Passeggiate sullo stradario di Roma: toponomastica curiosa dalla A alla Z (Lettere D-L)

Riprendiamo le nostre passeggiate esplorando la curiosa, fantasiosa, talvolta bizzarra toponomastica di Roma attraverso le pagine del TuttoCittà, fra elenchi e tavole. Seguiremo ancora una volta l’ordine alfabetico, concedendoci tuttavia un paio di piccole digressioni.

Nel post precedente il mio dito indice aveva scorso l’elenco dei toponimi dalla A alla C compresa. Riprendo dunque il mio itinerario cartaceo dalla lettera D, e dal pieno centro storico: mi trovo in Via dei Delfini (che si allunga fra Piazza Margana e Via dei Funari), tavola 41 e quadranti C2/C3. La toponomastica ispirata al mondo animale è suggestiva e divertente, e indubbiamente stimola la curiosità.

Via dei Delfini nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via dei Delfini nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

In questo caso tento di capire perché incontriamo dei cetacei a due passi dal Campidoglio… Sfruttando le mie fonti (bibliografia in fondo) vengo a sapere che il toponimo viene assegnato a partire dal 1 gennaio 1870 (come del resto molti altri, cioè quando anche a Roma viene applicata la legge comunale e provinciale dello Stato unitario in materia di nomenclatura stradale e numerazione delle porte) e che è dovuto al bel palazzo che si affaccia sulla via, di proprietà della importante famiglia Delfini, di origine veneziana ma trapiantata a Roma dal XV secolo (la cappella gentilizia sta in Santa Maria in Aracoeli, a due passi). Un mammifero non in carne ed ossa, dunque, ma solo simbolico, ben presente comunque nello stemma di famiglia e nella banderuola segnavento che spicca su una torre del palazzo.

Del resto la maggior parte degli animali che incontriamo nel centro storico deve la propria presenza in buona misura sia a cognomi di famiglie (come in questo caso), sia a osterie e locande le cui insegne raffiguravano le sagome di animali, così da essere individuabili anche da chi non sapeva leggere. Animali ovviamente ben riconoscibili, preferibilmente di dimensioni medio-grandi, e comunque legati ad un immaginario popolare ben nutrito di animali sia selvatici che domestici o da cortile.

E allora a  questo punto appare inevitabile aprire una rapida digressione “animalesca”, cioè una deviazione dall’ordine alfabetico dell’elenco del nostro stradario a favore invece di una continuità topografica, sulla mappa; spostandoci di strada in strada, di quadrante in quadrante. Incontreremo molti animali, spesso molto vicini fra loro. Un grande zoo urbano nel quale continuiamo  a passeggiare.

Via del Bufalo nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via del Bufalo nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Ad esempio, tavola 36 quadrante D4, Via del Bufalo: ecco un’altra via il cui nome “animalesco” deriva da un altro palazzo, il cui nome deriva da un’altra famiglia, il cui nome deriva da un altro animale, i Del Bufalo appunto. I quali, fra l’altro, non solo avevano proprietà in piena città, ma anche in campagna, ben lungi dall’attuale centro storico, e sullo stradario ben 31 tavole prima, cioè alla 05, occupata non più dall’intrico delle stradine bianche del centro storico, ma dal verdolino chiaro della campagna, dove si estendono le ampie tenute dei Del Bufalo nella zona appunto di Via della Bufalotta. La lunga via attraversa in verticale tutti e cinque i quadranti della tavola.

Via della Bufalotta nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via della Bufalotta nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Perché questi animaleschi cognomi (con relativi toponimi, appunto)? Non di rado capitava che il progenitore di una casata fosse associato a un animale per via di una caratteristica del suo corpo o della sua personalità: Giovanni Gradenigo era detto il “delfino”  perché abile nuotatore (magari proprio nello stile delfino?!) , mentre “imbufalito”, nel corpo o nello spirito, sarà stato Giovanni di Cencio dei Cancellieri di Roma, sebbene non si abbia conferma del perché avesse questo consistente soprannome.

Torniamo di nuovo in centro, ancora sulla tavola 36, spostandoci di soli due quadranti, al B4: qui occhio al leone, accompagnato (poche strade più in là) da un leonetto e da un leoncino, e attenzione anche alla (Via della) Lupa, alla (Via della) Scrofa, all’Orso della omonima strada; si segnala inoltre un (Vicolo del) Leopardo in pieno Trastevere.

In Via del Leone c’era un’osteria con relativa insegna, in Vicolo del Leonetto c’era invece una scultura con le sembianze del felino, evidentemente un punto di riferimento topografico;  in Vicolo del Leopardo ancora una volta un’insegna.

Vicolo del Leopardo nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Vicolo del Leopardo nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Breve cenno storico: il trasteverino Vicolo del Leopardo in origine si chiamava Via del Leoncino, come l’altro già esistente in Campo Marzio. La Seduta comunale che si tenne il 30 novembre 1871 stabilì di cambiarne la denominazione (mantenendone però la connotazione felina!), onde evitare casi di omonimia fra le strade con conseguenti errori e confusioni  in caso di censimenti ed indagini statistiche sulla popolazione.

Alla voce “pantera”, invece, tutt’altra storia: non siamo più in centro storico, bensì in Piazza Pantero Pantera alla Garbatella, e, soprattutto, non parliamo più di un animale bensì di uno “scrittore di cose nautiche”. Si tratta infatti del comasco Pantero Pantera (1568-1625), commerciante, nobile di poppa della flotta pontificia edautore de L’armata navale, la prima opera di arte militare marittima. La piazza gli viene dedicata nel 1921, quando nasce il quartiere.

Piazza Pantero Pantera nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Piazza Pantero Pantera nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Procediamo nella nostra digressione zoologica, torniamo in centro, rione Ponte, e rechiamoci in Vicolo della Scimia, anche in questo caso memoria di un’osteria.

Vicolo della Scimia nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Vicolo della Scimia nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Questo primate non può non ricordarci il suo parente di gaddiana memoria, quel Santo Stefano del Cacco in cui si trovava il commissariato dell’investigatore Ciccio Ingravallo.

Quel “cacco” era in origine  la statuetta del dio egiziano Thot, ritrovata nei pressi del Tempio di Iside (rione Pigna). Ed il popolo romano si divertiva a scimmiottare, è proprio il caso di dirlo, le fattezze scimmiesche del macaco, come era popolarmente chiamata genericamente la scimmia, da cui appunto la storpiatura in “cacco”. La chiesa di Santo Stefano de Pinea, lì nei pressi, è divenuta poi Santo Stefano del Cacco.

Via di Santo Stefano del Cacco nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via di Santo Stefano del Cacco nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Non molte strade più in là, in Via del Babbuino, un altro poco grazioso personaggio era stato paragonato ad una scimmia, parliamo del noto sileno diventato un babbuino; appare chiaro quanto sia stringente l’associazione di idee fra scimmia e bruttezza…

Allontaniamoci dal centro storico, lasciamoci alle spalle ancora serpenti, volpi, oche, vacche, micio e gatta, galline gallinelle e gallinacci (per ognuno dei quali esiste una via), e spostiamoci alla tavola 61, quadranti C3 e C4, zona Casilina, quartiere Torre Maura. Qui troviamo una densa concentrazione ornitologica, e io mi sento una specie di bird watcher, verificando toponimo dopo toponimo e specie dopo specie: Via delle Canapiglie, Via delle Avocette, Via delle Pispole, Via delle Allodole, Via del Pettirosso, Via della Poiana, Via dei Canarini, Via delle Capinere, Via della Cinciallegra, e così via cinguettando.

In questo caso vale la spiegazione accennata nel post precedente, e cioè che le aree di recente urbanizzazione hanno conferito nomi alle nuove strade sfruttando ambiti semantici omogenei e dalla terminologia ricca, così da poter coprire tutte le nuove strade, senza lasciarne nessuna priva di nome.

E Santa Passera?! Nessun volatile, né altri significati… Qui, alla tavola 66, quadrante A2, lungo la Via della Magliana, in Vicolo di Santa Passera, ci troviamo davanti a una chiesa che nel V secolo d.C. accolse le reliquie dei santi alessandrini Ciro e Giovanni, e per tutta l’età medievale nota come Sancti Abbacyri da Abbas Cyrus, “abbate Ciro”. La pronuncia nel corso del tempo ha logorato e storpiato Abbaciro in “Appacero”, poi “Pacero”, poi “Pacera”, e infine “Passera”.

Via di Santa Passera nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via di Santa Passera nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Mi sposto in zona Prenestina, e ad un tratto comincio a percepire un forte ronzio… e mi trovo infatti nel bel mezzo di una concentrazione entomologica: Via del Maggiolino, Via della Cicala, Via della Farfalla, Via della Formica

Alla toponomastica zoologica non ci sarebbe fine, pertanto basta con gli animali, meriterebbero una trattazione a parte. Piuttosto torniamo in centro storico.

«Chi va al mulino si infarina», si suole dire. E allora si “infarinona” colui che va in Vicolo del Farinone (Borgo Pio), a cercare grano e farina nei magazzini di grano e presso la mola che qui si trovavano.

Via del Farinone nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via del Farinone nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Ancora depositi di grano e farine in Vicolo dei Granari, tavola 40 quadrante D1; basta poi sfogliare una sola pagina del nostro stradario (tavola 41, quadrante B2), ed eccoci in Via Monte della Farina. Il toponimo è dovuto alla presenza, in zona, del Monte delle Farine, o Monte Frumentario, cioè uno dei cosiddetti “luoghi di monte”, istituzioni che dalla fine del Quattrocento effettuavano prestiti, non necessariamente in denaro, agli indigenti (spesso contadini); i tassi di interesse erano estremamente convenienti, onde evitare il ricorso all’usura.

Via del Grano sta invece in zona Casilina, e Via del Monte del Grano in zona Tuscolana, nei pressi della metro linea A, fermata Porta Furba.

Nessuna melodia flautata e soave, ahimé, ma piuttosto degrado in Via del Flauto (nei pressi di Viale Palmiro Togliatti e Via Collatina): toponomastica relativamente recente (1960) e, come riportato dalle cronache, insediamenti abusivi e conseguenti tensioni sociali. Perché la via abbia questo dolce nome, invece, non è dato sapere.

Il 1 gennaio 1870 venne invece aperta Via del Fontanile Arenato,in zona Bravetta. La via prende il nome da una vasca colma di terriccio, dunque dal contesto campagnolo. La sua prosecuzione, chiusa, si chiama Via Dolceacqua, toponimo che però qui si riferisce a un comune della Liguria, e non alla fresche e dolci acque del fontanile arenato lì vicino… Tutt’intorno, toponomastica dedicata ad antiche famiglie romane di età rinascimentale: Damasceni, Torriani, Bentivoglio, Grimaldi, Visconti, Gonzaga…

Alla lettera “G” della nostra passeggiata mi incuriosisce la Via Giardino dei Tarocchi, forse perché suona simile al Giardino degli Aranci sull’Aventino. Invece no, niente a che fare con una specifica qualità di agrumi, bensì con il Giardino dei Tarocchi, il parco artistico di Garavicchio (GR), nato nei primi anni del XXI secolo dalla fantasia della poliedrica artista francese Niki de Saint Phalle (1930-2002), allestito con bellissime sculture di tutte le forme e colori, una bellissima commistione di arte, gioco e natura; da visitare.

Strada Laurina, nella "Nuova pianta et alzata della Città di Roma disegnata et intagliata da Giovan Battista Falda, l'anno 1676"
Strada Laurina, nella “Nuova pianta et alzata della Città di Roma disegnata et intagliata da Giovan Battista Falda, l’anno 1676”

Se stessi camminando realmente, piuttosto che sfogliando le pagine del mio stradario, direi che ora mi fanno male i piedi, ho camminato abbastanza, in lungo e in largo. Decido di finire questo secondo itinerario toponomastico in centro, in Via Laurina. È forse dedicata a una bimba di nome Laura? Secondo alcuni si farebbe riferimento in effetti a Laura Martinozzi, che che nel 1684 fondò qui un monastero di Orsoline. Ma all’epoca la strada già portava questo nome, pertanto l’ipotesi cade. Forse una risistemazione del toponimo precedente, il poco chiaro Via Lavorina. Da notare che nella mappa del Falda del 1676 la via si chiamava Strada Laurina. Peraltro nell’attuale Via Laurina, si trova anche un’altra targa con la scritta “Via Peregrinorum“. E’ forse un errore? Infatti se andiamo a rivedere il dettaglio della mappa del Falda, vedremo una Strada Pellegrina parallela di Via Laurina verso nord. Un’ultima curiosità, per così dire: nel 1930 in Via Laurina si trovava una delle 17 “case di tolleranza” romane, anch’essa chiusa poi nel 1958 dalla famosa Legge Merlin.

Via Laurina nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via Laurina nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Anche per oggi abbiamo camminato abbastanza. Ma ripartiremo presto!

Fonti:

  • Mario La Stella, Antichi mestieri di Roma, Roma: Newton&Compton, 1982
  • Giorgio Carpaneto, I vicoli di Roma, Roma: Newton&Compton, 1989
  • Giorgio Carpaneto – Claudia Cerchiai – Maria Rosaria Grifone, I quartieri di Roma, 2 vol., Roma: Newton&Compton, 1996
  • Paola Staccioli, I teatri di Roma dal Rinascimento ai giorni nostri, Roma: Newton&Compton, 1997
  •  SITO-Sistema Informativo Toponomastica
    https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/

[Chiara Morabito, storica dell’arte e guida turistica, 11 aprile 2020]

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