Mi avvio adesso verso luoghi che hanno subito quella che si potrebbe definire “epurazione toponomastica”: per ragioni di pubblico decoro, infatti, a partire dalla seconda metà del XIX secolo le amministrazioni capitoline “ripulirono” la nomenclatura stradale da tutto ciò che aveva a che fare con i rifiuti organici, scarti animali e pattume vario, correggendo i toponimi o cambiandoli radicalmente con l’assegnazione di nomi di italiani illustri (musicisti, letterati, artisti, eccetera), ed espungendo i personaggi scomodi o le diciture volgari.
Del resto, riflettendoci, anche ai giorni nostri il dibattito intorno ai toponimi si accende di sovente, non tanto per questioni di pubblico decoro quanto piuttosto per discussioni intorno alla memoria storica e alla sua celebrazione o meno, quando ad esempio si propone l’intitolazione di una via o di una piazza a qualche nome scomodo del passato, quando si toccano nervi della Storia ancora scoperti…
Dunque torniamo presso San Pietro, dove ecco che avremmo un tempo incontrato, in piena Spina di Borgo, il “Monte cacato”, che dopo il 1870 divenne “Monte calato”. La distruzione della Spina ha cancellato questo luogo. Ma non lontano da qui, proprio sotto il colonnato berniniano, ecco un altro toponimo imbarazzante: la Porta merdaria, cioè l’attuale Porta San Pellegrino che si apre lungo le mura leonine a ridosso del confine con lo Stato Vaticano. Era così chiamata perché nei suoi pressi «Camillo lì gettò i corpi dei Galli in fosse piene di sterco» (U. Gnoli). E pensare che invece uno dei suoi primi nomi fu Porta Viridaria, perché da qui si intravedevano i verdeggianti horti vaticani…
Possiamo facilmente immaginare cosa accadesse nel Bordelletto in zona della Bocca della Verità… Ciò che del resto accadeva anche negli Ortacci adiacenti al Mausoleo di Augusto. Per questi luoghi di malaffare, non sarà un caso, il toponimo è una storpiatura di un nome, un diminutivo o un peggiorativo.
Continuando la ricerca sull’elenco, mi ritrovo di nuovo davanti a un mattatoio, la cui presenza questa volta è registrata non in centro ma in periferia: sono presso la zona industriale della Tiburtina, dove dal 1951 esistono ufficialmente la Via di Scorticabove e l’omonimo Vicolo, entrambi memoria di un macello che in passato avrebbe avuto il corrispettivo lessicale in centro storico nella Contrada Scorticlaria (denominazione scomparsa, fra i rioni Ponte e Sant’Eustachio), che indicava le botteghe di pulitori e conciatori del cuoio e delle pelli.
Il toponimo di Via Scossacavalli (una traversa di Via della Conciliazione), invece, non ha niente a che fare con maltrattamenti animali o macellazioni varie. Sebbene l’etimologia rimanga avvolta dall’incertezza, essa comunque ha a che vedere con la coxa caballi, la coscia del cavallo, in riferimento forse a un frammento marmoreo di una scultura equestre ritrovata in zona. O forse, secondo un’altra versione, si tratterebbe dei cavalli che trasportavano alcune reliquie riportate a Roma da Sant’Elena. Diretti verso la basilica di San Pietro, quando giunsero davanti alla chiesa di San Giacomo (nella Spina) si impuntarono come fossero stati muli piuttosto che cavalli, rifiutandosi di proseguire. La piazza di Scossacavalli sparì in seguito alla demolizione della Spina di Borgo, ma si mantenne il toponimo assegnandolo a questa via.
Nei pressi dell’attuale Piazza della Cancelleria era la Contrada Squarcialupo, dalla famiglia toscana degli Squarcialupi. Se qui la toponomastica ha perso la memoria di questa famiglia dal poco rassicurante cognome, ne conserva traccia invece nei pressi di Piazza Bologna, in Via Gianluca Squarcialupo. Costui era un nobile siciliano, coraggioso e di gentile aspetto; nel 1517 capeggiò una rivolta contro il malgoverno spagnolo, ma rimase vittima a sua volta di un’opposta congiura e fu brutalmente assassinato nella chiesa palermitana dell’Annunziata. A posteriori nel suo cognome leggiamo il tragico contrappasso: chi di squarcio ferisce, di squarcio perisce.
Niente di cui approfittare, invece, in Via del Vantaggio, nonostante l’invitante toponimo. Il riferimento qui è ancora una volta a una famiglia, i Vantaggi o Avantaggio, cognome la cui variante Avvantaggiato ci informa sulla componente di buon augurio insita nel cognome.
Giunta infine alla lettera Z mi fermo in Via degli Zingari, dietro Via Cavour. Qui, nell’antica e popolare Subura romana, a partire dal XVII secolo si insediarono più o meno stabilmente alcuni nuclei di zingari, vivendo di espedienti. Una Subura tanto nell’antichità quanto nei secoli dopo. Lungo la via una targa, posta nel 2001 dall’Opera Nomadi e dalla comunità ebraica, ci ricorda che anche la comunità nomade di Rom e Sinti è stata vittima delle persecuzioni nazifasciste.
Se in Via del Vantaggio sono stata ottimista, in Via delle Zoccolette invece mi sento piuttosto rassegnata e pessimisticamente fatalista: le “zoccolette”, infatti, erano le fanciulle accolte presso il Conservatorio dei Santi Clemente e Crescentino, qui istituito nel 1715 con lo scopo di togliere dalla strada le orfanelle e insegnare loro un mestiere, ed erano così soprannominate perché indossavano appunto le “zoccolette”, pianelle di legno fatte dallo zoccolaro. Peccato però che non di rado accadesse che le fanciulle, una volta cresciute, sulla strada ci finissero comunque, più facilmente per prostituirsi piuttosto che per lavorare grazie al mestiere appreso all’orfanotrofio.
L’ultima voce dello stradario non è dedicata a qualche “zuzzurellone”, come invece accade per il dizionario della lingua italiana. Il TuttoCittà si ferma al Casilino, in Via Placido Zurla, monaco camaldolese (1768-1834), geografo e biografo di illustri viaggiatori. Non potevo chiedere conclusione migliore: ci accomiatiamo per ora da questi itinerari sulla carta, infatti, nel nome, o meglio, nel toponimo di un esperto di esplorazioni e della conoscenza territoriale. Appena si potrà uscire dalla quarantena, credo che farò almeno una parte degli itinerari toponomastici che vi ho proposto. Con la benedizione di Padre Zurla!
Fonti:
- Mario La Stella, Antichi mestieri di Roma, Roma: Newton&Compton, 1982
- Giorgio Carpaneto, I vicoli di Roma, Roma: Newton&Compton, 1989
- Giorgio Carpaneto – Claudia Cerchiai – Maria Rosaria Grifone, I quartieri di Roma, 2 vol., Roma: Newton&Compton, 1996
- Paola Staccioli, I teatri di Roma dal Rinascimento ai giorni nostri, Roma: Newton&Compton, 1997
- SITO-Sistema Informativo Toponomastica
https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/
[Chiara Morabito, storica dell’arte e guida turistica, 1 giugno 2020]
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