Roma: serendipiwalk a Tor Marancia

Pubblichiamo i risultati del Serendipiwalk tenuto il 16 dicembre 2018 nella zona di Tor Marancia a Roma e organizzato dall’Associazione culturale GoTellGo nell’ambito delle iniziative finanziate dal bando “Cult! L’Ottava Meraviglia” del Municipio Roma VIII.

Serendipiwalkers a Tor Marancia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Serendipiwalkers a Tor Marancia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Alla passeggiata hanno partecipato residenti e non residenti (liberi professionisti, impiegati, pensionati, insegnanti, ricercatori) del Municipio, financo dal Regno Unito, che hanno contribuito con la loro esperienza all’elaborazione dei risultati che qui riportiamo e che costituiscono gli ingredienti di una mappa di comunità.

Serendipimap di Tor Marancia [by Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Serendipimap di Tor Marancia [by Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Nella mappa iniziale sono riportati i punti d’interesse presso i quali ci siamo soffermati e una serie di immagini utilizzate nel corso del workshop.

Per ogni punto d’interesse, è riportata una breve descrizione che integra alcuni contributi dei partecipanti. Segue, virgolettata, una serie di commenti particolarmente significativi.

Alcuni grafici sintetizzano le sensazioni provate dai partecipanti durante il percorso.

NAVIGATORI CIVIC CENTER [1]
“E’ da sempre che passo sulla Colombo e non ho mai capito la finalità di questa costruzione di vetro. Potrebbe essere riqualificata e restituita alla cittadinanza.”

Navigatori City Center [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Navigatori City Center [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Negli anni successivi al 2000, per realizzare un complesso edilizio pubblico-privato con funzione di polo aggregativo, è iniziata la costruzione del Navigatori Civic Center, edificio polifunzionale progettato per occupare lo spazio vuoto tra Piazza dei Navigatori e Viale di Tor Marancia. Il bando per la costruzione fu vinto da Manfredi Nicoletti, la cui idea era edificare il centro su uno spazio di 10 ettari completamente pedonale collegato a parcheggi e a un parco pubblico. Nei fatti poi il progetto fu ridimensionato, e si finì per seguire le dritte dell’architetto Bruno Moauro, di cui è stato portato a termine solo l’edificio in vetro per uffici ed accantonando tutte le opere pubbliche previste.

AUTOMOBILE CLUB DI ROMA [2]

Il grande edificio ad angolo tra Via Cristoforo Colombo e Viale di Tor Marancia venne edificato nel 1960 per ospitare l’ente pubblico che assiste l’automobilismo italiano a tutti i livelli. Si compone di due corpi di fabbrica, la Torre A e la Torre B, uniti da altri corpi di fabbrica, uno dei quali sopraelevato.

Automobile Club Roma [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Automobile Club Roma [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
CINQUE DI COPPE [3]
“Sarebbe il condominio in cui vorrei vivere da anziana con i miei amici.”
“Come cambia il senso del posto nel tempo.”
Evidente vetustà, simpatica architettura, buono stato (apparente) di conservazione.”
“La sorpresa è il vedere la buona manutenzione in un’area così.”
Abitavo in questa zona ma è stata una scoperta questo “5 di coppe”! E’ il condominio ideale in cui vorrei vivere
Odore di pollo arrosto – odore di terra bagnata – cielo nuvoloso – case dignitose, ordinate – senso di comunità – traffico lontano”

Ingresso al Cinque di Coppe [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Ingresso al Cinque di Coppe [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]

Il complesso del Cinque di Coppe visto dall'alto [Fonte: Googlemaps]
Il complesso del Cinque di Coppe visto dall’alto [Fonte: Googlemaps]
Il Cinque di Coppe, ad angolo tra Viale Tor Marancia e Via Marco e Marcelliano, è come un piccolo borgo a sé, un agglomerato a parte. Improntato ai caratteri di edilizia popolare, quella a misura d’uomo in cui gli spazi fra gli edifici fungono da luoghi di aggregazione, è una “piccola isola di pace”, ricca di verde: uno di quei posti, dice chiunque passi qui davanti, che “a vederlo fa venir voglia di viverci”. Un “perfetto esempio del cosiddetto social housing”, che risulta in una sensazione di aria respirabile nel contesto cittadino, lontana dal traffico e con un grande senso di comunità. Deve il suo nome alla conformazione degli edifici visti dall’alto.

COMPLESSO EDILIZIO [4]
“Riproduzione in miniatura della piccola comunità”
“Casette rapide, in legno e mattoni.”
Gli spazi fra gli edifici (molti) costituiscono luoghi di aggregazione non presenti nell’edilizia popolare attuale
Sembra che il tempo si sia fermato – albero di limoni – gabbia uccellini

Anche qui si sfata l’assioma centro abitativo uguale a palazzoni: per costruire, nell’ambito del piano di crescita economica del dopoguerra, delle dimore che non fossero il solito fabbricato anonimo, si decise di prendere spunto dalle Case Pater, brevettate durante il Ventennio dell’omonimo ingegnere. E a Tor Marancia si scelse il quadrilatero formato dall’incrocio di quattro strade: Via delle Sette Chiese, Via Santa Petronilla, Via Odescalchi e Via Flavia Tiziana.

Complesso edilizio a Tor Marancia caratterizzato da costruzioni basse [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Complesso edilizio a Tor Marancia caratterizzato da costruzioni basse [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Le costruzioni fasciste, ormai fatiscenti dopo il periodo bellico, furono demolite e al loro posto edificate queste graziose abitazioni su due piani, a spezzare la continuità con i palazzi delle altre periferie. Si cercò di riprodurre l’idea di piccola comunità, apponendo strutture per stendere la biancheria, panchine, orti e alberi di limoni che, magari, pur in una dimensione ormai totalmente diversa, continuano a dare un senso di boccata d’aria.

Complesso edilizio a Tor Marancia: area per stendere la biancheria [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Complesso edilizio a Tor Marancia: area per stendere la biancheria [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

ISTITUTO ROMANO SAN MICHELE [5]
“Belle linee puriste, adoro architettura fascista.”
“Come cambiano le funzioni nel tempo.”
“Emergente visibilità, nel contesto delle aree adiacenti, della struttura di stile tipicamente littorio.”
Le mimose che fiorivano dai muretti intorno, nei giardini, e noi li raccoglievamo per le compagne di classe“.
Il mio liceo, c’erano le colonnine del fascio“.

Oggi, questa grandiosa struttura cui si accede da Piazzale Antonio Tosti, rappresenta la più grande Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza di Roma, ma ci son voluti cinque secoli prima che assumesse le sembianze moderne, risultato della fusione nel tempo con altre opere pie. Le prime pietre dell’edificio furono poste sotto il papato di Sisto V: si trattava di uno dei tanti enti creati con lo scopo manifesto di arginare il dilagante fenomeno dell’elemosina. Si inizierà poi a parlare di Istituto Apostolico San Michele soltanto a metà del XVII secolo; al soglio di Pietro c’era papa Innocenzo XI, e l’Istituto costituiva un modello assistenziale emulato in tutta Europa per organizzazione e accoglienza. L’attuale Istituto è frutto della fusione fra l’Ospizio di San Michele a Ripa Grande e l’Orfanotrofio di Santa Maria degli Angeli, disposta nel 1928. E’ sicuramente l’emblema di “epoche caratterizzate da un maggior interesse verso gli indigenti”, di periodi in cui si cercava di non voltarsi e far finta di non vedere: gli enti religiosi un tempo giocavano sul campo, riempendo il vuoto e il disagio sociale. Nel contesto delle aree adiacenti emerge per visibilità e dimensioni, forgiato, con le sue linee puriste, a stile tipicamente littorio. Peccato che parte dell’immenso complesso sia fatiscente e non utilizzato.

Qualcuno però ricorda che lì anni addietro in alcuni degli edifici c’era un liceo, qualcun altro racconta che nell’area verde del complesso vennero alloggiati per un certo periodo dei rifugiati giunti dall’Afghanistan. Furono undicimila, forse qualcuno in più, gli afghani fuggiti dalla guerra del paese natio e passati per la tensostruttura installata a Tor Marancia, esperimento sociale di successo imitato in largo e lungo anche oltralpe. Un semplice tendone bianco, qualche materasso, uno spazio comune: null’altro che un arredo d’emergenza che per molti, disposti ad apprezzare il poco, rappresentava un solido tetto sotto cui sentirsi al sicuro. Finché, nel 2015, il Comune ha ordinato di dismettere questa “casa” provvisoria, suscitando non poche polemiche.

IPAB San Michele [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
IPAB San Michele [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

ISTITUTO SANT’ALESSIO [6]
“Una vera scoperta!”
“Eredità positive cui ispirarsi.”
“Incontro con il presidente del S. Alessio: ci racconta la sua storia.”

Da una parte l’Istituto Sant’Alessio, affidato alle cure dei padri Somaschi e originariamente stanziato sull’Aventino; dall’altra l’Ospizio Regina Margherita, fondato dalla principessa del Piemonte al tramonto del XIX secolo. Sono, come ci ha raccontato il presidente dell’Istituto, Amedeo Piva, incontrato casualmente durante la passeggiata, gli antenati celebri dell’odierno Centro Regionale S. Alessio – Margherita di Savoia per i Ciechi, struttura che da decenni svolge attività assistenziali e formative in favore dei non vedenti e che opera in continuità con gli istituti di cui sopra, eredità storiche di prima linea. La parola d’ordine è multisensorialità: un esperimento interessante, che punta a inserire la disabilità nel quotidiano, senza eradicare il cittadino dalla vita di tutti i giorni e anzi caldeggiandone l’inserimento in società. Come? Attraverso l’organizzazione di corsi universitari e di musica, laboratori per attività manuali,  lezioni di ogni genere.

IPAB Sant'Alessio [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
IPAB Sant’Alessio [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

PICCOLA SHANGAI [7]
“Emblema di un’area socialmente problematica.”
“Carino ma un po’ caotico e disomogeneo.”
“Sicuramente approfondirò l’origine di Tor Marancia.”

Tor Marancia quasi un secolo fa era una borgata, un agglomerato di casupole basse, di una stanza, in cui vivevano famiglie numerose; le abitazioni avevano i servizi in comune, i pavimenti in terra battuta e si allagavano d’inverno: si meritarono per questo l’appellativo di Piccola Shangai, proprio come la metropoli cinese vessata da piogge torrenziali.
Nel quartiere, tirato su nel 1933 in appena cinquanta giorni, furono trasferiti gli abitanti del centro storico di Roma, quando le loro case furono abbattute dal regime fascista per costruire via dei Fori Imperiali. Andarono a vivere a Shanghai anche famiglie di emigranti che arrivavano dal centro e dal sud dell’Italia.
In realtà dopo solo pochi anni le condizioni erano così precarie che si decise di raderle al suolo e di costruire al loro posto dei caseggiati popolari.

BAR GIGI [8]
“Il bar della resistenza contro la politica scellerata.”
“Storico per la zona.”
“Pensare che ci andava De Niro.”
“Belle storie – paura che quando Gigi se ne va un pezzo di storia vada persa.”

Il bar di Gigi accanto al mercato di Tor Marancia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Il bar di Gigi accanto al mercato di Tor Marancia [Foto: Associazione culturale GoTellGo, CC BY SA]
Presidia il territorio dal 1959, rigorosamente dietro il suo bancone: Gigi, proprietario dell’omonimo bar che a Tor Marancia è una sorta di istituzione, resiste sotto i colpi del rincaro affitti che ha fatto fuggire investitori e chiudere le più svariate attività nella zona: farmacie, forni, pizzicaroli. Situato in Viale Carlo Tommaso Odescalchi, è “l’unico residuato commerciale in un’area che si sta svuotando a causa di eccessivi aumenti di locazione“, e che ora rischia di perdere anche il mercato urbano.
Il bar è storicamente centro di aggregazione per tutti, specie per i ragazzi del vicino Istituto Sant’Alessio: rappresenta una vera e proprio narrazione popolare, “più di un semplice bar.”

I LOTTI DEL PIANO FANFANI [9]
“Edilizia popolare anni ’50.”
Una signora tira giù dal balcone una borsa e un’altra la mette dentro la spesa, uno spettacolo che mi ha riportato a quando ero bambina e questo era uno spettacolo abituale (50 anni fa…)

Le abitazioni popolari dei lotti Fanfani furono tirate su in tempo record nel 1949; sostituirono i vecchi baraccati della Piccola Shangai come stabilito dalla legge n. 43, promulgata sotto il governo della Democrazia Cristiana. Il partito di De Gasperi mirava in tal modo a smistare il popolino nelle nuove case e contemporaneamente a creare occupazione; i lotti erano finanziati con un sistema misto, meglio noto come Piano INA-CASA, a cui partecipavano lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori dipendenti.  Erano noti con i nomi di Tormarancio uno e due, San Quintino, il già citato Cinque de Coppe e Sottomassimo.

Qua e là lungo le strade che circondano i lotti la De Merode Crew ha dipinto gli eroi del quartiere…

Stencil della De Merode Crew [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Stencil della De Merode Crew [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

CHIESA NOSTRA SIGNORA DI LOURDES [10]
Reminiscenze mediorientali.”
Campanile simile a un minareto.”

Chiesa Santa Maria di Lourdes [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Chiesa Santa Maria di Lourdes [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
La chiesa, costruita su progetto dell’architetto Gino Cancellotti, sorge sulla collinetta in cui terminavano Viale di Tor Marancia e Via Odescalchi; fu nominata sede parrocchiale dal 1957, anno a cui risale l’acquisizione del nome odierno, Nostra Signora di Lourdes, scelto per volere di papa Giovanni XXIII.
Sebbene le forme ricordino “medioriente e minareti“, l’elemento che ispirò Cancellotti è la tenda biblica, simbolo di alleanza fra Dio e il suo popolo. La chiesa ha una facciata in laterizio scandita in tre settori da fasce di cemento armato. E’ a pianta poligonale, sormontata da una lanterna e fiancheggiata da un alto campanile.

BIG CITY LIFE [11]
“Arte di valore ed esempio di collaborazione fra paesi”
“Belli dal punto di vista artistico.”
“Il condominio potrebbe essere bello come i murali se manutenuto.”
“Evocazione michelangiolesca. Da valorizzare i giardini.”
“Esperienze di vita, speranza e solidarietà.”

Diciotto dipinti su altrettante facciate dello storico “lotto 1” di case popolari: è il risultato del progetto di arte pubblica partecipata, Big City Life, che ha chiamato a raccolta vari artisti internazionali provenienti da New York, Londra, Berlino, Buenos Aires. L’obiettivo? Ravvivare le periferie romane attraverso i colori di 974 bombolette spray. In questo modo il grigiore del quartiere ha lasciato spazio a un’esplosione di sfumatura laccate che suscita le sensazioni più varie: abbandono, positività, solitudine, gioia, dolore, storie quotidiane. Spiccano per fattura e contenuti “Il peso della storia”, realizzato dall’argentino Jaz e celebrativo del legame fra Italia e Sudamerica, con un reminder abbastanza esplicito della questione flussi migratori; e l’Untitled di Gaia (uno degli artisti più influenti under 30 secondo le classifiche di Forbes) ribattezzato poi dai passanti “Spettacolo, rinnovamento e maturità”. I dipinti del quartiere più colorato di Roma, che coprono complessivamente una superficie di 2500 mq, appaiono “disarmonici fra di loro, staccati, senza una trama”; eppure risultano “fortemente evocativi”, e sicuramente apprezzati trasversalmente.

Murale dell'artista statunitense Gaia [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Murale dell’artista statunitense Gaia [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

PARCO DELLA TORRE [12]

Ho visto la torre che pensavo non esistesse più!
“Si dovrebbero coinvolgere i cittadini nella cura del parco.”
“Bel colpo d’occhio.”
“Indefinibile come parco.”
“Mal tenuto.”
“Da riqualificare assolutamente.”

Giochi talvolta sommersi dall’erba, un campo incompleto, una torre murata e nessuna fontanella: così è ridotto il simbolo del quartiere, il Parco della Torre, un’area verde da tempo abbandonata ma per fortuna che c’è l’Associazione Parco della Torre che ha iniziato a prendersene cura grazie alla collaborazione dei cittadini che vivono nel quartiere. Negli anni la Torre con il circostante parchetto sono stati oggetto di numerosi tentativi di recupero e riqualificazione, necessari e doverosi secondo chiunque, caduti poi tutti nel vuoto, nonostante la buona volontà dei residenti che ne sono stati protagonisti: l’attenzione legata al Parco è stata spesso di natura propagandistica, portata al massimo durante le campagne elettorali per poi spegnersi. La Torre che dà il nome al Parco fu probabilmente costruita durante il Medioevo per controllare le vie attorno alla zona Ostiense, dall’Agro fino al mare: oggi, dall’alto dei suoi oltre 15 metri d’altezza, dopo essere stata ristrutturata internamente, risulta inutilizzata, in attesa di una funzione. 

Parco della Torre [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Parco della Torre [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

A conclusione del contributo pubblichiamo due grafici. Il primo sintetizza la percentuale degli stimoli percepiti dai partecipanti in relazione agli incontri fatti, ai ricordi e ai cinque sensi.

 

Il secondo grafico sintetizza le sensazioni percepite dai partecipanti in relazione alla meraviglia, alla sorpresa, alla curiosità, allo stimolo alla riflessione, all’evocazione nel senso di ricordi o collegamenti, al desiderio di vedere valorizzati i luoghi visitati.

Workshop dei serendipiwalkers in un caffè di Viale di Tor Marancia [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]
Workshop dei serendipiwalkers in un caffè di Viale di Tor Marancia [Foto: Associazione Culturale GoTellGo. CC BY SA]

[Alessandra Alesperide, Maria Teresa Natale]

Tutti i post del progetto:

 

3 comments

  1. Io sono uno di quelli che tormarancio l’ ha vissuta di striscio.. Mia madre e’ shangaina pura, sorella der ” nicchietta” ricordo chiaramente quando Sergio Maccarello mi regalo un cappottino avevo otto o nove anni e andavo alle elementari io lo chiamavo zio Sergio, c’ era ancora il bar sul viale e la bisca accanto e mi ricordo anche il benzinaio in fronte.

  2. Perché non parlate mai del bar del 5 di coppe e poche righe di via Marco e Marcelliano, forse (quasi sicuro) il complesso è più vecchio di San Quintino

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