Il pugile in riposo del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo

Sono un pugile in riposo, una statua bronzea famosissima esposta presso il Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo a Roma, anche se di tanto in tanto mi faccio qualche viaggetto oltreoceano in occasione di mostre internazionali.

Roma, Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo, Pugile in riposo [Foto: Wikimedia Commons, CC BY SA 4.0 International, by Livioandronico2013]
Roma, Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo, Pugile in riposo [Foto: Wikimedia Commons, CC BY SA 4.0 International, by Livioandronico2013]
Fui ritrovato nel 1885 sul colle Quirinale nell’area del Convento di San Silvestro, là dove un tempo si localizzavano le terme di Costantino. A dire il vero, non ero stato seppellito in tutta fretta, ma mi avevano nascosto con cura. Quando mi hanno ritrovato interrato a sei metri di profondità ero seduto su un capitello che mi faceva da sgabello ed ero ricoperto di terra setacciata per salvaguardare la superficie bronzea del mio corpo muscoloso. L’archeologo Rodolfo Lanciani, all’epoca del ritrovamento segretario della Commissione archeologica comunale, disse:

ho sperimentato una sorpresa dopo l’altra; ho talvolta e per lo più inaspettatamente, incontrato reali capolavori ma non ho mai provato un’impressione straordinaria simile a quella creata dalla vista di questo magnifico esemplare di un atleta semi-barbaro, uscente lentamente dal terreno come se si svegliasse da un lungo sonno dopo i suoi valorosi combattimenti.

Osservatemi con attenzione: mi sto riposando dalle fatiche del combattimento, evidenti nella resa dei dettagli del mio corpo. Ho vinto? Ho perso? Mi diverto a leggere le ipotesi degli esperti che propongono diverse interpretazioni, la discussione è ancora aperta…

Certo, la lotta è stata dura, ho il volto, le braccia e le gambe piene di ferite. Lo scultore è stato bravissimo, ha riprodotto le stille di sangue, le ferite, le cicatrici con una tecnica particolare d’intarsio dei metalli che, in termine tecnico, si chiama agemina. Immaginate di trovarvi nella bottega dell’artista. L’opera è quasi finita, è il momento delle rifiniture. Nel modellare il corpo ha lasciato dei piccoli incavi dove adesso sta incastrando delle piccole lamine di rame rosso battute a freddo che rimandano al colore del sangue. È poi il momento di rifinire le iridi e le pupille, purtroppo non saprete mai di che colore avevo gli occhi e di che materiali erano fatti perché sono andati perduti.

Soffermatevi a guardare i miei guantoni da combattimento, ai miei tempi in greco si chiamavano Himantes Oxeis, si utilizzavano da centinaia di anni, del resto la pratica pugilistica è antichissima. Dovevano essere in cuoio: lo scultore ha reso benissimo l’anello di pelliccia al di sotto del gomito, le corregge che avvolgono il braccio e la fascia più larga che cinge le dita per proteggerle.

Glyptothek Munich, Copia moderna del pugile in riposo, dettaglio delle mani [Foto: Wikimedia Commons, CC BY 2,5]
Glyptothek Munich, Copia moderna del pugile in riposo, dettaglio delle mani [Foto: Wikimedia Commons, CC BY 2,5]
Il mio corpo è muscoloso, ma non sono più giovanissimo. Osservate le mie orecchie piene di tumefazioni, in gergo pugilistico si chiamano “orecchie a cavolfiore” e sono frequenti nei pugili, nei lottatori di greco-romana e nei judoka, soggetti a forti traumi che però in genere non compromettono le funzioni uditive.

Vi svelo un’altra curiosità: guardate con attenzione i miei piedi, sembrano consumati in alcuni punti. Avete mai sentito parlare della statua bronzea di San Pietro in cattedra realizzata da Arnolfo di Cambio per la basilica di San Pietro? Ha il piede destro consumato per i tanti pellegrini che per devozione lo accarezzano. Ecco forse a me, è accaduta la stessa cosa. Nell’antica Grecia si credeva che toccare le statue degli atleti avesse un effetto taumaturgico, non è improbabile ipotizzare che per un certo periodo la mia statua sia stata esposta al tocco dei visitatori in un edificio pubblico.

Vi ho già detto molto di me, ma sono così straordinario che voglio mettervi a parte di qualche altro segreto. Se non ve lo dicessi, non vi accorgereste che sono composto di otto pezzi, realizzati separatamente e poi saldati. Sarebbe stato impossibile, viste le mie dimensioni e la complessità della postura, realizzarmi in un unico pezzo.

Torniamo alla bottega dello scultore. Tutto è pronto per iniziare. Per ognuno pezzo, lo scultore realizza un’anima in argilla della forma e dimensione del frammento reale, ricopre quindi l’anima di un sottile strato di cera d’api modellandolo fin nei minimi particolari (pensate alla grande maestria nel modellare i riccioli della mia barba). Dopo questa delicata operazione lo scultore, certamente aiutato dai suoi assistenti, ricopre la forma con uno spesso strato di gesso (la forma), facendo in modo che aderisca perfettamente allo strato di cera. Questa è una delle fasi più delicate, uno sbaglio ed è tutto da rifare. La forma inoltre ha una serie di fori, uno più grande per la colatura del metallo fuso, uno per la fuoriuscita della cera liquefatta dal calore, uno per lo sfiato dei vapori. Ecco perché questo procedimento è detto “fusione a cera persa”. Il bronzo fuso è stato colato, tutta la cera è fuoriuscita, il metallo lentamente si raffredda, infine i singoli pezzi vengono liberati dallo stampo di gesso e saldati. Inizia una lenta e minuziosa opera di cesello e ripulitura delle impurità..

Che altro dirvi? Facevo parte di un gruppo scultoreo? Contro chi stavo o avevo combattuto? Chi mi ha scolpito? Quando? Il dibattito è aperto, anche se oggi si tende a pensare che io sia stato realizzato nel I secolo a.C., nel periodo che viene classificato come tardo-ellenismo, da un artista di altissimo livello, in grado di sfruttare al meglio la sua sapienza tecnica.

Su un aspetto però sono tutti d’accordo. Sono un vero capolavoro.

[Maria Teresa Natale]

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