Le curiosità della Chiesa di Santa Maria Nova poi intitolata a Santa Francesca Romana

Grandioso svettava sull’altura della Velia, in direzione del Foro Romano, il tempio di Venere e Roma, voluto dall’imperatore Adriano ed eretto tra il 121 e il 135 d.C. Forse non tutti sanno che proprio sulle gradinate lato Foro, papa Paolo I (700-767) attorno al 760 fece erigere un oratorio dedicato a Pietro e Paolo per ospitare i silices apostolici ovvero la pietra con le impronte delle ginocchia di Pietro in preghiera nel momento della sfida con Simon Mago.

Come mai proprio qui? Secondo gli Atti apocrifi di Pietro, il samaritano Simon Mago volle dar dimostrazione dei propri poteri soprannaturali levitando sulla Velia al cospetto di Nerone, ma Pietro, con le proprie preghiere, vanificò la sua magia e il supposto mago precipitò al suolo. Simon Mago, era un samaritano battezzato che cercò di comperare invano dall’apostolo Pietro il potere di amministrare lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani (da quest’azione deriva il termine “simonìa”, a indicare il commercio di cose sacre). In conseguenza dell’ira di Pietro, Simon Mago utilizzò da allora in poi le proprie arti magiche per opporsi all’evangelizzazione e al progresso della fede.

Simone vola verso il cielo. Il giorno dopo, una grande folla si riunì alla via Sacra per vederlo volare; ed anche Pietro, al quale era apparsa una visione, andò in quel luogo per confutarlo. Quando era venuto a Roma egli aveva sedotto la folla volando; Pietro, che doveva confutarlo, allora non abitava ancora a Roma da lui ingannata con le sue illusioni fino al punto da traviare alcuni. In piedi su di un luogo elevato, guardando Pietro, Simone prese a dire: “Proprio in questo momento in cui mi sollevo davanti a tutta questa gente che guarda, ti dico: “Se il tuo Dio messo a morte dagli Ebrei i quali lapidarono voi, suoi eletti, ne ha la potenza, dimostri che la fede in lui è la fede in Dio; se questa fede è degna di Dio, lo faccia vedere ora. Innalzandomi, io dimostrerò, infatti, a tutta questa gente chi sono”. Ed ecco che, alla presenza di tutti, si innalzava in aria al di sopra di tutta Roma, dei suoi templi e dei suoi colli, mentre i fedeli osservavano Pietro. 

Vedendo questo straordinario spettacolo, Pietro gridò al Signore Gesù Cristo: “Se tu permetterai che quest’uomo porti a compimento quanto ha iniziato, tutti coloro che hanno creduto in te ne resteranno scandalizzati e più non si crederà ai segni e prodigi che tu, per mezzo mio, hai loro concesso. Manda presto, Signore, la tua grazia: quest’uomo cada dall’aria e, pur senza morire, resti indebolito e annichilito spezzandosi una gamba in tre posti”. E cadde dall’aria spezzandosi una gamba in tre punti. Allora gli tirarono addosso delle pietre e ciascuno se ne ritornò a casa sua; e tutti ormai credettero in Dio. […]  Simone, nella sua sciagura, trovò uomini che lo portarono, su di una lettiga, da Roma ad Ariccia, ove soggiornò e donde fu poi condotto a Terracina presso un certo Castore, che era stato bandito da Roma sotto accusa di magia: qui fu amputato, e qui trovò la sua fine Simone, angelo del diavolo. [32 (3), 1]  

A metà del IX secolo papa Leone IV (790-855) fece erigere sulla cella del Tempio di Venere e Roma una nuova chiesa che inglobava anche il primitivo oratorio. 

Verso la fine dello stesso secolo, Gregorio V (972-999), trasferì qui il culto della sede di Santa Maria Antiqua, così la chiesa venne denominata Santa Maria Nova. Nei secoli ospitò diversi ordini: dai canonici regolari di S. Frediano di Lucca (1061-1119) ai Canonici Lateranensi (1119-1351) ai benedettini della Congregazione di Monteoliveto che tutt’oggi officiano la chiesa.

Il mosaico absidale, che risale al XII secolo, ha elementi in comune con i mosaici di Santa Maria in Trastevere e San Clemente, raffigura la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo, Giovanni, Pietro e Andrea.

Anche il bel campanile a cinque piani, decorato con maioliche colorate, risale alla ristrutturazione del XII secolo.

Agli inizi del Quattrocento, per la precisione il 15 agosto 1425, assieme ad alcune sue compagne, Francesca Romana, al secolo Francesca Bussa dei Ponziani, pronunciò l’oblazione alla Vergine nel monastero olivetano di Santa Maria Nova. La Santa, copatrona di Roma (assieme a Pietro, Paolo e Filippo Neri), che nel 1433 fondò la Congregazione delle Oblate di Maria a Tor de’ Specchi, fu sepolta nella chiesa alla sua morte avvenuta nel 1440.

Quando agli inizi del Seicento la chiesa venne nuovamente trasformata con l’aggiunta della facciata in travertino e la ristrutturazione interna ad una navata con quattro cappelle per lato, fu intitolata a Santa Francesca Romana

 Il 2 aprile del 1638 fu ritrovato il corpo di Santa Francesca Romana all’interno della chiesa. Le spoglie della santa si conservano oggi nella cripta a cui si accede da due scale laterali ricavate nel transetto. La sistemazione attuale è opera di Andrea Busiri Vici senior (1867). Si notino gli sportellini mobili che per volere di Pio XII vennero sempre lasciati aperti per consentire a tutti la visione dell’urna.

La chiesa, vero scrigno di tesori, conserva altri monumenti e opere d’arte degne di menzione tra cui la cappella dedicata da Francesca Romana, che fu fatta erigere da Mobilia Papazzurri, moglie di Battista de Ponziani, figlio della Santa.

Un’iscrizione pavimentale ricorda che al di sotto di questa cappella, era ubicato il sepolcreto delle oblate di Tor de Specchi all’interno di due vani di epoca romana.

Degna d’interesse dal punto di vista storico anche la cappella dedicata a San Bernardo Tolomei, il fondatore della Congregazione di S. Maria di Monte Oliveto, della quale si possono riconoscere stemmi intarsiati nel pavimento.

Lungo la parete di fondo del transetti destri, il monumento funebre di Pietro Roger de Beaufort, divenuto papa col nome di Gregorio XI, ci ricorda che a lui si deve il ritorno nel 1377 del soglio pontificio dopo settant’anni di cattività avignonese. Ancora cardinale, fu lui a convincere Clemente VI ad affidare questa chiesa agli Olivetani. Nel rilievo (Pietro Paolo Olivieri, 1584), vediamo il papa raffigurato sotto il baldacchino nel momento del suo ingresso nell’Urbe dove lo attendono la dea Roma in veste di Minerva e il popolo romano. 

Un altro monumento funerario molto interessante è quello del castellano di Castel S. Angelo e capo delle milizie papali Antonio da Rio, morto nel 1450: lo vediamo incedere a cavallo, l’unico riferimento religioso sono i due angeli che fiancheggiano la lapide.

Questa particolarissima icona si trova invece nella sagrestia. Raffigura la Madonna Glycophilousa, diffusa in epoca bizantina e medievale. La caratteristica di questo tipo iconografico è che la Madonna tiene in braccio il Bambino che pare voglia scoccarle un bacio. La curiosità è che questa pittura della prima metà del V secolo e proveniente da S. Maria Antiqua, eseguita con la tecnica dell’encausto (ovvero caratterizzata dall’uso di colori mescolati alla cera d’api con il calore), fu trovata al di sotto dell’icona duecentesca dalla stessa iconografia, collocata sopra l’altare. La fortunata scoperta venne effettuata nel corso di un restauro eseguito da Pico Cellini nel 1949.

[Maria Teresa Natale]

One comment

  1. belle foto e suggstive notizie e scoperte che sottintendono una accurata ricerca!grazie x la pazienza e la dedizione ai dettagli

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