Passeggiate sullo stradario di Roma: toponomastica curiosa dalla A alla Z (Lettere A-C)

Le attuali misure di contenimento fisico a causa del Covid-19, hanno indotto la mia mente a camminare per mappe ed elenchi del nostro paesaggio urbano, e hanno in particolar modo stimolato la mia curiosità per la toponomastica di Roma. Mi spiego meglio.

Molti anni fa, quando ero bibliotecaria, seguii con grande interesse una conferenza sulle biblioteche carcerarie. Fra i relatori vi era anche un ex detenuto che, durante la detenzione, lavorò appunto presso la biblioteca allestita nel carcere in cui si trovava. Mi colpì molto una sua affermazione: «Quando sei in carcere, privato della libertà, leggeresti di tutto, anche l’elenco del telefono».

Or dunque, sebbene la ristrettezza della clausura che coscienziosamente osserviamo in questi giorni di Coronavirus non sia minimamente paragonabile a quella della detenzione carceraria, tuttavia la voglia di uscire e di sgranchirsi un po’ le gambe si fa sentire. E dunque, mutatis mutandis, così come il detenuto avrebbe letto con avidità l’elenco del telefono, così anche io ho sfogato il mio bisogno di evasione sfogliando un elenco: il TuttoCittà, cioè lo stradario di Roma (edizione 2016-2017, l’unica a mia disposizione).

Ho iniziato a “camminare” scorrendo con il mio dito indice i toponimi, posti rigorosamente in ordine alfabetico, come ovvio. Ne ho anche sfogliato le tavole, lentamente, quasi casualmente, lasciandomi andare a una passeggiata immaginaria da un quadrante all’altro, da una porzione di mappa cittadina a un’altra, così come avrei fatto proprio durante una rilassante passeggiata domenicale, o così come mi capita talvolta di fare durante i miei concreti sopralluoghi finalizzati a una futura passeggiata a tema.

Sovente la lista di TuttoCittà mi ha offerto toponimi che hanno suscitato la mia curiosità, allora sono passata subito dal nome al luogo, dall’elenco alla mappa, in cammino sfogliando le pagine per cercare subito la collocazione della via sui quadranti indicati. E lì, sulla mappa, ho trovato altri nomi interessanti, che naturalmente non sempre comparivano nell’elenco immediatamente a ridosso del nome prescelto, semplicemente perché non sempre immediatamente contigui alfabeticamente.

Così ho sperimentato un interessante modo di esplorare il territorio, sulla carta piuttosto che sulla strada, visualizzando due reti di relazioni diverse: una fra nomi (dall’elenco) e una fra strade (dalla mappa). Un’esplorazione forse talvolta più interessante sulla carta che in loco, almeno in certe zone. Comunque un modo semplicissimo e, almeno per me, molto divertente. Ho scoperto toponimi buffi, spesso situati in località che mai avrei pensato. O ne ho riscoperti altri, cioè ne ho meglio compreso il significato quando ho potuto contestualizzarli nel territorio di appartenenza, sia pure solo disegnato, calandoli nel contesto del tessuto urbanistico, dunque storico, in cui si trovano.

Anche perché, come noto, l’intreccio delle strade è anche la trama della storia di un luogo, dunque si fa interessante il passeggiare attraverso strade, Storia e storie, fra l’altro non tutte ovvie o scontate, semplici o da ricostruire.

Insomma, veniamo al sodo e vediamo alcuni esempi, procedendo in questa prima puntata dalla A alla C.

Via Affogalasino nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via Affogalasino nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Cominciamo da quello che oserei definire quasi “un classico” della toponomastica curiosa romana: Via di Affogalasino, scritto proprio così, tutto attaccato.

Mi attivo per la ricerca e, naviga di qua-scartabella di là, mi imbatto in SITO-Sistema Informativo Toponomastica, un’utilissima banca dati del Comune di Roma (aggiornata al 2016) in cui basta inserire nell’apposita maschera di ricerca il nome della strada che interessa, ed ecco apparire utili informazioni storiche con tanto di scansione di documenti originali.

Il SITO mi dice che la denominazione risale al 1923, e che si tratta di un «antico vocabolo locale». Questa scarna risposta non mi basta, cerco ancora: secondo altre fonti la denominazione potrebbe riferirsi all’accidentale affogamento di un povero asinello in un fiumicello che scorreva da quelle parti, poi interrato; plausibile, ma più articolata è l’ipotesi dello storico romano Giuseppe Tomassetti (1848-1911), secondo il quale gli “asini” erano piuttosto i primi martiri cristiani uccisi per affogamento. Interessante, la questione potrebbe meritare un ulteriore approfondimento. Ma per ora questo mi basta, e mi sposto in tutt’altra zona.

Largo Badile e le via circostanti nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Largo Badile e le via circostanti nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Prendo (idealmente) la metropolitana linea A, scendo alla fermata Santa Maria del Soccorso (zona Tiburtina), e mi posiziono sulla Tavola 46 quadrante B4, dove incontro Via del Badile e Largo del Badile, incastrate fra Via F. Schubert, via W.A. Mozart, Piazza J. Brahms, Largo J.S. Bach, Via C. Debussy… Mi chiedo: cosa ci fa un rozzo badile in mezzo ai sublimi Schubert, Mozart, Brahms, Debussy ?!… Vale a dire: quali memorie contadine o rurali persistono in un’area di recente urbanizzazione (il toponimo risale al 1936), come si evince dalla toponomastica limitrofa dedicata a musicisti che hanno animato ambienti tutt’altro che contadini?!…

Analogo interrogativo mi pongo anche pochi metri più in là, dove il duro e rumoroso lavoro degli strumenti delle Via della Vanga e Via della Trebbiatrice disturberebbe le soavi armonie delle sinfonie composte da J. Sibelius, a cui è dedicata una via adiacente, mentre certo meglio si intonerebbe con l’avanguardia di Béla Bartók, che dà il nome a una strada distante  pochi metri.

Verifico dunque su qualche libro dal mio scaffale “Roma”, e leggo che mi trovo in una zona che fu sede di cave, casali e poderi, e che fu per secoli proprietà per lungo tempo dei monaci di San Paolo f.l.m. Ritengo, insomma, che questa informazione risponda sufficientemente al mio interesse. E mi dirigo altrove.

Zona dei Monti di Pietralata nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Zona dei Monti di Pietralata nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Per la precisione in Via delle Biade, tavola 45 quadrante B5, una traversa di via dei Monti di Pietralata. Mi aggiro nei quadranti intorno, fra Via dei Cereali, Via degli Aromi, Via dei Cardi, Via della Ruta… ma io vorrei abitare poco più in là, in Via dei Legumi, cibo che apprezzo molto. Non vivrei invece in Via del Sedano, ortaggio che mi rimane un po’ indigesto. Gradevoli, invece, Via dell’Origano, o Via della Mentorella. Immagino che, essendo questa una zona extraurbana e piena campagna fino a qualche decennio fa, la toponomastica si sia ispirata al contesto agreste che qui caratterizzava la zona: il SITO mi informa che i toponimi sono compresi fra gli anni 1938 e 1951, e non dà ulteriori scontate specificazioni oltre alle scontate diciture “nomenclatura agricola” o “nomenclatura botanica”.

Va detto però, per inciso, che la toponomastica di aree di recente urbanizzazione non sempre conserva le memorie del luogo. Spesso si ispira ad ambiti semantici omogenei e lessicalmente “ben forniti”, così da poter coprire uno sviluppo viario consistente e poter dare un nuovo nome a ogni nuova strada. Così non necessariamente nei dintorni di Via delle Biade si trovavano in effetti coltivazioni di origano, mentorella, ruta e di tutte le altre specie botaniche già elencate. Solo, si è sfruttato questo “argomento”, ricco in terminologia, per poter coprire tutta la nuova rete viaria. Così come accade, ad esempio, con i musicisti stranieri (vedi sopra; i musicisti italiani sono ricordati in zona Parioli), personaggi del cinema e dello spettacolo, specie animali, e così via dicendo.

Da Pietralata torno in pieno centro storico, nel rione Trevi, in Vicolo delle Bollette, in quello che potrebbe essere l’indirizzo ideale per un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. E invece no, niente a che vedere con le attività esattoriali, bensì con i fabbricanti di chiodi e borchie, perché la “bulletta” era il chiodo corto e con capocchia larga con cui gli scarpinelli (i ciabattini) risuolavano le scarpe dei contadini e degli indigenti.  Per completezza di informazioni: il cedolino cartaceo con cui paghiamo utenze, sanzioni e tasse varie prende invece il nome di “bolletta” dal sigillo (“bulla”) apposto sui documenti per l’autenticazione. Ciò di cui ci si occupava, per l’appunto, in  Vicolo del Bollo (che congiunge Via del Pellegrino e Via dei Cappellari), il cui toponimo risale al 1870 ed è dovuto all’«antico ufficio del Bollo esistente in loco», come ci dice il SITO.

Via dei Baullari, in: A Handbook of Rome and its environs, 15th edition, London, Murray, 1894
Via dei Baullari, in: A Handbook of Rome and its environs, 15th edition, London, Murray, 1894

Resto in centro, a ridosso di Campo de’ Fiori. Mi è sempre piaciuto passare per Via dei Baullari, poiché amo il suono rotondo, pieno ed avvolgente di questo toponimo il cui significato mi pare abbastanza chiaro, sebbene in più di una occasione qualcuno mi abbia chiesto cosa significhi. Esso indica i fabbricanti di bauli e valigie che lavoravano in questa zona, insieme a una miriade di altri artigiani che appunto sopravvivono oggi nella toponomastica, e sui quali non mi soffermo poiché l’oggetto della loro produzione è intuitivo quando non esplicito: calderari, chiavari, sediaroli, funari, canestrari, eccetera.

Resto nei paraggi, questa volta in senso sia topografico che alfabetico, ed eccomi fra Via e Vicolo de’ Burrò: niente di spalmabile insieme alla marmellata, ma piuttosto la trascrizione fonetica del francese “bureau”, pronuncia “burò”, cioè “ufficio”, poiché durante la prima occupazione francese di Roma, nel 1798, i francesi installarono proprio qui i loro uffici. La via e l’omonimo vicolo, suo breve prolungamento, assumono la forma di una piccola tenaglia e, abbracciando il retro del bel palazzetto che dalla parte opposta si affaccia sulla suggestiva Piazza Sant’Ignazio, si pongono come quinte laterali di una scenografia teatrale, capolavoro di Filippo Raguzzini nell’ultima fase del barocco romano.

Continuo a scorrere con l’indice l’elenco alfabetico, e giungo in Via del Calice e Via del Calicetto,  in zona Appia Nuova-Capannelle. Mi sposto sulla tavola e quadrante indicati, trovo il calice e i suoi dintorni e… cosa ci fanno due coppe in mezzo a una toponomastica dedicata a piccoli comuni calabresi?! Altra perplessità a cui rispondere, mi attivo per la ricerca: le denominazioni risalgono rispettivamente agli anni 1930 e 1939, come dice il SITO, e derivano la prima «dalla corruzione del nome “Cadice”, città sede del vescovato di Girolamo Theodoli, nel sec.XVI», e la seconda dalla tenuta «dipendente da quella di Calice». Le denominazioni dovute ai comuni meridionali, invece, risalgono a pochi anni dopo.

Via del Corea nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via del Corea nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Torno in centro storico, stavolta sono in Via del Corea (a ridosso di Piazza Augusto Imperatore): curioso, un toponimo che evoca l’estremo Oriente in mezzo alla italica risistemazione urbanistica della piazza operata durante il fascismo su progetto dell’architetto Vittorio Ballio Morpurgo… Il toponimo risale al 1942, e farebbe riferimento alla proprietà dell’antica famiglia portoghese Correa… Ma stavolta la spiegazione non mi basta: perché allora, dato che si parla di una famiglia, si chiama “del Corea” e non “dei Correa”? Perché, cioè, al singolare e con una “r” in meno?!… Cerco ancora, ed infine trovo una spiegazione che mi convince di più: proprio qui, sui ruderi dell’antico Mausoleo di Augusto, fu inaugurato nel 1780 un anfiteatro di proprietà della famiglia Correa. Nel teatro per lungo tempo e con grande successo di pubblico si svolsero giochi, lotte e spettacoli pirotecnici; dopo il 1870 venne dedicato a Umberto I, anche se i romani non smisero di utilizzare il nome originario; infine durante il Ventennio fu demolito per fare spazio alla esposizione dell’Ara Pacis, riportata alla luce proprio in quegli anni. Dunque il nome è probabilmente una storpiatura del nome della famiglia che in romanesco da “Corea” sarà diventata “Er Corea”, e il singolare si spiegherebbe con l’ellissi del nome “teatro”, cioè “Via del [teatro] Corea”. Verosimile, direi.

Via della Cuccagna nella Carta "Roma 1960", Guida Monaci
Via della Cuccagna nella Carta “Roma 1960”, Guida Monaci

Concludo questa prima passeggiata fra le pagine dello stradario fermandomi in Via della Cuccagna, a ridosso di Piazza Navona: il toponimo venne assegnato nel 1829 in ricordo del gioco che dal Rinascimento e fino al XVIII secolo si svolgeva a piazza Navona. Esso consisteva nell’arrampicarsi su un alto palo, in cima al quale erano appesi ricchi premi e cotillons. La difficoltà stava nel raggiungere la cima non solo perché piuttosto alta, ma anche perché, a rendere più difficile il tutto, il fusto dell’albero era unto di grasso, cioè scivolosissimo. Il premio però era gustosissimo.

Una prima conclusione di passeggiata che spero possa essere benaugurante e, soprattutto visti i nostri tempi, un invito a resistere e a sperare.

Alla prossima passeggiata sullo stradario!

Fonti:

  • Mario La Stella, Antichi mestieri di Roma, Roma: Newton&Compton, 1982
  • Giorgio Carpaneto, I vicoli di Roma, Roma: Newton&Compton, 1989
  • Giorgio Carpaneto – Claudia Cerchiai – Maria Rosaria Grifone, I quartieri di Roma, 2 vol., Roma: Newton&Compton, 1996
  • Paola Staccioli, I teatri di Roma dal Rinascimento ai giorni nostri, Roma: Newton&Compton, 1997

[Chiara Morabito, storica dell’arte e guida turistica, 6 aprile 2020]

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