Roma e il poeta che è in noi: esercizi di poesia creativa

21 marzo 2020: a rischiarare la cupezza di questo recluso ed arduo inizio di primavera interviene la poesia, grazie alla ricorrenza della “Giornata mondiale della poesia” (che è, al contempo, sia la “Giornata europea della musica antica”, sia la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” ) e, aggiungiamo noi, intervengono Roma, il suo paesaggio e la nostra creatività. Cogliamo lo stimolo, dunque, e dedichiamoci alla poesia creativa.

La nostra amata Roma, in questi giorni di emergenza sanitaria preclusa agli occhi ma non ai ricordi e alla fantasia, sarà la nostra ricchissima fonte di ispirazione.

Quanto stiamo per suggerire, inoltre, potrebbe diventare un interessante esercizio (linguistico, storico, artistico) per gli scolari, dai più piccoli ai più grandi. Vediamo come.

Prima di tutto impostiamo una ricerca bibliografica che, dato l’argomento, non sarà troppo ardua: cercheremo componimenti in versi (filastrocche, sonetti, testi per canzoni d’autore o per brani popolari, odi…) dedicati appunto alla Città Eterna; senza troppa fatica troveremo illustri penne a farci da guida. Una volta raccolti i brani che più ci piacciono, che più profondamente evocano in noi ricordi e sensazioni, rechiamoci (idealmente, almeno per ora) nei luoghi descritti dal poeta,  e verifichiamo quanto anche noi siamo in grado di esprimerci stimolati dalle bellezze, piccole e grandi, nascoste o monumentali, della nostra bellissima città. Scopriamo e/o riscopriamo la nostra (eventuale) attitudine poetica.

Non appena sentiremo l’ispirazione sgorgare dalle nostre sorgenti interiori, ci accingeremo a scrivere, e allora ci accorgeremo presto che ci stiamo cimentando, con un vero e proprio esercizio di scrittura, con una stimolante, divertente e inesauribile esercitazione trasversale che può coinvolgere molteplici discipline, dunque altrettanti ambiti semantici: l’italiano (lessico e letteratura), la Storia (la Roma antica, la Roma barocca…), l’archeologia, la storia dell’arte, l’aneddotica, la botanica…

Un esercizio di scrittura che, con i dovuti aggiustamenti, si rivela essere adatto a tutte le età, dunque a tutti i gradi scolastici.

Roma, Palazzo del Monopolio dei tabacchi (Pio IX, 1860) [Fonte: Wikipedia, by Lalupa]
Roma, Palazzo del Monopolio dei tabacchi (Pio IX, 1860) [Fonte: Wikipedia, by Lalupa]
PIAZZA MASTAI

Cominciamo dai più piccoli; il nostro “Virgilio” potrebbe essere Gianni Rodari, che dedica una delle sue simpaticissime e acute filastrocche alla Piazza Mastai (Gianni Rodari, Filastrocche lunghe e corte, illustrate da Emanuele Luzzati, Roma: Editori Riuniti,  1999, seconda edizione).:

In piazza Giovanni Mastai Ferretti
fanno il bagno i ragazzetti,
fanno i tuffi nella fontana
della tranquilla piazza romana.
Passano i filobus, la circolare,
pieni zeppi da scoppiare.
Dai finestrini i passeggeri
osservano i tuffi con sguardi severi
e minacciando con il dito
dicono: “Guai ! è proibito!”.
Ma io posso leggere nel loro cuore,
sotto la giacca, sotto il sudore.
E dentro c’è scritto: “Fortunati
quei diavoletti scatenati!
Sarebbe bello, invece di andare
al ministero a scribacchiare,
tuffarsi con loro nella fontana
d’una tranquilla piazza romana,
dimenticando il caldo e i guai
nella fontana di piazza Mastai” .

 Se siamo in compagnia dei nostri alunni o dei nostri piccoli figli, possiamo far notare loro in primo luogo che Rodari ha dedicato la sua poesia a un luogo di Roma sì centrale (siamo nel bel mezzo di Trastevere), ma non certo fra i più celebri, non siamo certo nella Roma “da cartolina”. Questa scelta ci induce a riflettere e a concludere: qualunque luogo può essere oggetto di una celebrazione poetica, purché susciti in noi un sentimento e purché stimoli la nostra curiosità. Può trattarsi di un luogo periferico o anche di Piazza Navona, di un grande parco pubblico o di una più modesta aiuola, di una bottega o della facciata di un palazzo o di una chiesa, di un giocoliere o di un altro artista di strada… O anche di un mezzo di trasporto (e infatti, quanti componimenti, fra filastrocche e racconti, Rodari ha dedicato ai filobus!, elemento che ritroviamo anche qui), o di una vera e propria scenetta alla quale casualmente assistiamo: un incontro fra amici, una galanteria fra innamorati, un goffo tamponamento… Tutto è una potenziale fonte di ispirazione, purché ci piaccia e susciti in noi una reazione emotiva.

Terme di Caracalla [Fonte: Wikipedia, CC BY, SA 4.0]
Terme di Caracalla [Fonte: Wikipedia, CC BY, SA 4.0]
TERME DI CARACALLA

Piccoli poeti crescono: insieme ai più grandi (13-15 anni) abbiamo gli strumenti per affrontare Giosuè Carducci, sedendoci idealmente insieme a lui Dinanzi alle Terme di Caracalla (da Giosuè Carducci, Odi barbare, a cura di Luigi Banfi, Milano: Mursia,  2018).

Corron tra ’l Celio fósche e l’Aventino
le nubi: il vento dal pian tristo move
umido: in fondo stanno i monti albani
bianchi di neve.
[…]
Continui, densi, neri, crocidanti
versansi i corvi come fluttuando
contro i due muri ch’a piú ardua sfida
levansi enormi.
[…]
Ed un ciociaro, nel mantello avvolto,
grave fischiando tra la folta barba,
passa e non guarda. Febbre, io qui t’invoco,
nume presente.
[…]
Febbre, m’ascolta. Gli uomini novelli
quinci respingi e lor picciole cose:
religïoso è questo orror: la dea
Roma qui dorme.

Poggiata il capo al Palatino augusto,
tra ’l Celio aperte e l’Aventin le braccia,
per la Capena i forti ómeri stende
a l’Appia via.

La nostra attenta lettura del testo carducciano avrà evidenziato: le annotazioni paesaggistiche (dunque la vegetazione, gli animali, la presenza dell’uomo, le rovine, le strade…), quelle meteorologiche, i riferimenti al Mito e alla Storia (Romolo e Remo), gli spunti sonori (il gracchiare dei corvi, il fischiettare del ciociaro), i sentimenti del poeta (devozione, malinconia, rimpianto…), e certamente molto altro. E ora dunque tocca a noi: davanti alle Terme di Caracalla, come davanti a qualsiasi altra maestosa rovina, possiamo avvalerci di spunti lessicali fra rime (qui non vale l’ormai logoro refrain, sebbene sempre simpatico Alle terme di Caracalla tutti i romani giocavano a palla!!), assonanze, allitterazioni,  e potremo usare parole-chiave quali terme, Caracalla, frigidario/tepidario/calidario, i pini, e tanto altro. Valgono anche gli spunti biografici: in questo caso il crudele imperatore ben si presta alla composizione letteraria. Idem per gli spunti storici: l’odierno traffico automobilistico fra una rovina e l’altra, ma anche ricordi della nostra storia personale…

Colosseo [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY]
Colosseo [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY]
COLOSSEO

E poi un grande classico, l’immarcescibile Giuseppe Gioachino Belli e la sua

, scritta nel 1835 (da G.G. Belli, Tutti i sonetti romaneschi, a cura di Marcello Teodonio, Roma: Newton Compton, 1998)

 St’arcate rotte c’oggi li pittori
viengheno a ddiseggnà cco li pennelli,
tra ll’arberetti, le crosce, li fiori,
le farfalle e li canti de l’uscelli,
            
     a ttempo de l’antichi imperatori
ereno un fiteatro, indove quelli
curreveno a vvedé li gradiatori
sfracassasse le coste e li scervelli.
              
     Cqua llòro se pijjaveno piascere
de sentí ll’urli de tanti cristiani
carpestati e sbramati da le fiere.
              
     Allora tante stragge e ttanto lutto,
e adesso tanta pasce! Oh avventi umani!
Cos’è sto monno! Come cammia tutto!

In questo caso, una volta recuperati i suggerimenti già sviluppati con Carducci (biografia, archeologia, paesaggio, eccetera), sfrutteremo soprattutto lo spunto dialettale divertendoci con la libertà espressiva e il colore che il romanesco (come qualsiasi altro dialetto, certamente) ci permette di esprimere. Ma attenzione!, qui viene il bello (ispiratoci dal Belli): quando si tratterà di scrivere in romanesco dovremo essere precisi fra apostrofi, accenti, vocali e altre trascrizioni, e allora  ci renderemo conto che non è poi così semplice scrivere in dialetto, e così avremo fatto un doppio esercizio: di composizione e di trascrizione.

Rechiamoci ora presso un punto panoramico della nostra amata città, e cimentiamoci con la descrizione poetica dell’ampiezza. Spunti visivi quali il profilo dei monti lontani, il fiume e i suoi verdeggianti argini, i ponti più antichi e quelli più moderni, le sagome dei monumenti più noti (che inevitabilmente ci sforzeremo di riconoscere e collocare), le cupole, il cielo, la luce, le nuvole. E tutte le conseguenti parole-chiave: ampiezza, immensità, apertura, paesaggio, città, 

La stessa sensazione di immensità, oltre lo spazio e il tempo che dovette avere Marziale quando dal Monte Mario scrisse: «Hinc septem dominos videre montes. Et totam licet aestimare Romam». (da Marco Valerio Marziale, Epigrammi, Milano: Rizzoli, 1996).

In conclusione, sarà divertente a fine lavoro confrontare i diversi esiti stilistici: chi si dilunga e chi invece ha il dono della sintesi, chi descrive con chiarezza e chi è più ermetico, chi ironico e chi romantico, chi Pasquino e chi Trilussa.

Insomma, a ciascuno il suo.

[Chiara Morabito, storica dell’arte e guida turistica, 2 aprile 2020]

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