Ho già raccontato in un altro post delle mie scorribande nella storica libreria romana dell’usato Pugacioff a Monteverde Vecchio: qualche giorno fa mi è capitato sotto gli occhi un fascicolo di Ciociaria fascista, pubblicato nell’anno XIV dell’era fascista (1935-1936) dalla Federazione dei fasci di combattimento di Frosinone. Oltre a fatti ed eventi sul territorio accaduti in quell’anno, mi ha colpito un capitolo con “Note e grafici per l’organizzazione periferica” con le istruzioni relative alla costruzione e organizzazione delle case del Fascio e delle caserme dei Giovani fascisti, corredate da schizzi e disegni, vere e proprie linee guida per coordinare gli archivi e le attività delle migliaia di strutture disseminate per tutta Italia.
Il capitolo si apre con una premessa tratta dal Popolo d’Italia: “La sede del Fascio è il cuore pulsante ed il centro nervoso del paese o del quartiere: al Fascio si ricevono gli ordini e le disposizioni: ci si raduna per le adunate fisiche e spirituali; si va a compiere il proprio turno di dovere… Il Fascio è sempre il luogo sacro ove un giorno ci si radunava per la spedizione punitiva e ove al ritorno si faceva l’appello dei presenti e degli assenti. Il Fascio è ancora il luogo sacro ove un altro giorno si può tornare a fare l’adunata generale per spedizioni punitive da compiersi oltre frontiera con lo stesso spirito e con la stessa fede di arditi e di volontari.
Seguono alcune raccomandazioni sulle sedi delle case del Fascio: non era necessario che fossero installate in palazzi autonomi, purché fossero decorose e sufficienti “per lo sviluppo del complesso lavoro e delle molteplici funzioni del partito”. Si raccomandava che venissero allestite in luoghi assolati, con arredi sobri, evitando panneggi, tappeti e poltrone, e decorazioni semplici e lineari, fissando alle pareti i comandamenti del Duce.
In una casa del Fascio erano presenti diversi uffici. La Segreteria politica si occupava del Registro degli iscritti. L’elenco degli iscritti al Partito nazionale fascista. doveva essere riportato in duplice copia su speciali moduli, trasmessi a cura della Federazione. Ultimata la compilazione, sulla quale vigilavano gli ispettori di zona, ambedue le copie venivano spedite alla Federazione per un controllo dell’esattezza dei singoli dati nell’archivio centrale. Una copia degli elenchi, rilegata, numerata e vistata in ogni pagina dal Segretario federale, veniva restituita al Fascio di combattimento. Tale copia costituiva il documento autentico degli iscritti al Partito nazionale fascista. La segreteria politica era altresì responsabile dello Schedario, basato su una scheda tipo indicata dalla Federazione, e del Cartellario, ovvero la raccolta delle cartelle personali con tutti i documenti riguardanti i singoli iscritti. Il registro di tesseramento conteneva le richieste di tessere redatte su speciali moduli forniti dalla Federazione, che provvedeva a compilare le tessere dei singoli iscritti. Le richieste dovevano essere accompagnate da tre fotografie, di cui una veniva inserita dal Fascio nella Cartella personale, mentre le altre due venivano inoltrate alla Federazione per essere applicate rispettivamente sulla Tessera del P.N.F. e sulla Cartella personale dell’Archivio federale. Gli elenchi di ritorno venivano custoditi dai Fasci in un apposito raccoglitore, che costituiva il Registro tesseramento. Oltre al Protocollo, la Segreteria politica era anche responsabile del Registro dei verbali del Direttorio e del Diario in cui venivano annotate le manifestazioni e i fatti più importanti della vita del Fascio di combattimento.
Alle dipendenze del Segretario del Fascio di combattimento era l’Ente Opere Assistenziali, che aveva l’obbligo di tenere in ordine lo schedario delle famiglie assistite, di gestire i blocchi dei buoni per la fornitura di indumenti, medicinali ecc. e di aggiornare il giornale di assistenza con il movimento giornaliero dell’assistenza compiuta.
Tutto il carteggio e i documenti prodotti dagli uffici venivano custoditi in speciali mobili, di cui veniva fornito il disegno. Ogni Fascio di combattimento doveva provvedere a farselo costruire in base alle proprie esigenze.
In ogni casa del Fascio era auspicabile ci fosse almeno una sala di adunata munita di giornali e riviste per tenere le Camicie nere al corrente degli avvenimenti di attualità. Anzi si raccomandava che i fascisti fossero costantemente interessati alla vita della nazione e che la sala di adunata non fosse considerata alla stregua di un club o circolo.
Naturalmente l’adempimento delle istruzioni esigeva un intenso lavoro da parte dei gerarchi, “ma soltanto la precisa organizzazione degli uffici può garantire lo sviluppo di quell’azione periferica capillare che permea del clima rivoluzionario gli strati più profondi e le energie più lontane. D’altra parte il lavoro non è fatica quando abbia i fondamenti mussoliniani del metodo e dell’entusiasmo”.
Il capitolo successivo conteneva gli appunti per i comandanti della Caserme dei giovani fascisti. La sede doveva essere costituita da almeno due ambienti: l’ufficio del Comando e una sala convegno per i Giovani fascisti. Anche in questo caso l’arredamento doveva essere sobrio, con toni di gaiezza dati da elementi giallo-rossi e, possibilmente, da disegni schematici e comandamenti del Duce riportati sulle pareti. Si consentiva di appendere pochi quadri, solo se ben incorniciati. “Niente fogli volanti, cartapeste, ecc.: preferibili in caso le pareti nude, ma ben pulite, anche con pura calce”.
Il gagliardetto doveva essere conservato nell’Ufficio del Comando. Qualora l’insegna uscisse e finché non rientrava, doveva sempre essere accompagnata da una scorta d’onore. Non potevano mancare l’armeria, composta almeno di una o due rastrelliere capaci ciascuna di quindici fucili (una squadra) e il magazzino dove accasermare le divise. Il comandante o il suo sostituto doveva essere presente ogni sera in sede. Tutti gli Ufficiali dipendenti dovevano essere utilizzati e “partecipare attivamente, gioiosamente […] alla vita della organizzazione. Il senso di responsabilità, fondamentale requisito delle Camicie nere, doveva sempre essere presente nei quadri: non per timore di disciplina, né per amore di lodi, ma per l’intima soddisfazione di compiere il proprio dovere, attraverso il quale si rileva, si testimonia e si giudica la effettiva validità della Fede di ciascuno.
Anche presso il Comando doveva essere conservato un archivio con i diversi carteggi ordinati per quadri, forze, ufficio militare, ufficio politico, ufficio sportivo, protocolli e rubriche. Interessante la relativa raccomandazione: “Scrivere il puro necessario; non attardarsi in divagazioni retoriche e formule riverenziali; essere brevi e precisi. Sbrigare le pratiche ogni sera: altrimenti si corre il rischio (ed è rischio stupidissimo) di essere sopraffatti dalle… carte!”
La squadra, che rappresentava l’unità base della forza, comprendeva anche dei graduati, scelti e formati dal Comandante. Negli appunti è riportato che “soltanto una buona intelaiatura dei graduati garantisce la salda e nello stesso tempo dinamica efficienza della massa”.
I Giovani fascisti, secondo l’art. 31 del Regolamento dei Fasci giovanili, erano l’espressione della Nuova Italia. Il loro reclutamento doveva essere totalitario per tutti i giovani dai 18 ai 21 anni di età senza precedenti penali e morali. Ogni recluta doveva subito essere assegnata ai ranghi affinché nessuno avesse l’impressione di essere in forza soltanto sulla carta. Chi avesse accertate inabilità fisiche doveva essere adibito a servizi secondari di caserma. Il giovane fascista doveva essere abituato ad amare e a curare la divisa e ricordare il valore spirituale degli elementi che la componevano: “il grigio verde del Fante, la camicia nera dello Squadrismo, i colori di Roma imperiale”. Il modo di presentarsi e di salutare facevano parte del suo “contegno” che doveva essere ripreso, curato, perfezionato, in ogni circostanza e adeguato verso l’organizzazione, i camerati e la famiglia. Obiettivo primario era l’istruzione premilitare generale con marce, esercitazioni tattiche, campi, gare di tiro, servizi di guardia e di piantone ecc.
La cura dell’igiene era caldeggiata: periodicamente bisognava invitare qualche sanitario locale a tenere sulla materia una o più conversazioni. Inoltre. i giovani, inclusi i “rurali”, dovevano essere convinti a praticare la ginnastica respiratoria mattutina e a prediligere sport da combattimento come il pugilato e la lotta.
Circa l’educazione culturale, le conferenze cattedratiche non erano caldeggiate essendo considerate piuttosto inutili, mentre erano ritenuti molto più utili le conversazioni sulla vita del Duce, sul comportamento dei giovani, sull’Italia di ieri e di oggi, sulla guerra europea, sulla rivoluzione fascista, sulla geografia dell’Europa, sulla conquista dell’Impero fascista (il Duce fondatore, i condottieri, i legionari), sull’Impero italiano d’Etiopia, sull’Italiano di Mussolini visto come cittadino e legionario dell’Impero. Si invitata inoltre a istituire piccole biblioteche circolanti, con libri, opuscoli, racconti della guerra e della rivoluzione, a impiantare scuole serali per analfabeti prendendo accordi con le autorità scolastiche, a chiamare a collaborare sul tema i fascisti universitari.
Uno schietto cameratismo era auspicato tenendo presente il carattere politico-militare dell’organizzazione dove comunque dovevano essere rispettati rigorosamente i rapporti di subordinazione con eventuali persuasivi procedimenti disciplinari e sanzioni applicate con gradualità a partire dal richiamo. Il documento terminava con un invito a mettersi al lavoro “Questo sarà ognora lieto e, seppur faticoso, gradito, se nel cuore di tutti, – ufficiali, graduati e giovani fascisti – sarà sempre vigile, infallibile direttrice di marcia, la Fede: volontà, ferma ed incondizionata, di non risparmiarsi, dove c’è da seguire il Duce e la Rivoluzione.
Chiudono il fascicolo due illustrazioni con il progetto-tipo di una colonia solare per ragazzi con spogliatoi, cucina, refettorio, dispensa e direzione.
[Maria Teresa Natale]