Per chi percorre l’Antica Trasversale Sicula nel suo tratto iniziale, una sosta nel centro storico di Trapani è d’obbligo: è necessaria almeno mezza giornata per godere della passeggiata sul lungomare ed esplorare vicoli, chiese e piazze, fermandosi a fare quattro chiacchiere con i trapanesi, sempre ben disposti verso i forestieri.
Come ogni città antica anche le origini di Trapani affondano della mitologia: quella romana attribuiva la sua nascita a Cerere, che nell’attraversare il mondo su un carro trainato da serpi alate alla ricerca della figlia rapita da Ade, fece cadere in mare una falce, trasformatasi in una lingua di terra. Secondo un’altra tradizione la falce cadde invece dalle mani di Saturno, dopo aver evirato il padre Urano (il cielo) su istigazione della madre Gaia (la terra). Ad ogni buon conto, Drepanum era l’antico nome della città, derivato dal greco Drepanon che significava per l’appunto “falce”. Anche Virgilio la ricorda: qui infatti Enea perse il padre Anchise, partito con lui e il figlio Ascanio da Troia. Sfruttata come porto dagli elimi, città-emporio sotto i cartaginesi, fu fiorente città commerciale sotto i romani grazie al porto aperto sul Mediterraneo e all’estrazione del sale, sfruttato sin da epoca antichissima.
Col gruppo di camminatori, parto per la nostra passeggiata dal comodissimo Hotel Tiziano, dopo aver evidenziato un itinerario su una mappa cartacea, di cui non posso mai fare a meno.
In piazza Vittorio Emanuele, una bandiera giallo azzurra sull’asfalto con la scritta “peace for Ukraine”: forse non tutti sanno che i due colori del vessillo rimandano ai campi di grano simboleggianti la prosperità e al cielo blu simboleggiante la pace.
Al centro della piazza ci accoglie una statua del re galantuomo e padre della patria, Vittorio Emanuele II, collocata qui dai trapanesi nel 1872. Essi parteciparono attivamente ai moti del 1848-49, duramente repressi, e al momento del plebiscito nel 1861 si pronunciarono per l’annessione al Regno d’Italia.
Da piazza Vittorio Emanuele II imbocchiamo il lungomare Dante fino a piazza del Mercato del Pesce. Da lì deviamo a sinistra per Torrearsa fino al barocco Palazzo Senatorio che prospetta su corso Vittorio Emanuele. I due quadranti sopra le statue della Madonna di Trapani affiancata da Sant’Alberto e San Giovanni Battista, sono uno dei simboli della città: a sinistra il datario di 31 giorni, a destra l’orologio a 12 ore, in mezzo il tricolore sopra l’aquila reale, che sventolò per la prima volta sul palazzo il 30 gennaio 1948.
A fianco del palazzo si conserva una delle antiche porte della città, Porta Oscura, sulla cui torre prospetta un orologio astronomico realizzato alla fine del Cinquecento dal mastro trapanese Giuseppe Mennella in marmo e piombo. I due quadranti circolari rappresentano il Sole con due lancette per scandire le ore e il moto solare attraverso lo Zodiaco. Il sottostante Lunario con foro centrale per rappresentare la Terra ha due lancette anch’esso, per segnare le fasi lunari dalla luna nuova alla luna calante e il numero di giorni necessari per completare un ciclo (29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi).
Dopo una breve sosta di ristoro – chi prende un’arancina, chi un gelato, chi una spremuta di melograno – proseguiamo la passeggiata tornando in piazza Mercato del Pesce con la fontana della Venere Anadiomene per proseguire sul lungomare di Tramontana, ricco di scorci magnifici, resi ancor più belli dalla luce pomeridiana. Mentre sulla spiaggia sottostante c’è chi è in cerca della prima tintarella e chi si avventura in acqua per il primo bagno di stagione, noi seguiamo le mura della città antica coi loro bastioni, eretti durante la dominazione spagnola.
In via di S. Anna costeggiamo la sconsacrata chiesa di S. Lucia, meglio conosciuta come S. Maria della Catena perché collegata alla fratellanza dei pescatori di coralli che la fecero costruire nel Trecento. Fu costruita a ridosso del Bastione imperiale o di S. Anna, che faceva parte delle fortificazioni realizzate per difendere la città dalle incursioni dei pirati nel XVI secolo.
Anche la chiesetta piuttosto malmessa e sempre chiusa di San Liberale fu fatta costruire dai corallari nel Seicento per onorare il loro santo protettore. All’interno si conserva in una nicchia la statua del martire S. Liberato Abate, ma purtroppo non possiamo vederla.
Raggiungiamo la punta dove il Mar Tirreno incontra il Mare di Sicilia. Di fronte a noi si stagliano le Egadi, Guardando l’orizzonte, ripensiamo all’antica Drepanon e al periodo degli aspri scontri a suon di rostri tra le flotte cartaginese e romana. Durante la battaglia di Trapani del 249 a.C. i romani subirono una sonora sconfitta, ma otto anni dopo, il 10 marzo 241 a.C., riuscirono a sconfiggere i cartaginesi: fu la fine della prima guerra punica. Lo scontro tra le due civiltà mediterranee sarebbe proseguito per altri novant’anni, prima della caduta di Cartagine.
Entriamo nella Torre di Ligny, fatta costruire per volere del principe Claude Lamoral, militare spagnolo di origine belga e viceré di Sicilia nella seconda metà del Seicento, per difendere la città dalle incursioni piratesche. La torre fu sfruttata anche nella seconda guerra mondiale come postazione antiaerea.
Oggi ospita un piccolo museo civico, tra le cui raccolte si segnala una interessante collezione di reperti preistorici. Molto bella la copia del bassorilievo della Venere di Laussel, scolpito ben 20000 anni fa, durante il Paleolitico e rinvenuto in Dordogna. I seni, il ventre, l’ombelico ben delineato e la presenza del corno rimandano alla fertilità.
Proseguiamo il cammino in direzione del porto peschereccio. Vengo rimproverata dai miei compagni di viaggio per avere preso la scorciatoia! Non ci posso fare nulla, ho sempre il vizio di guardare dietro l’angolo per paura di mancare qualcosa di imperdibile.
Il mastro d’ascia noto col nome di Trimulina sta lavorando su un peschereccio, in compagnia del cagnolino Pepe. Il pescatore Peppe, in piedi accanto alla barca, vedendoci arrivare ci ferma per fare due chiacchiere, lamentandosi delle direttive europee sulla pesca a strascico, che secondo lui danneggiano i pescatori trapanesi.
Di fronte a noi, oggi unito alla terraferma, si staglia l’isolotto di Sant’Antonio che nel XIX secolo ospitò un lazzaretto per mettere in quarantena mercanti e mercanzie delle navi che giungevano nel porto di Trapani. Proseguiamo, in viale Duca d’Aosta, costeggiando un’infilata di alberi di eritrina, l’albero del corallo, dai bellissimi fiori rossi.
All’altezza di via Generale Fardella Enrico 18, quattro alti telamoni in alto rilievo realizzati in tufo stuccato decorano la facciata del settecentesco palazzo della Vicaria, sfruttato per un certo periodo anche come carcere.
Finalmente giungiamo alla barocca Chiesa del Purgatorio, meta obbligata della nostra passeggiata. Al suo interno si conservano venti gruppi scultorei dei Misteri che rievocano la passione di Cristo, realizzati tra Sei e Settecento nelle botteghe dei mastri trapanesi con legno, tela e colla. Ogni anno, i sei venerdì della Quaresima sono scanditi dalle Scinnute: i gruppi statuari, addobbati con fiori e argenti, vengono fatti scendere e spostati verso il centro della navata centrale della chiesa dove il vescovo celebra la messa, mentre una banda musicale all’esterno intona marce funebri.
Le congregazioni (i cosiddetti ceti o maestranze) degli orefici, pescatori, ortolani, metallurgici, barbieri e parrucchieri, muratori e scalpellini, calzolai, tessili, falegnami, carpentieri, fruttivendoli, pastai, albergatori si alternano di settimana in settimana per esporre il mistero loro affidato in passato, addirittura con atti notarili dalla Confraternita di San Michele Arcangelo cui si deve l’istituzione del rito in epoca barocca: dalla lavanda dei piedi a Gesù nell’Orto di Getsemani, dall’arresto a Gesù dinnanzi ad Erode, e così via. L’ultimo mistero a “scinnere” è quello della Maria SS. Addolorata.
La processione finale si svolge il Venerdì santo, i portatori (massari) conducono la vara (ovvero la struttura e il gruppo scultoreo) facendola oscillare, tre passi avanti e due indietro, per alleggerire la fatica. Il capo dei portatori a spalla percuote la ciaccola, una specie di nacchera, con cui impartisce i comandi.
Grazia, una signora molto devota frequentatrice della chiesa, ci racconta che il mistero di Maria SS. Addolorata è l’ultimo a rientrare, ormai a notte fonda; dietro di lei sfilano donne con i ceri, tutte vestite di nero e con delle velette, hanno fatto dei voti, e sono l’immagine della sofferenza che ognuna si porta dentro. La processione non è solo una tradizione folkloristica o una festa, per molti è un atto di fede e devozione.
La passeggiata prosegue: nella piazza omonima, non può mancare il monumento a Giuseppe Garibaldi, opera di Leonardo Croce che lo realizzò nel 1890. Alla base un maestoso leone di bronzo poggia una zampa su uno scudo con la parola “Libertà”, al di sotto del quale sbuca un fascio littorio.
Poco oltre la Fontana di Saturno rimanda a uno dei mitici fondatori di Drepanum. Fu fatta costruire dal Senato di Trapani in epoca medievale per celebrare l’inaugurazione dell’acquedotto chiaramontano, proveniente dalle falde del Monte Erice.
Ci portiamo in via San Pietro: dal portale laterale con un bel rilievo raffigurante un’Annunciazione, entriamo nella cinquecentesca Chiesa di Santa Maria del Gesù. C’è la Messa, cercando di non disturbare ci affacciamo comunque nella cappella rinascimentale in cui è collocato un bellissimo baldacchino marmoreo di Antonello Gagini (1521): al suo interno si conserva un’inaspettata Madonna degli Angeli quattrocentesca, realizzata in terracotta dal fiorentino Andrea della Robbia, circondata da archi di putti e frutta e verdura.
Molto particolare anche la Madonna sopra l’altare, svettante su una nuvola di cherubini in stucco.
All’uscita della chiesa, una scena dolorosa. Due graziosissimi pulcini di gabbiano sono caduti incolumi dal tetto della chiesa. Qualche anima pia li ha avvicinati al muro per salvarli dalle macchine, mamma gabbiana li guarda dall’alto chiamandoli con stridii strazianti, ma non può far nulla. Proviamo a chiedere se si può salire sul tetto della chiesa per riportare i gabbianini, ma purtroppo è vietato per motivi di sicurezza. Fortunatamente, un’amante degli animali decide di prTrapani. Santuario di Maria SS. Annunziata, cappella di S. Adaberto degli Abati [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]endere i due sfortunati piumati per portarli presso un’associazione che se ne possa occupare.
Anche Trapani ha avuto il suo quartiere ebraico: lo ricorda il tre-quattrocentesco Palazzo della Giudecca, riconoscibile per bugne a diamante sulla torre e le finestre decorate che rimandano allo stile plataresco di origine spagnola, volute dalla famiglia Ciambra che acquistò il palazzo dopo l’espulsione degli ebrei dai domini spagnoli.
Ormai si è fatto tardi e non riusciamo a entrare nella chiesa di San Pietro che conserva un vero gioiello: un organo tra i più belli dei mondo, in grado di riprodurre le sonorità di strumenti a fiato, a corda e perfino di tamburi, pifferi e cornamuse, con le sue sette tastiere e quattromila canne di diversa altezza.
Siamo sazi di bellezza, così rientriamo verso il centro e ci sediamo sugli scalini del Duomo dove facciamo la conoscenza del simpatico Salvatore, che ci racconta la sua esperienza di chef.
Non possiamo che terminare la serata con una bella cena in una gustosa trattoria locale: tra le specialità locali: busiate al Rais, jolanda alle sarde, sgombro all’agliata. Affamati, invochiamo il cameriere di raggiungere il nostro tavolo per la “comanda”.
Ci sentiamo senz’altro di consigliare la Taverna dei Corsari (via S. Francesco d’Assisi 95), ricavata all’interno di un antico opificio nel quale si fabbricavano botti e bottacci per la conservazione del pesce in salamoia, che veniva poi esportato in tutto il Mediterrano.
Trapani però non può esser lasciata senza una visita al Santuario della Madonna di Trapani, noi lo abbiamo fatto in una giornata diversa, dopo la visita all’Isola di Pantaleo con la colonia fenicia di Mozia, raccontata in un altro post.
La signora che avevamo incontrato nella chiesa del Purgatorio ci aveva informato, orgogliosa, che tutti i trapanesi “nascono con il latte materno e la devozione per la Madonna di Trapani”: la Vergine fa parte della loro identità, della loro tradizione. Ci ha perfino mostrato una sua immagine di fronte alla Madonna sul suo profilo Instagram e raccontato della “quindicina”, quando i pellegrini trapanesi si recano per quindici giorni consecutivi, dal 1° al 15 agosto, al Santuario per venerare la Madonna di Trapani, festeggiata solennemente il 16 agosto.
Accediamo da via Pepoli Agostino Conte al Santuario di Maria Santissima Annunziata, il santuario mariano più famoso della Sicilia occidentale dedicato alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Poco oltre l’ingresso, un ambiente ricco di dipinti, ex voto di ringraziamento alla Madonna di Trapani per incidenti navali, ferroviari o in carrozza, rimanda a storie realmente vissute e conclusesi bene.
La madonna col suo bambino, la Bedda matri di Trapani, troneggia all’interno di una cappella, vera e propria apoteosi del barocco: pareti decorate con marmi mischi, ovvero marmi policromi e paste vitree, da cui fuoriescono putti alati di diverse forme e dimensioni.
Una curiosità: quando la Vergine col Bambino giunsero a Trapani, in epoca svevo-aragonese, naturalmente il santuario ancora non esisteva e la Madonna venne collocata nella chiesetta di S. Maria del Parto, dove per anni erano stati accolti i Carmelitani prima di trasferirsi all’Annunziata. Nel 1270 la chiesa ospitò per alcuni giorni le spoglie mortali del re francese Luigi IX di Francia, morto a Tunisi durante l’ottava crociata, il San Luigi a cui a Roma è dedicata una cappella realizzata dall’architettrice Plautilla Bricci nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Tornando alla cappella del Santuario, essa fu progettata dal palermitano Antonello Gagini (lo avevamo già incontrato nella chiesa di Santa Maria del Gesù) nel 1537, mentre il gruppo scultoreo in marmo pario è stato attributo a Nino Pisano.
Non meno fastosa la cappella intitolata a Sant’Alberto degli Abati, patrono della città, realizzata in argento nella Cappella Fardella.
La visita al Santuario dell’Annunziata può anche essere fatta all’inizio della tappa successiva, da Trapani a Dattilo, passando per il Monte Erice, che racconteremo nel prossimo post.
[Maria Teresa Natale]
Cronaca del cammino da Mozia a Salemi, 29 aprile-6 maggio 2023
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