Myanmar: escursione a Mingun e visita del palazzo reale di Mandalay

Dedichiamo due giorni alla visita di Mandalay e dei suoi dintorni.

Prima tappa della prima giornata: Mingun, a circa 10 chilometri da Mandalay, sulla sponda opposta dell’Irrawaddy. Per andarci prendiamo un battello privato (costo:  40.000 Kyat) imbarcandoci dal porticciolo di Mandalay, affollato di baracche fatiscenti.

Il porticciolo di Mandalay [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Il porticciolo di Mandalay [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Per salire sulla nostra imbarcazione, attraversiamo un ponte di barche e per passare da una barca all’altra ci aiutiamo tenendoci a corrimano di bambù allestiti per l’occasione.

La navigazione sul fiume dura meno di un’ora ed è molto piacevole. Seduti su comode poltrone all’aria aperta, gustando una bevanda calda inclusa nel prezzo, ci gustiamo il paesaggio.

Già da lontano intravediamo la base del Mantalagyi (il grande stupa reale), che avrebbe dovuto essere il più grande stupa del mondo. Sbarchiamo, due enormi clinthe semidistrutti – figure mostruose per metà drago e per metà leone – ci danno il benvenuto. Dedichiamo alla visita di Mingun un paio d’ore [biglietto d’ingresso: 5000 kyat a persona], incluse soste per piccoli acquisti presso le innumerevoli botteghe e bancarelle presenti lungo il percorso.

Iniziamo dalla pagoda incompiuta. Fu Bodawpaya, sesto re dell’ultima dinastia birmana, i Konbaung, e marito di ben 206 mogli, a deciderne la costruzione nel 1790. Bodawpaya definì se stesso Buddha futuro, ma il Sangha – la comunità buddhista ufficiale di monaci – non accettò mai la sua proclamazione.

Lo stupa incompiuto di Mingun [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Lo stupa incompiuto di Mingun [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Entriamo nella pagoda accodandoci a un gruppo di fedeli in fila per omaggiare un’effigie del’Illuminato. Un tempo, prima del devastante terremoto del 2006, si poteva salire in cima ai resti del monumento, oggi si può accedere solo alla prima rampa di scale dello stupa incompiuto. Si dice che non fu mai finito a causa di una profezia che affermava che quando la costruzione della pagoda fosse terminata, la dinastia reale si sarebbe estinta. Sta di fatto che se il progetto del re fosse stato portato a termine, lo stupa avrebbe raggiunto i 150 metri di altezza per poter essere visto da Schwebo, luogo di nascita della dinastia Konbaung.

Lungo l’itinerario di visita, non possiamo fare a meno di cimentarci nel far suonare la grande campana fusa agli inizi dell’Ottocento e voluta dallo stesso re Bodawpaya.

Un monachello ha appena suonato la Grande Campana [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Un monachello ha appena suonato la Grande Campana [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Non si può lasciare Mingun, però, senza aver visto la bianca pagoda Hsinbyume, a detta della nostra guida la più bella di tutto il Myanmar, costruita nel 1816 dal re Bagyidawe in memoria della sua prima moglie, morta nel dare alla luce un principino. Con i suoi centri concentrici e le decorazioni ondulate assomiglia a una montagna circondata dal mare. Infatti la caratteristica architettura vuol essere una rappresentazione simbolica del Monte Meru, la gigantesca vetta al centro del cosmo buddhista, sostenuta a sua volta da sette montagne circondate dall’oceano. È magnifico passeggiare lungo le terrazze cogliendo gli squarci di colore rosa delle tonache delle monachelle che compaiono tra le lattiginose onde intonacate.

La bianca pagoda Hsinbyume [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
La bianca pagoda Hsinbyume [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
È ormai la tarda mattinata e torniamo a Mandalay.

Il molo di Mingun sull'Irrawaddy [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Il molo di Mingun sull’Irrawaddy [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
In pulmino ci fermiamo per una gustosa sosta pranzo presso una tavola calda (Golden Shan Restaurant, 22nd street), che propone portate per tutti i gusti .

Proposte culinarie del Golden Shan [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Proposte culinarie del Golden Shan [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Ne approfittiamo per fotografare due poster sulla frutta e sulla verdura presenti in Myanmar.

Verdure del Myanmar in un manifesto locale
Verdure del Myanmar in un manifesto locale
Frutta del Myanmar in un manifesto locale
Frutta del Myanmar in un manifesto locale

Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita del palazzo reale [ingresso: 10.000 kyat a persona] costruito dal re Mindon, il quale fondò Mandalay nel 1857 per farne la capitale trasferendola da Amarapura. Si dice che il sovrano volle rispettare il volere del Buddha il quale, nel salire l’originaria collina, avrebbe predetto che 2400 anni dopo qui sarebbe sorta una grande città.

Osservando la mappa di Mandalay, si individua immediatamente il quadrato del palazzo reale circondato da un’alta cinta muraria. Ciò che si vede dell’area monumentale è più che altro una ricostruzione musealizzata che però rende bene l’idea di ciò che in origine dovesse essere la residenza reale distrutta dai bombardamenti degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale.

Facciamo un salto indietro nel tempo. 28 novembre 1885: si era in piena terza guerra anglo-birmana e in quel fatidico giorno gli inglesi occuparono il palazzo reale mettendo fine al regno di Birmania: il re Thibaw, la regina Supalayat e l’intera famiglia reale vennero fatti prigionieri ed esiliati in India.

Quel giorno, prima che gli inglesi riportassero la calma in città, il palazzo fu saccheggiato. “La gente si fermava a toccare i pannelli tempestati di giada. Un uomo si inginocchiò a colpire le tavole di legno con una pietra, cercando di staccare le decorazioni. La sala [delle udienze] era molto grande, con pareti e colonne rivestite di migliaia di frammenti di vetro. Lampade a olio ardevano appese ai muri e l’intera stanza sembrava in fiamme … ovunque c’era gente indaffarata, uomini e donne armate di asce e coltelli … estraevano le pietre dure incastonate nel pavimento di marmo; usavano armi da pesca per estrarre gli intarsi d’avorio da cassapanche di legno di rosa laccato … un uomo scrostava con una mannaia le dorature del telaio di un’arpa birmana e una donna scalpellava furiosa i rubini dagli occhi di una bronzea creatura leonina di guardia all’ingresso…  La famiglia reale trascorse la notte in uno degli edifici più isolati del vasto complesso, la Palazzina dei giardini, un piccolo padiglione circondato da laghetti, canali e aiuole rustiche. Il giorno seguente, re Thibaw sedette sulla veranda in attesa del portavoce britannico, colonnello Sladen. Indossava la fascia regale e un gaungbaung bianco, il turbante del lutto”: questa la descrizione di Amitav Ghosh nel suo avvincente romanzo Il palazzo degli specchi (Neri Pozza editore, 2007)sulla saga dell’ultima famiglia reale birmana.

Re Thibaw, figlio del grande Mindon, fu l’ultimo re birmano. Gli ultimi discendenti della grande dinastia Konbaung vivono ancora in India.

Osservare il panorama del Palazzo e della città dall’alto della torre di guardia circolare è il modo migliore per provare a immaginare la grandezza dello scomparso impero birmano.

Il Palazzo reale di Mandalay visto dalla torre di guardia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
Il Palazzo reale di Mandalay visto dalla torre di guardia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY NC ND]
[Maria Teresa Natale, travel designer] [29-30 ottobre 2018]

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