L’opera su cui ci soffermiamo oggi è il fregio esposto al primo piano del Museo della Centrale Montemartini a Roma, che rappresenta una scena ambientata in una bottega di falegnami. La didascalia ci informa che l’opera, in marmo proconnesio, è stato realizzata in epoca flavia, quindi nella seconda metà del I sec. d.C.
I falegnami, come tante altre categorie di artigiani, erano riuniti in un collegium, un’associazione di mestiere, che nel periodo in cui il rilievo è stato realizzato doveva avere una sede di rappresentanza alle pendici del Campidoglio, privilegio che era stato loro concesso “come segno di benemerenza per il lavori di carpenteria eseguiti per il Tempio di Giove Capitolino a partire dall’età arcaica e fino all’età imperiale”. E in effetti il fregio è stato rivenuto nel 1938 tra il Velabro e S. Omobono, presso il Foro Olitorio.
Nell’antica Roma, i falegnami – molto richiesti per la loro professionalità e competenza – erano chiamati fabri ed erano specializzati nell’edilizia e nelle lavorazioni domestiche (fabri tignarii, da tignum = trave) oppure nella carpenteria navale (fabri navales).
Secondo le credenze degli antichi romani, l’arte della falegnameria sarebbe stata inventata dal Dedalo, il mitico costruttore del Labirinto – che, apprese le tecniche di lavorazione del legno (lignum), avrebbe realizzato come primi oggetti un tavolo e uno sgabello. Dedalo inoltre avrebbe anche inventato gli strumenti principali utilizzati dai falegnami per misurare e lavorare il legno.
Torniamo al nostro rilievo ed esaminiamolo in dettaglio. Sono presenti otto personaggi: una donna (la seconda da sinistra) e sette uomini (di uno di essi molto lacunoso). La donna è proprio la dea protettrice dei falegnami, Minerva, in piedi, con indosso il chitone (la lunga tunica greca) e sul petto una raffigurazione della testa di Medusa. Non si sono conservati l’elmo e la lancia, attributi tipici della dea della sapienza.
Dei personaggi maschili che popolano la bottega (l’officina lignaria), uno di essi (quello lacunoso) è seduto accanto a uno sgabello, mentre un altro falegname sta costruendo un tavolino (trapeza) con tre zampe a testa di leone. E poi si distinguono alcuni strumenti da lavoro utilizzati dai falegnami, non molto diversi da quelli che ancora troviamo nelle botteghe artigianali più tradizionali: la sega a telaio, il compasso a spessore, lo squadro e forse sulla sinistra uno strumento per maneggiare il filo a piombo.
L’iconografia del rilievo preso in esame rispecchia fedelmente il mito.
[Maria Teresa Natale, travel designer]