Orientarsi nella toponomastica di Venezia tra sestieri, calli, sottoporteghi, salizate, campi, campielli e corti

Orientarsi a Venezia non è cosa facile e così abbiamo pensato che potesse essere utile fornire qualche informazione sulla toponomastica della Serenissima, con tante curiosità storiche.

Iniziamo dai sestieri, quelli che in altre città vengono generalmente definiti quartieri. A Venezia ve ne sono sei corrispondenti a sei zone storiche di Venezia, sviluppatesi su 416 isole: Cannaregio, sorto su una zona paludosa, popolata da canneti: Castello per la presenza di un antico fortilizio scomparso; Dorsoduro, forse per le antiche dune sabbiose; Santa Croce, per la scomparsa chiesa; San Marco, dalla celebre basilica; San Polo, dall’omonima basilica.

Sestieri veneziani [Fonte: Wikimedia Commons]
Sestieri veneziani [Fonte: Wikimedia Commons]
Si deve al doge Vitale Michiel II, vissuto nel XII secolo, la divisione della città in sestieri. All’epoca infatti Venezia stava allestendo un’imponente flotta per arginare i programmi bellicosi dell’imperatore bizantino Emanuele Comneno. Si rese quindi necessaria l’imposizione di una tassa straordinaria per le spese belliche da restituire a guerra finita. E così la città venne suddivisa in zone ben definite e numerate, con lo scopo di verificare la disponibilità economica dei cittadini.

Alcuni dicono, ma senza alcun fondamento storico che i sei denti anteriori che decorano anteriormente il ferro da gondola simboleggino proprio i 6 sestieri.

Le denominazioni stradali dei sestieri sono indicate sui nizioleti (termine veneziano per lenzuolino) di epoca napoleonica, vere e proprie pitture parietali dipinte a mano consistenti in un rettangolo bianco circondato da un riquadro su cui vengono dipinte le scritte sfruttando forme a stampo metallico per l’inserimento di lettere, numeri e frecce. Talvolta un nizioleto può indicare anche il sestiere e la parrocchia di pertinenza, oltre a una freccia direzionale. Le targhe toponomastiche gialle che spesso si incontrano lungo i percorsi più battuti sono di epoca molto più recente.

Nizioleto veneziano [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Nizioleto veneziano [Foto: Associazione culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Orientarsi seguendo la numerazione civica è praticamente un’impresa quasi impossibile. È anch’essa realizzata nello stile del nizioleto con numeri dipinti in caratteri rossi su sfondo bianco all’interno di un riquadro ovale o rettangolare bordato di nero. In ogni sestiere la numerazione ricomincia da 1 e non si segue la regola della numerazione pari e dispari per i lati della strada. E se è necessario aggiungere un nuovo numero civico, ad esempio per la costruzione di un nuovo edificio, si riprende dalla numerazione sequenziale originaria per non dover rinumerare tutto. Si pospone però al civico una lettera dell’alfabeto a partire dalla lettera a per indicare che si tratta di un nuovo edificio. Il sestiere di Castello arriva al numero 6828, S. Croce, sestiere più piccolo, arriva al 2359, mentre la Giudecca, che ha una numerazione propria, arriva al 971.

Numeri civici in stile nizioleto in uso a Venezia [ Foto: Fondo Paolo Monti, di proprietà BEIC e collocato presso il Civico Archivio Fotografico di Milano, CC BY SA]
Numeri civici in stile nizioleto in uso a Venezia [ Foto: Fondo Paolo Monti, di proprietà BEIC e collocato presso il Civico Archivio Fotografico di Milano, CC BY SA]
La tipica via veneziana, incassata tra file continue di edifici è la calle. Il termine deriva dal latino callis che sta per sentiero e che nel volgare italiano aveva il significato di passaggio. Ve ne sono di corte (callette) e di lunghe, di larghe (calle larga) e di strette. Talvolta alcune calli piuttosto lunghe mantengono la denominazione arcaica di ruga o rugheta. Alcune calli molto larghe e importanti vennero chiamate salizade perché erano pavimentate. Nel XIV secolo, infatti, le strade più importanti venivano lastricate con mattoni di cotto disposti a spina di pesce (ancora visibile nella pavimentazione esterna della Chiesa della Madonna dell’Orto), a partire dal Seicento invece i mattoni vennero sostituti con blocchi di pietra trachitica, i caratteristici masegni (= macigni). Alcune calli ottenute dall’interramento di canali prendono il nome di rio terà.

L’odonomastica è piuttosto varia rifacendosi a personaggi famosi, ad artigiani e mestieri, a chiese o conventi. Calli diverse in sestieri diversi possono avere lo stesso nome. Talvolta le attività erano così importanti da dare il nome esse stesse alla calle che perdeva la denominazione urbanistica:, ad esempio la Spadaria (dai produttori di spade), la Frezzeria (dai fabbricanti di frecce) o Le Mercerie (per la nutrita presenza di merciai).
Alcuni nizioleti rimandano ai rami, piccole calli cieche, che in genere portano a corti o imbarcaderi, oppure a liste, strade di una certa importanza nei pressi di residenze di ambasciatori stranieri.

Uno spazio più o meno ampio circondato da edifici prende il nome di campo, campiello o corte. A Venezia si contano 102 campi e 134 campielli, quelli che in altre città sono le piazze e le piazzette (l’unica piazza vera e propria di Venezia è piazza San Marco). Nei campi in genere si svolgevano numerose attività quotidiane: si tenevano mercati, cerimonie religiose, tornei, comizi, vi affacciavano chiese, conventi o palazzi prestigiosi. I campi erano molto frequentati anche perché i veneziani andavano ad attingere l’acqua dai pozzi che raccoglievano e filtravano l’acqua piovana. Questi ultimi persero la loro funzione nel 1884 quando vennero chiusi per l’arrivo dell’acquedotto. Le corti (da “cortile”) sono in genere ampi spazi con unico passaggio per l’entrata e l’uscita.

Le fondamenta sono invece i tratti di strada lungo rii e canali, talvolta senza parapetti, talvolta con parapetti in metallo leggero sostenuti da piloncini in pietra d’Istria, talvolta costituiti da veri e propri portici coperti.

Un’altra caratteristica dell’urbanistica veneziana è il sotopòrtego  (letteralmente, “sotto porticato“), ricavato nel corpo degli edifici soprastanti per mettere in collegamento calli, corti, campielli e approdi per le imbarcazioni. Talvolta venivano costruiti allo scopo di realizzare delle vere e proprie rive coperte per proteggere dalle intemperie passeggeri e merci durante le operazioni di carico e scarico.

Ed ora, buona passeggiata!

[Maria Teresa Natale]

 

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