal confine con l’Ucraina al confine con la Serbia, ideato da un gruppo di appassionati nel 2018. È diviso in sette segmenti (Bucovina, Highland Region, Terra Siculorum, Terra Saxonum, Terra Dacica, Terra Banatica, Terra Romana), per i quali sono disponibili le tracce GPS e un sito web molto ben fatto, da cui si può scaricare una dettagliata guida al cammino, disponibile in rumeno e in inglese. Il cammino è molto ben segnalato e ad ogni chilometro sono stati collocati cippi scolpiti da artisti. Il trasporto bagagli è facilmente organizzabile per mezzo delle strutture ospitanti e dei taxi locali. Nella guida online sono elencati tutti i punti dei vari segmenti presso i quali ritirare e far timbrare le credenziali con i timbri personalizzati.

Cippi di segnalazione della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Cippi di segnalazione della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
In questo post vi raccontiamo la nostra esperienza di una settimana lungo il primo segmento (Bucovina, nel distretto di Suceava), da Putna a Poiana Negri, sui Monti Carpazi, tra foreste di abeti, faggi, aceri e monasteri moldavi con meravigliose chiese affrescate (a queste ultime abbiamo dedicato un post specifico, ricco di curiosità: Le chiese affrescate della Bucovina meridionale: Suceava, Dragomirna, Putna, Sucevita, Moldovita, Voronet)

Speriamo che queste informazioni possano essere utili a chi voglia replicare la nostra bellissima esperienza.

Credenziali della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Credenziali della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

Primo e secondo giorno – Arrivo all’aeroporto di Suceava – Visita di Suceava – Partenza per Putna

Prendiamo un volo da Roma Fiumicino per l’aeroporto di Suceava nel pomeriggio di un venerdì. Siamo i soli italiani. L’aereo è pieno di passeggeri rumeni che tornano nel loro paese per una breve vacanza e passeggeri ucraini che scelgono questa destinazione, così vicina alla frontiera ucraina. Suceava è a soli cinquanta chilometri dalla frontiera, oltre c’è la Bucovina settentrionale, finora per fortuna non toccata dalla guerra.

L'aeroporto di Suceava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
L’aeroporto di Suceava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Con un taxi, ci facciamo portare in albergo (la graziosa Villa Alice) immersa tra gli alberi. Paghiamo in euro, non possiamo fare altrimenti, non abbiamo ancora valuta locale, il tassista molto gentile, sosta, durante il tragitto, nei pressi di un cambiavalute in centro per consentirci di cambiare un po’ di euro in leu, la moneta locale, indispensabile soprattutto per le piccole spese (quasi sempre, sia negli alberghi che nei ristoranti è possibile pagare con carta di credito, nei paesi più piccoli non sempre sono disponibili sportelli automatici per il prelevamento di banconote).

La mattina successiva la dedichiamo alla visita del centro di Suceava, colonia dacica fondata dai romani in epoca traianea (intorno alla fine del I secolo d.C.) e capitale della Moldavia fino all’annessione all’impero asburgico nel 1775. 

Suceava: selfie nella piazza centrale [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Suceava: selfie nella piazza centrale [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Dopo aver fatto colazione a base di caffè e croissant in un simpatico caffè del centro gestito da giovani, ci avviamo verso la piazza principale, piuttosto anonima. Mi colpisce una scritta sul muro con la scritta Basarabia e Romani, ovvero “La Bessarabia è della Romania”. Mi sento ignorante. Dov’è la Bessarabia?

Suceava: Basarabia e Romani [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Suceava: Basarabia e Romani [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
La Bessarabia è una regione ricca di storia, tra i fiumi Prut e Nistro, che per secoli ha svolto la funzione di cuscinetto tra Austria, impero russo e impero ottomano, il cui territorio a partire dal 1812 è appartenuto prima alla Russia, poi alla Romania e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, all’Unione Sovietica. Oggi la parte settentrionale fa parte della Moldavia, quella meridionale dell’Ucraina. Il toponimo non ha nulla a che vedere con l’Arabia ma deriva dalla dinastia principesca valacca di Basarab.

A piedi ci rechiamo alla chiesa di San Giorgio, costruita nel 1522 e facente parte del gruppo delle chiese dipinte della Bucovina, dal 1993 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco (vedi descrizione del monastero nel post dedicato).

Suceava: Monastero di San Giorgio [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Suceava: Monastero di San Giorgio [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
All’uscita prendiamo al volo un taxi e ci facciamo condurre in un’area commerciale per acquistare da Decathlon alcuni oggetti funzionali al nostro cammino (complimenti al personale, gentile, poliglotto e preparato) e fare una passeggiata nel simpatico mercato locale presso il quale è possibile comprare attrezzi, vestiario, casalinghi e cibo.

Suceava: mercato [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Suceava: mercato [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Sarà il nostro battesimo con la lingua rumena. Pensavamo di giungere in un paese di lingua romanza e di essere in qualche modo facilitati, invece ci siamo resi conti di capire ben poco sia rispetto alla lingua parlata sia a quella scritta per la presenza di moltissime parole di origine slava e russa, senza contare l’ampio uso di dialetti. Spesso comunque, ma non sempre, troviamo rumeni che parlano l’inglese o l’italiano, avendo avuto un’esperienza lavorativa nel nostro paese. Consigliamo però, prima della partenza, di stilare un vocabolario con un centinaio di parole necessarie per comunicare. Per esempio, “grazie” si dice “mulțumesc“, “buongiorno” si dice “buna dimineata“!

Con un ulteriore taxi (per fortuna, le tariffe sono molto contenute) andiamo al Monastero di Dragomirna, a una ventina di chilometri di distanza, isolato della campagna, nei pressi del fiume omonimo, un luogo di pace e tranquillità, dove finalmente possiamo rilassarci dallo stress capitolino e avvicinarci all’atmosfera del cammino. Iniziamo anche a familiarizzare con le iconografie pittoriche delle chiese ortodosse, che ritroveremo più volte nel nostro cammino, ogni volta con sfumature e dettagli diversi (vedi descrizione del monastero nel post dedicato).

Monastero di Dragomirna
Monastero di Dragomirna

All’uscita ci facciamo una foto di gruppo, si offre di scattarcela un rumeno nato a Latina e tornato a vivere in Romania che orgogliosamente ci mostra la carta d’identità col suo luogo di nascita.

Dal Monastero di Dragomirna torniamo alla bella stazione ferroviaria di Suceava, fatta costruire dagli austriaci negli anni Settanta dell’Ottocento da dove prenderemo il treno per Putna. Abbiamo ancora un’oretta a disposizione e facciamo quattro passi nel quartiere adiacente, piuttosto fatiscente e disseminato di case popolari, ma comunque servito da una linea di autobus green che passa ogni pochi minuti, raccolta differenziata con moderni contenitori per la raccolta dei rifiuti, centri anziani.

Ci fermiamo a prendere una bibita in un chiosco locale e inaspettatamente la radio intona Il bel Danubio blu. Abituati ad ascoltarlo in occasione del Concerto di Capodanno trasmesso dalla Sala dorata del Musicverein di Vienna, non ci saremmo mai aspettati di sentire le celebri note di Johann Strauss in un anonimo chiosco di un umile quartiere periferico di Suceava.

È ora di prendere il treno. Alla stazione abbiamo modo di fare quattro chiacchiere con una signora rumena che lavora a Tivoli ed è tornata in Bucovina per passare un breve periodo di vacanza con la famiglia.

Stazione ferroviaria di Suceava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Stazione ferroviaria di Suceava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ci metteremo due ore e mezzo per arrivare a Putna, distante solo settanta chilometri da Suceava. Il treno è lentissimo, si ferma in tantissime stazioni, va avanti, indietro, cambia locomotore. Il ritmo giusto per prepararsi al cammino del giorno dopo. Il paesaggio è piuttosto monotono, distese di campi di cereali, coltivati per lo più a mais fino all’arrivo a Putna, circondata da colline boscose. Sul treno incontriamo tre ragazzi rumeni di quindici, sedici e diciotto anni che faranno lo stesso nostro cammino con zaino e tenda in spalla. Li riincontreremo lungo il percorso. 

Viaggio in treno da Suceava a Putna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Viaggio in treno da Suceava a Putna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Prendiamo alloggio nella comodissima pensione Musatinii: alla reception ci accoglie la gentile e professionale Lica, la quale parla benissimo l’italiano avendo lavorato per ben diciassette anni in Italia. 

Ottima la cena a base di polenta e porcini, verza e patate lesse, gelato artigianale di mirtilli  servito in contenitori di terracotta.

Tranne qualche eccezione, in genere mangeremo piuttosto bene: colazioni con immancabili uova, pomodoro e centriolo, marmellate casarecce, pranzi al sacco e cene a base di ciorbă (una minestra preparata con ingredienti diversi), mămăligă (polenta a base di farina di mais), mici (polpette cilindriche a base di carne di manzo speziate con la santoreggia), sarmale (involtini di foglie di verza o di vite farciti con macinato di carne di maiale, riso, più altre verdure speziate) e altre pietanze a base di verdura, carne e pesce.

Gastronomia rumena [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Gastronomia rumena [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

Terzo giorno: Da Putna a Sucevița  

È il grande giorno. Inizia il nostro cammino lungo la Via Transilvanica, tappa da venti chilometri con un dislivello di 400 metri. Per prima cosa, dopo una ricca e gustosa colazione in albergo, andiamo a  visitare il Monastero di Putna, fatto costruire da Stefano cel Mare, noto come Stefano il Grande,  nella seconda metà del Quattrocento (vedi descrizione del monastero nel post dedicato). Presso il piccolo museo acquistiamo le credenziali da un monaco arcigno, che appone il timbro con la stessa attenzione con la quale copierebbe un antico manoscritto.

Monastero di Putna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Monastero di Putna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Torniamo indietro, purtroppo l’orario non ci consente di visitare il Museo delle uova di Pasqua, uno dei più importanti della Romania, e imbocchiamo la strada che costeggia il fiume Putnișoara, poco dopo aver fiancheggiato il bel cippo con la sagoma di Stefano  il Grande.

Prima di inoltrarci nel bosco, un pannello ci avvisa del possibile incontro con un orso bruno dopo il tramonto. Non abbiamo mai corso questo rischio avendo sempre terminato le nostre tappe molto prima. C’è da dire che, secondo fonti accreditate, sui Carpazi vivono più di seimila orsi, quasi la metà di quelli presenti in Europa. Pur essendo protetti, in periodi di grande densità o rischio di danni, la Romania ne consente la caccia, incentivando il turismo venatorio. Turisti stranieri sono disponibili a pagare migliaia di euro per partite di caccia all’orso, al lupo e alla lince. Nel 2021 è stato ucciso a fucilate Arthur, un orso di 17 anni, vera e propria mascotte del paese. Per contro, l’orsa Ji4, ritenuta responsabile di un’aggressione mortale in Trentino e più volte a rischio di abbattimento dovrebbe essere trasferita in Romania presso il Libearty Bear Sanctuary a Zărnești in Transilvania, allestito in un querceto di settanta ettari dove i plantigradi possono muoversi in libertà e sono protetti e curati.

Attenti all'orso! [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Attenti all’orso! [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Avvicinandoci a Sucevița, incrociamo delle raccoglitrici di mirtilli. Le foreste sono piene di cespugli di mirtillo selvatico di montagna, veramente gustoso, apprezzatissimo anche dagli orsi. Uno dei mercati in via di sviluppo della Romania è proprio la coltivazione dei mirtilli su larga scala, realizzata con moderne tecniche per l’irrigazione, la protezione dalla grandine, il confezionamento.

Raccoglitrici di mirtilli nella foresta di Sucevița [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Raccoglitrici di mirtilli nella foresta di Sucevița [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Talvolta i sentieri e le carrarecce, utilizzati da mezzi adibiti al trasporto della legna non sono agevoli da percorrere per la presenza di pozze di fango anche profonde. Inoltre, può succedere di incontrare gruppi di appassionati delle due e quattro ruote che si dilettano in percorsi off-road in fango estremo, rimanendo talvolta incastrati. E allora la silenziosa foresta,  generalmente animata dal fruscio delle foglie e dai gorgheggi degli uccelli, diventa insopportabilmente rumorosa.

Foresta di Sucevița: fuoristrada allestiti per i percorsi off-road [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Foresta di Sucevița: fuoristrada allestiti per i percorsi off-road [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
A metà pomeriggio, giungiamo al Monastero di Sucevița, col bellissimo affresco della Scala delle Virtù dipinto lungo una delle pareti esterne della chiesa, intitolata alla Resurrezione di Cristo  (vedi descrizione del monastero nel post dedicato).

Monastero di Sucevița [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Monastero di Sucevița [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dormiamo alla Pensione Kristina, un paio di chilometri oltre il monastero, già lungo la direttrice della tappa successiva. L’alloggio è comodo, la signora è gentilissima, ci serve la cena in cortile e ci consente di fare una lavatrice, essendoci infangati lungo la discesa per Sucevița.

Selfie alla Pensione Kristina [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Selfie alla Pensione Kristina [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]

Quarto giorno: da Sucevita a Vatra Moldoviței 

Dopo una ricca colazione ci mettiamo in cammino. Nella parte iniziale costeggiamo la strada principale, fiancheggiata da graziose villette, ognuna con il proprio pozzo coperto da un rivestimento decorato.

Caratteristici rivestimenti dei pozzi della Bucovina [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Caratteristici rivestimenti dei pozzi della Bucovina [Foto: Gianluca Gallone, CC BY NC SA]
Ci aspetta una tappa impegnativa, una ventina di chilometri con un dislivello di quasi 1200 metri, dei quali 800 sono concentrati lungo una salita piuttosto erta che ci costringe a numerose soste per riprendere il fiato. In cima alla salita, giungiamo a una poiana, una prateria con radi edifici rurali. Accanto a uno di essi, facciamo la conoscenza di una coppia di contadini, Johanna e Mihai, lei con pantaloni a fiori e velo sul capo, dal viso dolcissimo, lui con berretto nero e rada barba. Accudiscono sei mucche, in compagnia dei graziosi nipoti che sono venuti a passare qualche giorno in montagna con i nonni. Lei parla una lingua per noi incomprensibile, forse un dialetto, ci capiamo comunque benissimo a gesti, lui ci fa capire di essere stato in Italia, nomina Torino, Cuneo, Cosenza, la Calabria. Ci offrono formaggio, acqua, mosto e caffè. Lasciamo una piccola offerta di ringraziamento e proseguiamo. Senz’altro è stato uno degli incontri più intensi del cammino che prosegue con saliscendi tra foreste e praterie.

Johanna e Mihai [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Johanna e Mihai [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il cammino è segnalato benissimo, ma è sempre meglio avere con sé le tracce GPS. Infatti proprio in questa tappa ci è capitato due volte di non ritrovare il tracciato in prossimità di foreste adiacenti ampi spazi aperti. Se la prima volta siamo riusciti a localizzare la familiare T nel cerchio arancione su un piccolo edificio rurale, la seconda volta siamo stati costretti a riguadagnare il sentiero districandoci tra gli alberi della foresta con l’aiuto del GPS. Peraltro, è proprio qui che abbiamo avuto il nostro battesimo con un paio di cani della Bucovina che si sono avvicinati abbaiando minacciosi. Per precauzione, ho estratto dalla tasca il dissuasore a ultrasuoni, ma per fortuna non sono stata costretta a usarlo.

Poiana della Bucovina [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Poiana della Bucovina [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Arriviamo alla meta finale, Vatra Moldoviței , un comune di 5000 abitanti disseminati su tre villaggi sorti nella valle del fiume Moldovița. Qui negli anni della seconda guerra mondiale, viveva una nutrita comunità di abitanti di etnia tedesca. 

Pur se stanchi, visitiamo il bellissimo monastero femminile Moldovita, con straordinari affreschi esterni raffiguranti l’Assedio di Costantinopoli, l’albero di Jesse e un Giudizio universale piuttosto rovinato (vedi descrizione del monastero nel post dedicato). Prima di lasciare il Monastero ci facciamo mettere il timbro sulle credenziali.

Monastero Moldovita [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Monastero Moldovita [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dormiamo alla pensione Alexandra, in posizione strategica, a pochi passi dal Monastero. Nicoletta e Paolo, i due gentilissimi gestori, ci coccolano con un’ottima cena a base di zuppa, foglie di cavolo ripiene con riso (sarmale), cheesecake nostrano e liquore di mirtillo, una delle migliori cene del cammino. 

Pensione Alexandra: Nicoletta e Paolo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Pensione Alexandra: Nicoletta e Paolo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

Quinto giorno: da Vatra Moldoviței a Pasul Mestecăniș 

Non avendo sufficienti giorni a disposizione, decidiamo di saltare la tappa che da Vatra Moldoviței conduce a Sadova e con un taxi ci facciamo portare all’incrocio per Fundu Moldovei lungo la E58. Da lì proseguiamo a piedi costeggiando insediamenti sparsi. Inaspettatamente in cima a dei pali elettrici scorgiamo due cicogne che hanno nidificato. Ci fermiamo poi per un caffè in un localino lungo la strada dove la simpatica Lionela ci offre anche del salame. 

Fundu Moldovei, l'ostessa Lionella [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Fundu Moldovei, l’ostessa Lionella [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Proseguiamo il cammino, costeggiando una chiesetta abbandonata, rivendite di materiali da costruzione, operai al lavoro su trabattelli di legno, un piccolo supermercato, una fonte dove incrociamo una coppia di tedeschi, anch’essi intenti a percorrere la Via Transilvanica. Un vecchio carretto trainato da un cavallo viene utilizzato per il trasporto dei bidoni del latte. In Bucovina, il trasporto a trazione animale è ancora ampiamente sfruttato.

Carretto tradizionale della Bucovina per il trasporto del latte [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carretto tradizionale della Bucovina per il trasporto del latte [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Superato il ponte sulla Moldova (dove troviamo anche uno sportello automatico bancomat), ritroviamo la traccia e proseguiamo in direzione di Pasul Mestecăniș lungo un’agevole carrareccia. Il percorso è tranquillo, camminiamo per un breve tratto assieme alla coppia di tedeschi e poi proseguiamo il percorso fiancheggiato da giovani abetaie, alti felceti e ampi tratti di prateria, rigorosamente recintati. Sostiamo per il picnic accanto a un campo di cespugli di mirtilli selvatici: dessert e labbra viola assicurati. 

Verso Pasul Mestecăniș [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso Pasul Mestecăniș [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Scavalliamo il punto più alto del monte nei pressi di una lunga vaccheria per poi percorrere la discesa finale che si conduce al passo (1096 m), luogo di sosta per chi transita lungo la E58 e stazione sciistica nel periodo invernale. Anche oggi abbiamo camminato una ventina di chilometri con un dislivello di un migliaio di metri spalmato su un tratto molto ampio e quindi poco faticoso. Dormiamo in una pensioncina al passo che ci propone due graziosi bungalow di legno con bagno in camera e meravigliosa doccia bollente in un edificio separato. 

In un bel caffè gustiamo finalmente i papanasi rumeni, sorta di bignè fritti e farciti con marmellata di mirtilli o fragoline di bosco e panna acida: una vera delizia per il palato.

Papanasi rumeni [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Papanasi rumeni [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

Sesto giorno: da Pasul Mestecăniș a Vatra Dornei

La tappa successiva, di una ventina di chilometri con 800 metri di dislivello, non presenta particolari difficoltà. Il percorso è agevole e sempre ben segnato. Incontriamo raccoglitori di mirtilli che parlano italiano e si lamentano della mancanza di lavoro e un appassionato ricercatore di militaria in cerca di cimeli delle guerre mondiali. 

Raccoglitori di mirtilli [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Raccoglitori di mirtilli [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Lungo il sentiero incrociamo il monastero di Saint Pantelimon, costruito nel 1999 per volere del sindaco che aveva una zia che ai tempi del comunismo avrebbe voluto ritirarsi in un monastero ma non aveva potuto coronare il suo sogno.

Monastero di Saint Pantelimon [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Monastero di Saint Pantelimon [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dopo una lunga gimkana tra le pozzanghere, costeggiamo un campo costellato di strani contenitori a imbuto, dotati di una retina o griglia a esagoni collocata di fronte a un’apertura. Ci chiediamo se non siano delle arnie, ma non ne siamo assolutamente certi. Ad ogni buon conto, la Romania è il maggior produttore di miele dell’Unione Europea e la nazione con la presenza di maggior numero di alveari nelle fattorie.

Contenitori a imbuto [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Contenitori a imbuto [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Giunti in cima alla collina, da un ampio slargo godiamo della vista sul massiccio del Giumalău, nei cui pressi si conserva una delle foreste vergini d’Europa con abeti rossi centenari e sicomori, vero paradiso per gli animali selvatici.

L’arrivo a Vatra Dornei ci coglie quasi di sorpresa. Dopo che per giorni abbiamo camminato nel silenzio, sostando presso villaggi privi di veri e propri centri storici, giungiamo in una grossa cittadina, stazione sciistica e termale molto rinomata all’epoca dell’impero austro-ungarico tra il 1775 e il 1918, sorta alla confluenza tra i fiumi Bistrița e Dorna. Oggi si presenta come una città piuttosto decadente, anche se i numerosi cantieri attivi sia in periferia sia nel centro storico denotano un grande fermento. Del resto, Vatra Dornei è un centro importante, dotato di una stazione ferroviaria lungo la linea per Cluj-Napoca.

L’edificio più bello è l’imponente casinò progettato dall’architetto austriaco Peter Paul Brang alla fine dell’Ottocento accanto al frequentato parco pubblico.

Il vecchio casinò di Vatra Dornei [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il vecchio casinò di Vatra Dornei [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Per farsi timbrare le credenziali ci si può recare presso il Centro turistico o presso l’Hotel Silva, ambedue di fronte alla stazione ferroviaria.

Come alloggio abbiamo scelto la bella Vila Class, ​albergo ospitato all’interno di un edificio in stile chalet, nei pressi della chiesa cattolica. La struttura è gestita da una signora di classe ed elegante che però non parla una parola d’inglese, così per comunicare ci serviamo di un’applicazione vocale.

Settimo e ottavo giorno: da Poiana Negri a Vatra Dornei – Voronet – Rientro dall’aeroporto di Suceava

È l’ultimo giorno di cammino prima del rientro in Italia. Dal momento che la sera prenderemo il treno, decidiamo di percorrere in senso contrario questa tappa di circa diciotto chilometri con 870 m di dislivello. Lasciamo i bagagli in hotel e ci facciamo portare con un taxi a Poiana Negri presso il bellissimo agriturismo Poiana dove ci facciamo timbrare le credenziali e incrociamo il cammino.

Il primo tratto è piacevolissimo, un piccolo sentiero si snoda tra i prati e spesso dobbiamo oltrepassare staccionate lignee collocate lungo il sentiero per evitare il passaggio delle mucche.

Le campagne di Poiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Le campagne di Poiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ha inizio poi un’antipatica salita sistemata di recente ad asfalto e pietrame per facilitare il trasporto del legname che ci fa quasi pentire di aver fatto la scelta di terminare il cammino con questa tappa. Qui il taglio del legname è molto evidente e – come ci racconterà una signora che incontreremo il giorno dopo – le foreste di Poiana Negri si stanno impoverendo grazie a uno sfruttamento massiccio. Come denunciato da numerose associazioni locali e inchieste giornalistiche, vi sono – e non solo qui – numerose attività di deforestazione illegale che stanno depauperando le foreste vergini della Romania, ultimo polmone verde d’Europa.

Tra le foreste di Poaiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Tra le foreste di Poaiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Una rigida normativa regolamenta il taglio, il trasporto e la vendita di alberi caduti, sradicati, secchi, malati, ma la corruzione la fa da padrona e spesso le guardie forestali, d’accordo con le aziende che si sono aggiudicate i bandi, favoriscono il taglio di alberi sani. In teoria, prima della messa a bando di un lotto andrebbero marcati solo gli alberi cosiddetti “incidentati”, invece la marcatura iniziale è parziale e viene portata a termine solo poco dopo l’assegnazione con la marcatura di alberi sani, rispettando comunque il numero totale ammesso dal bando. È il cosiddetto “metodo dell’addizione“, messo in pratica da una vera e propria mafia del legname, alimentata anche da imprenditori austriaci che hanno delocalizzato le loro segherie in Romania. Il fenomeno è talmente radicato che ben poco possono fare il monitoraggio delle associazioni locali e il  rilevamento GPS dei camion. Secondo l’Osservatorio Global Forest Watch, nel 2010 la Romania disponeva di 6,5 milioni di ettari di foreste naturali, che si estendevano per oltre il 32% della sua superficie terrestre, sceso al 27% nel 2022. 

Lo sfruttamento del legname nelle foreste della Bucovina [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Lo sfruttamento del legname nelle foreste della Bucovina [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Mentre saliamo infastiditi, la temperatura inizia a salire e il cammino diventa faticoso. Raggiungiamo un’ampia radura al termine della strada asfaltata e decidiamo di fermarci per una merenda. Il cielo è azzurro sopra le nostre teste, ma a poca distanza si stanno addensando nuvole minacciose. Siamo abbastanza tranquilli, la meteo ci aveva rassicurato prospettando un 50% di probabilità di leggeri piovaschi. Cadono poche gocce, indossiamo una copertura impermeabile e ci ripariamo sotto i rami di un giovane albero per gustarci il nostro panino, ma nell’arco di un minuto accade l’imponderabile: un rumore forte, compatto, improvviso sale d’intensità dietro le nostre spalle e immediatamente dopo udiamo lo scricchiolio di alcuni tronchi che iniziano a spezzarsi. In un istante, senza nemmeno un cenno, ci alziamo di scatto e balziamo in avanti verso la radura, giusto in tempo per sentire lo schianto di due alberi dietro le nostre spalle.

Tromba d'aria a Poaiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Tromba d’aria a Poaiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il tutto si è svolto così rapidamente che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di avere paura. Ci voltiamo e vediamo che uno dei due tedeschi seduti nelle vicinanze è rimasto incastrato sotto i rami. Il compagno lo chiama, all’inizio non c’è risposta, momento di preoccupazione e panico, ma per fortuna lentamente riemerge incolume. Il tempo di riprenderci ed ecco che inizia a piovere a dirotto, così tutti insieme ci dirigiamo verso una piccola costruzione rurale in cerca di riparo. Consultiamo la meteo secondo la quale dopo un’oretta tornerà il sole. Nel frattempo il temporale rimbomba sulle nostre teste mentre commentiamo l’avventura, che per fortuna stavolta si è conclusa bene.

Passata la tempesta, riprendiamo il cammino lungo un sentiero nella foresta. Il bilancio della tempesta è stato inclemente: incrociamo moltissimi alberi sradicati che ci costringono a scavalcamenti o accerchiamenti per poter proseguire. Eppure questo sarà uno dei tratti del cammino che ricorderemo con maggior piacere: la foresta inizia piano piano a rianimarsi, gli uccelli riprendono a intonare le loro arie, i fiori si mettono in mostra sotto i raggi del sole, le fragoline di bosco non attendono altro di essere raccolte per consolarci della disavventura e da un momento all’altro potrebbero sbucare tra i tronchi folletti o altre creature magiche.

Incrociamo una quattro per quattro e li informiamo del cammino interrotto. Veniamo a sapere che c’è stata una vera e propria tromba d’aria che ha creato moltissimi danni in tutto il territorio di Poiana Negri.

Alberi divelti dalla tromba d'aria nella foresta di Poiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Alberi divelti dalla tromba d’aria nella foresta di Poiana Negri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Al termine del sentiero raggiungiamo un’ampia radura, punto di arrivo della seggiovia di Vatra Dornei. Alcune strutture ospitano una colonia di ragazzi in vacanza in montagna che, dopo la pioggia, giocano all’aria aperta. Ancora umidi e infreddoliti, ci fermiamo per una sosta al rifugio Collina nera. Naturalmente ci siamo solo noi, però la gestrice è lieta di prepararci delle cioccolate calde accompagnate da un tre gustose fette di dolce fatto in casa. Michela, in un italiano quasi perfetto, ci racconta di aver lavorato diversi anni in Brianza con il marito e di essere rientrata in Romania perché i figli, allora piccoli, venivano bullizzati a scuola. Con il marito hanno vinto il bando per la gestione del rifugio e ora sono molto più felici.

Raggiungiamo Vatra Dornei scendendo lungo un sentiero piuttosto ripido ai piedi della seggiovia fino a raggiungere la periferia della cittadina costellata di bellissime abitazioni con ridenti giardini, alcune di notevole interesse storico.  Un selfie è d’obbligo di fronte all’ultimo segnacolo della Via Transilvanica della nostra vacanza.

Selfie a Vatra Dornei [Foto: Lucrezia Diaco, CC BY NC SA]
Selfie a Vatra Dornei [Foto: Lucrezia Diaco, CC BY NC SA]
Dopo un’ottima cena a base di trota con patate presso il ristorante dell’Hotel Carol, ci rechiamo alla stazione ferroviaria, dove puntualmente alle 20,30  prendiamo il treno per Gura Humorului dove arriviamo un paio d’ore dopo. Abbiamo deciso di sostare qui l’ultima notte per poter andare a visitare la mattina dopo il Monastero di Voronet, il più bello della Bucovina, con lo straordinario Giudizio universale affrescato nel vestibolo della chiesa che le ha reso l’onore di essere riconosciuta come la “Cappella Sistina d’Oriente”  (vedi descrizione del monastero nel post dedicato).

Monastero di Voronet [Foto: Lucrezia Diaco, CC BY NC SA]
Monastero di Voronet [Foto: Lucrezia Diaco, CC BY NC SA]
Lo stesso taxi che dall’albergo ci ha portato al monastero ci accompagna anche all’aeroporto di Suceava. Silviu, il tassinaro, è uno studente di 21 anni che, avendo la patente, cerca di guadagnare qualche soldo nel periodo estivo. Studia all’università e vorrebbe presto viaggiare e lavorare nel turismo.

Abbiamo trascorso una settimana in Romania, ci riportiamo nello zaino pochi vestiti che attendono solo di essere messi in lavatrice, ma tante esperienze legate a un cammino che ci sentiamo senz’altro di raccomandare a chi è interessato a percorrere la Bucovina a passo lento lungo la Via Transilvanica.

[Maria Teresa Natale]

2 comments

  1. Ciao Maria Teresa, un cammino affascinante, avventuroso e anche interessante dal punto di vista storico artistico. Mi ricordo che ne avevamo parlato in una bellissima giornata trascorsa insieme. Grazie per farci conoscere sempre qualcosa di nuovo.

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