Orientarsi a Venezia non è cosa facile e così abbiamo pensato che potesse essere utile fornire qualche informazione sulla toponomastica della Serenissima, con tante curiosità storiche.
Iniziamo dai sestieri, quelli che in altre città vengono generalmente definiti quartieri. A Venezia ve ne sono sei corrispondenti a sei zone storiche di Venezia, sviluppatesi su 416 isole: Cannaregio, sorto su una zona paludosa, popolata da canneti: Castello per la presenza di un antico fortilizio scomparso; Dorsoduro, forse per le antiche dune sabbiose; Santa Croce, per la scomparsa chiesa; San Marco, dalla celebre basilica; San Polo, dall’omonima basilica.
Alcuni dicono, ma senza alcun fondamento storico che i sei denti anteriori che decorano anteriormente il ferro da gondola simboleggino proprio i 6 sestieri.
Le denominazioni stradali dei sestieri sono indicate sui nizioleti (termine veneziano per lenzuolino) di epoca napoleonica, vere e proprie pitture parietali dipinte a mano consistenti in un rettangolo bianco circondato da un riquadro su cui vengono dipinte le scritte sfruttando forme a stampo metallico per l’inserimento di lettere, numeri e frecce. Talvolta un nizioleto può indicare anche il sestiere e la parrocchia di pertinenza, oltre a una freccia direzionale. Le targhe toponomastiche gialle che spesso si incontrano lungo i percorsi più battuti sono di epoca molto più recente.
L’odonomastica è piuttosto varia rifacendosi a personaggi famosi, ad artigiani e mestieri, a chiese o conventi. Calli diverse in sestieri diversi possono avere lo stesso nome. Talvolta le attività erano così importanti da dare il nome esse stesse alla calle che perdeva la denominazione urbanistica:, ad esempio la Spadaria (dai produttori di spade), la Frezzeria (dai fabbricanti di frecce) o Le Mercerie (per la nutrita presenza di merciai).
Alcuni nizioleti rimandano ai rami, piccole calli cieche, che in genere portano a corti o imbarcaderi, oppure a liste, strade di una certa importanza nei pressi di residenze di ambasciatori stranieri.
Uno spazio più o meno ampio circondato da edifici prende il nome di campo, campiello o corte. A Venezia si contano 102 campi e 134 campielli, quelli che in altre città sono le piazze e le piazzette (l’unica piazza vera e propria di Venezia è piazza San Marco). Nei campi in genere si svolgevano numerose attività quotidiane: si tenevano mercati, cerimonie religiose, tornei, comizi, vi affacciavano chiese, conventi o palazzi prestigiosi. I campi erano molto frequentati anche perché i veneziani andavano ad attingere l’acqua dai pozzi che raccoglievano e filtravano l’acqua piovana. Questi ultimi persero la loro funzione nel 1884 quando vennero chiusi per l’arrivo dell’acquedotto. Le corti (da “cortile”) sono in genere ampi spazi con unico passaggio per l’entrata e l’uscita.
Le fondamenta sono invece i tratti di strada lungo rii e canali, talvolta senza parapetti, talvolta con parapetti in metallo leggero sostenuti da piloncini in pietra d’Istria, talvolta costituiti da veri e propri portici coperti.
Un’altra caratteristica dell’urbanistica veneziana è il sotopòrtego (letteralmente, “sotto porticato“), ricavato nel corpo degli edifici soprastanti per mettere in collegamento calli, corti, campielli e approdi per le imbarcazioni. Talvolta venivano costruiti allo scopo di realizzare delle vere e proprie rive coperte per proteggere dalle intemperie passeggeri e merci durante le operazioni di carico e scarico.
Ed ora, buona passeggiata!
[Maria Teresa Natale]