La Balduina e il rapimento di Aldo Moro

Una passeggiata che abbiamo condotto nella zona della Balduina ci ha indotti a riprendere in considerazione un interessante, sebbene drammatico, aspetto della vicenda del rapimento di Aldo Moro, evento del quale fra l’altro ricorreva, di recente il 45ennale.

Vediamo dove, come e perché, stando alle testimonianze e ricostruzioni, proprio la Balduina sarebbe stata lo scenario in cui si sarebbero svolti alcuni fatti relativi al sequestro.

Premettiamo che ovviamente non pretendiamo di fornire né clamorose rivelazioni né valide ipotesi ricostruttive, per le quali non abbiamo né dati certi né competenze di giornalismo d’indagine. Tuttavia, vale la pena mettere in evidenza come il nostro territorio, anche nei suoi angoli più nascosti, nelle sue strade meno centrali e meno note, frequentate di fatto solo dai residenti, conservi brani della nostra Storia, siano essi grandi eventi o piccoli episodi. Tutto ciò è ancora più interessante qualora si voglia considerare che la vicenda del sequestro Moro rappresenta una delle fasi più drammatiche e angosciose della storia dell’Italia repubblicana, una vicenda ancora oggi dai contorni oscuri, sfumati e sfuggenti, ben lungi dall’essere chiariti e tantomeno risolti.

Giorni or sono, si diceva, la nostra passeggiata prese le mosse da piazza Madonna del Cenacolo, estremità nord della Balduina, zona che – per inciso – si ricorda che è appunto solo una “zona”, cioè un’area non definita da confini precisi, estesa all’interno del Quartiere XIV, il Trionfale; si tratta, vale a dire, di una parte del suddetto quartiere non riconosciuta amministrativamente, non delimitata da chiari confini topografici e toponomastici, ma tuttavia resa riconoscibile da connotati storici (sviluppo edilizio a partire dagli anni Venti, poi il boom negli anni Cinquanta), urbanistici (il tema della “palazzina”) e sociali (abitata da ceto sociale medio-alto) piuttosto evidenti, ciò che ne fa appunto una zona a sé stante, “la” Balduina.

Dalla piazza risalimmo poi lungo via della Balduina (che dalla piazza si diparte, verso su e verso giù) per giungere alla sua fine (all’altezza dello slargo in cui si incrociano via Massimi e via Alfredo Durante) per inoltrarci, poche decine di metri più in su, fino a via Massimi. Proprio i luoghi in cui si svolsero le prime drammatiche e concitate fasi del rapimento del Segretario della Democrazia Cristiana.

Stando alle ipotetiche ricostruzioni, alle successive confessioni, alle indagini tuttora in corso (Commissione Parlamentare di inchiesta risalente agli anni 2014-2016), la dinamica dei fatti e i luoghi sarebbero stati i seguenti: 16 marzo 1978, ore 9.00 del mattino circa, Aldo Moro esce dalla sua casa in via del Forte Trionfale 89, accompagnato dai cinque membri della sua scorta.

Targa commemorativa dei cinque agenti della scorta uccisi in via Fani [Fonte: Wikipedia, CC BY-SA 3.0, by BlackCat]
Targa commemorativa dei cinque agenti della scorta uccisi in via Fani [Fonte: Wikipedia, CC BY-SA 3.0, by BlackCat]
All’incrocio fra via Mario Fani e via Stresa i brigatisti (il numero effettivo di componenti del commando non è ancora stato appurato) assaltano le macchine su cui viaggiano il Segretario e la sua scorta. L’eccidio si scatena, le cinque guardie del corpo vengono trucidate, Aldo Moro è rapito e costretto a salire su una delle (forse) due macchine dei rapitori.

Una delle auto, una Fiat 132, riparte dall’ incrocio del massacro, risale via Stresa, gira a destra lungo via Trionfale, passa davanti alla chiesa di San Francesco d’Assisi a Monte Mario, per girare di nuovo a destra. A questo punto la ricostruzione si fa più farraginosa, anche perché la viabilità romana del 1978 non è certo la stessa di oggi. Ciò che tuttavia appare abbastanza chiaro è che le auto del commando brigatista puntano verso la zona della Balduina alta. Giungono nei pressi di via Marcello Casale de Bustis: la via, oggi come allora, è chiusa, una strada senza uscita da qualunque parte la si prenda. Con l’aiuto di tronchesi i brigatisti rompono le catene, o comunque rimuovono l’ostacolo che impedisce loro il varco, e si avviano a scendere in direzione di piazza Madonna del Cenacolo.

Sembrerebbe che nella vicinissima via Giancarlo Bitossi, una traversa della più ampia via della Balduina, stia ad attenderli un furgone, sul quale l’Onorevole sarebbe stato poi caricato.

Il commando giunge dunque a piazza Madonna del Cenacolo, uno slargo decisamente ampio, avvolto dal rassicurante silenzio che avvolge ogni zona residenziale, e circondato dalla moderna raffinatezza di palazzine costruite negli anni Cinquanta. È questa, infatti, la tipologia abitativa che caratterizza l’urbanizzazione delle zone benestanti romane negli anni del boom edilizio del secondo dopoguerra, e dunque anche della Balduina, e che ne fa una zona “bene”: rivestimenti in cortina, luminosi terrazzi, verdeggianti giardini che accolgono i residenti all’ingresso dei singoli condomini o dei comprensori, aiuole e fontane non di rado decorate da sculture o rilievi realizzati da artisti che (divisi fra Informale, scultura astratta e altre correnti artistiche dell’epoca) ricevettero incarichi e commissioni per abbellire gli spazi comuni dei condomini e dei comprensori dei professionisti che vennero a popolare la nuova, signorile Balduina.

Qui, nello slargo all’interno della stessa piazza che si apre davanti alla casa generalizia delle suore di Nostra Signora del Cenacolo, la relativa calma che circonda la zona favorisce il furtivo trasferimento di Aldo Moro dalla macchina al furgone; e da qui le auto e il furgoncino ripartono immediatamente per dirigersi (probabilmente) presso il covo di via Montalcini, in zona Portuense.

Ecco dunque che la quieta, borghese piazza balduinense sarebbe stata lo scenario di una delle prime fasi del tragico sequestro.

Nel frattempo uno o più terroristi del gruppo parcheggia e lascia una delle automobili del commando nella non distante via Licinio Calvo, e il gruppo si dirige poi appunto verso la zona del Portuense, percorrendo quelle strade, sia ampie che laterali, i cui toponimi certamente risuoneranno familiari a chi è di zona: via Mario Fascetti (dove fra l’altro, fu poi scoperto, aveva sede un covo di brigatisti), via Armando di Tullio, via di Valle Aurelia, via Umberto Moricca, altura della Madonna del Riposo, via di Villa Carpegna, via del Casaletto, fino al nascondiglio di via Montalcini.

E questa è un’ipotesi. Ma la Commissione Parlamentare di inchiesta degli anni 2014-2016 ha ipotizzato un altro svolgimento dei fatti, in cui comunque la Balduina è, ancora una volta, zona coinvolta: giunti nei pressi di via Massimi, infatti, i brigatisti avrebbero portato l’ostaggio in un covo sito proprio fra via della Balduina 323 e via Massimi 91. Si tratta di un unico stabile, con tanto di giardino e rampe che danno accesso ad alcuni garage. Ancora oggi via Massimi 91 è l’ingresso principale per i residenti mentre via della Balduina 323 corrisponde all’accesso ai garage.

Diamo ora la parola alla relazione della suddetta Commissione: «Diversi elementi già esposti sembrano far propendere per la presenza nella zona di un luogo in cui i brigatisti avrebbero potuto trovare rifugio con o senza l’ostaggio. Si ricorda a tale proposito che l’ipotesi che Moro fosse stato trattenuto, per un periodo più o meno lungo, nella zona della Balduina fu più volte avanzata»; inoltre, secondo alcune testimonianze, non si esclude che «che il Presidente Moro poté essere tenuto in sequestro in due o più luoghi diversi, il primo dei quali, forse anche avente carattere di extraterritorialità, in località non distante da via Fani». Altri testimoni riferirono che «Moro sarebbe sempre rimasto nella stessa prigione, dalla quale si poteva accedere da un garage con ingresso su via della Balduina, fino alla vigilia della morte», e che nella parte alta di via della Balduina […] esisterebbe un garage» attraverso il quale passarono i rapitori dell’Onorevole, e allo stesso tempo «in via della Balduina 323 esisteva l’accesso al garage privato di due palazzine con ingresso principale in via Massimi 91 di proprietà dello IOR, […] l’ingresso del garage era isolato ed era stato ricavato entro un muro di cinta alto tre metri e lungo un centinaio di metri […], anche tale autorimessa è stata ispezionata ma nessun elemento è emerso a conferma di quanto riferito» nelle varie testimonianze.

Fa una certa impressione passare davanti a questi due numeri civici, tutt’oggi ben visibili e che si susseguono l’uno dietro l’angolo dell’altro: palazzine ben curate, indifferenti a tanto tragico passato ed immerse in un quieto, rassicurante presente, circondate da altissimi pini e affacciate sull’ampia vallata del bellissimo (e maltrattato) Parco Regionale Urbano del Pineto. E lascia ancora più attoniti pensare che proprio queste siano state le strade, l’asfalto, i mattoni che hanno visto (se potessero parlare…) la Verità di fatti che noi uomini fatichiamo ancora così tanto a ricostruire…

Fra le varie ipotesi relative al tragitto compiuto dai sequestratori insieme all’ostaggio, infine, vale la pena ricordare il cosiddetto “tunnel del potere”, una galleria che si sarebbe snodata (o si snoderebbe?…) dal Quirinale, attraverso poi Palazzo Chigi, Camera dei Deputati, Viminale, passando poi per il Ministero della Marina, il Policlinico Gemelli, e l’area compresa fra i forti Boccea, Braschi e Trionfale. Nel 1997 sarebbe stato casualmente scoperto il tratto che corre nella zona di Roma Nord, e proprio da quelle parti, e proprio nella mattina del 16 marzo 1978, alcune testimonianze riferiscono di strani, concitati spostamenti effettuati da un gruppo di cinque uomini, uno dei quali portato a spalla dagli altri, forse ferito. L’esistenza del suddetto tunnel tuttavia è sempre stata smentita dalle autorità. Un elemento, questo del misterioso sottopassaggio, a cui non diamo né credito né discredito, ma che comunque riportiamo qui per maggiore quantità di informazioni relative alla zona di Balduina/Roma Nord e ai suoi ipotetici legami con la vicenda del sequestro Moro.

Questo breve articolo non nasce solo dalla volontà si scoprire brani della nostra Storia nascosti fra le vie, i giardini, i muri della nostra città, non nasce solo per amore della Storia e per amore per Roma. Esso scaturisce anche dalla volontà di ricordare, e di rendere ancora una vota omaggio alla solida, lucida, integerrima, coraggiosa fino alla fine figura di Aldo Moro, che rimase solo ad affrontare quella tragica fase della storia collettiva. Ed ancora: riteniamo che l’esigenza di Verità sia sempre una forma di risarcimento necessaria e fondamentale, che non conosca scadenza, neanche a distanza di decenni, e che questa Verità sia una esigenza di tutti i cittadini. Ed è una esigenza sovranazionale, per di più, perché il terrorismo ha coinvolto sia pure in forme e con radici diverse, vari stati d’Europa. La recentissima, mancata estradizione dalla Francia dei terroristi italiani che negli Anni di Piombo ferirono a morte le vite di numerosissimi uomini e donne, lascia ancora incompiuto ed irrisolto un doloroso capitolo della nostra Storia, un capitolo la cui fine ancora non è stata scritta.

Nonostante tutto, attendiamo ostinatamente fiduciosi, ci volessero altri 45 anni.

[Chiara Morabito]

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