Da Dattilo a Calatafimi Segesta lungo l’Antica Trasversale Sicula

Dopo la tappa che da Trapani ci ha condotto a Dattilo, proseguiamo lungo l’Antica Trasversale Sicula ripartendo dal Baglio antico di Rocco in direzione di Bruca per un itinerario di circa 16 chilometri che non presenta particolari difficoltà.

Prima di riprendere il percorso segnalato, facciamo una breve deviazione per dotarci di pranzo al sacco e attraversiamo Fulgatore, una frazione di Trapani, a pochi passi dall’autostrada Palermo-Mazara del Vallo. Percorriamo la strada principale via Capitano Antonino Rizzo, intitolata a un garibaldino che rimase ferito nella battaglia di Calatafimi del 1860, e nei pressi della piazza dedicata ai caduti di Nassiriya, sostiamo al panificio Spada dove una gentilissima ragazza ci propone dell’ottimo pani cunzatu e gustosi biscotti.

Sosta a Fulgatore [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sosta a Fulgatore [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Superato l’abitato, imbocchiamo una trazzera. Il cammino procede gradevolmente nel verde brillante: ora incontriamo radi bagli e case coloniche, ora costeggiamo la canalizzazione di un acquedotto, ora attraversiamo il ponte di una ferrovia dismessa. Sul limitare di un campo di sulla ci fermiamo per quattro chiacchiere con Ippolito, un pensionato che per passare il tempo lavora la terra, e proseguiamo ora da soli, ora in coppia, ora in gruppo, e il cammino diventa un’occasione per conoscersi meglio.

Campagne tra Dattilo e Bruca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Campagne tra Dattilo e Bruca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Campagne tra Dattilo e Bruca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Campagne tra Dattilo e Bruca [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Poco prima di Bruca (dove non andremo mai), terminiamo la tappa al bellissimo Agriturismo Baglio Pocoroba, a pochi passi da Bruca. È una struttura ben gestita, con camere arredate con gusto, colazione e cena di qualità con prodotti locali e gustose pietanze di carne, di pesce e vegetariane, annaffiate da ottimo vino locale.

Agruturismo Baglio Pocoroba [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Agruturismo Baglio Pocoroba [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La mattina dopo ci attende un’altra tappa di sedici chilometri. Ci rimettiamo in cammino dopo una ricca colazione ma ci mettiamo un po’ per ricongiungerci con il sentiero della Trasversale in direzione di Calatafimi Segesta. Per evitare di raggiungere Bruca e allungare il trafitto, imbocchiamo una trazzera nei pressi del baglio, poi però siamo costretti a lambire un campo coltivato a cereali dove non è stato lasciato nemmeno uno stretto viottolo laterale per il passaggio (peraltro incrociamo in questo tratto il Sentiero Italia).

Verso Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Camminiamo immersi nel verde, due cagnoni della tenuta ci scortano per un lunghissimo tratto, presso un edificio rurale in abbandono troviamo la carcassa di un vecchio furgone arrugginito crivellato di pallottole, proseguiamo fino a un cartello che indica la direzione per la missione Speranza e Carità.

[Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
[Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ci domandiamo se è collegata alla sede di Palermo fondata da Biagio Conte (1963-2023), il missionario laico italiano che camminò per 1500 chilometri in saldali fino a Bruxelles per reclamare maggiori diritti. Giunse al Parlamento europeo con un bastone, un ramoscello d’ulivo e una lettera per gli europarlamentari, invitandoli a impegnarsi su temi quali la solidarietà, l’ospitalità, l’accoglienza, l’attenzione ai poveri, agli emarginati, ai profughi.

Sulla salita, facciamo a gara con un trattore per chi va più lento e all’incrocio con una strada asfaltata secondaria incrociamo un ciclista, ci racconta che questa è una terra ricca, gestita da aziende agricole condotte da famiglie presenti sul territorio da generazioni.

Incontri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Incontri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ancora qualche chilometro e raggiungiamo Terme Segestane, nel comune di Castellammare del Golfo. L’orario non consente di accedere allo stabilimento idrotermale – dove alcuni di noi si sarebbero fermati volentieri – e procediamo per un paio di centinaia di metri fino a raggiungere un piccolo laghetto di acqua calda sulfurea, le Polle del Crimiso, luogo ideale per rilassarsi immergendosi nelle acque calde e per la merenda di metà cammino ai piedi di un’alta parete rocciosa.

Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Crimiso non è solo il nome di un fiume che scorre nei pressi (identificato con l’attuale fiume San Bartolomeo formato dalle acque del fiume Caldo e del fiume Freddo) ma anche la sede della divinità fluviale che sprigionò il calore nelle acque del torrente per riscaldare la ninfa Egesta in fuga da Troia, che giaceva svenuta sulla riva. Naturalmente la storia ebbe un lieto fine, il dio e la ninfa convolarono a nozze e dalla loro unione nacque Aceste, il quale avrebbe poi fondato Segesta, intitolandola alla madre. In queste pozze, tra tamerici e canne lacustri, si bagnarono anche Ercole diretto a Erice e i compagni più vecchi di Enea, affinché si ritemprassero nelle calde acque e ripopolassero il territorio.

Dintorni di Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dintorni di Terme Segestane [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Lasciamo a malincuore le Polle di Crimiso e riprendiamo il cammino in direzione di Bosco Angimbè. un’area verde di 200 ettari, parte della quale è popolata da un’immensa sughereta autoctona, un tempo molto più vasta. Un incendio recente la ha per fortuna solo lambita e la gran parte degli alberi si è salvata. In cima alla collina, immersi tra colori, profumi e bei paesaggi in direzione del Monte Inici e del Monte Bonifato, ci fermiamo a riprendere fiato al Centro didattico-naturalistico Bosco di Angimbè. La struttura è chiusa e ci limitiamo a usufruire delle comode panche (e dei giochi per bambini!).

La sughereta di Bosco Angimbè [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La sughereta di Bosco Angimbè [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ormai abbiamo scavallato il colle e la discesa sull’altro versante non è impegnativa. Ci mettiamo meno di un’ora a coprire i restanti chilometri per la cittadina di Calatafimi-Segesta.

Un tempo il comune si chiamava semplicemente Calatafimi, ma dal 1997 ha assunto il doppio nome grazie a un sindaco lungimirante che riuscì a far promulgare una legge regionale per la modifica del toponimo, ritenendo che la cittadina potesse trarre vantaggio della vicinanza del sito archeologico di Segesta, ubicato all’interno del comune.

Arrivo a Calatafimi Segesta [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Arrivo a Calatafimi Segesta [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il simpatico e ospitale Roberto, gestore del comodissimo e grazioso b/b Dimora di Segesta, che assolutamente raccomandiamo, ci informa che siamo molto fortunati: è il giorno della festa del SS. Crocifisso, a cui dedichiamo un post di approfondimento.

Alloggiamo a Calatafimi Segesta per due notti, di modo da avere il tempo il giorno successivo di visitare il borgo e il sito archeologico di Segesta.

Mentre facciamo colazione, Roberto ci racconta che lavora in una scuola nel nord Italia, ma che ha anche scommesso su quest’attività ricettiva nella sua città natale. Ci mette cuore e passione e mentre ci illustra le opportunità offerte da Calatafimi e dai suoi dintorni, ci propone delle deliziose ruote di carretto con ricotta e pistacchio cucinate dalla sorella, vera delizia per la vista e il palato.

Roberto e le ruote del carretto [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Roberto e le ruote del carretto [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Avremmo voluto visitare il Santuario campestre di Maria Santissima di Giubino, sul versante settentrionale del colle Tre Croci, a due chilometri dal paese,  ma purtroppo lo troviamo chiuso (tutti hanno fatto tardi alla festa del SS. Crocifisso la sera precedente). La fama del santuario mariano è legata alla memoria del Beato Arcangelo Placenza da Calatafimi che vi soggiornò e naturalmente al culto di Maria Santissima, patrona del borgo.

La tradizione racconta che nel 1655 ci fu una terribile invasione di cavallette che stava devastando i raccolti delle piantagioni calatafimesi. La popolazione, affranta, decise di rivolgersi ai santi, vennero pertanto inseriti in un cofanetto i nomi di tutti quelli ai quali era  stato dedicato un altare all’interno delle chiese del paese e venne estratto il foglietto con il nome di Maria Santissima di Giubino che di conseguenza fu proclamata patrona di Calatafimi. Naturalmente, l’invasione di cavallette cessò, la santa aveva fatto la grazia ai contadini che poterono riprendere le attività.

Proseguiamo pertanto lungo una trazzera in discesa per poi scavallare la Strada statale settentrionale sicula e proseguire lungo una strada asfaltata poco trafficata in direzione degli scavi.

Lungo il percorso, attraversiamo un ponte sul fiume Gaggera, dove inaspettatamente incrociamo un’edicola del ventennio, con tanto di fasci littori: un’iscrizione del 1925 o 1926 riporta una dichiarazione del duce: “Per la via riaperta / salgano al tempio di Segesta  / ITALIANI / non immemori della prisca nobiltà / non dubbiosi del futuro destino / auspice Benito Mussolini / nel IV anno dell’era fascista”.

Edicola sul fiume Gaggera [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Edicola sul fiume Gaggera [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Man mano che ci avviciniamo, iniziamo a distinguere la sagoma del tempio fino a giungere al parco archeologico, molto ben organizzato con pannelli informativi ben illustrati, un’area ristoro di tutto rispetto, servizi efficienti e un autobus per raggiungere l’acropoli. Saliamo in cima al Monte Barbaro, con una bella vista verso la costa di Castellamare del Golfo. Il sito è intriso di vicende mitologiche. Chi fondò la città? L’eroe Aceste, nato dagli amori del dio Crimiso e della ninfa Egesta oppure i profughi troiani quando, nel corso del loro lungo viaggio nel Mediterraneo verso le coste laziali, sostarono in Sicilia? Certo è che i primi abitanti si chiamavano Elimi, una popolazione aperta agli influssi delle culture fenicia, greca e romana.

La città fu da sempre in lotta con la non lontana Selinunte per ragioni di confine ma quest’ultima, nonostante l’alleanza con Siracusa, ebbe la peggio, venendo assediata e distrutta dai cartaginesi nel 409 a.C., su istigazione dei segestani.

Durante le guerre puniche, Segesta si alleò intelligentemente con Roma e, grazie alle presunte comuni origine troiane, fu trattata con molta equità dai romani che le garantirono uno status di città libera, esentandola dal pagamento di pesanti tributi. Cessò di esistere nel V secolo quando venne distrutta dai Vandali, anche se in epoca medievale un piccolo insediamento medievale doveva occupare la cima del Monte Barbaro difesa da un castello.

Nei pressi di quest’ultimo, in epoca elima, c’erano l’agorà, un sistema monumentale a terrazze e un grande portico (la stoà), senz’altro tra i luoghi più affollati della città. Proprio sopra i resti di quest’ultima, in epoca medievale, venne costruita una “moschea del venerdì”, la più antica della Sicilia finora nota, dove i musulmani maschi si riunivano per la preghiera.

Ricostruzione degli edifici di epoca greca e medievale tratti dai pannelli didattici posizionati nei pressi delle diverse aree monumentali
Ricostruzione degli edifici di epoca greca e medievale tratti dai pannelli didattici posizionati nei pressi delle diverse aree monumentali

Il teatro, dalle forme tipicamente greche era stato costruito in calcare locale, ma la cavea che in genere nei teatri greci poggiava sul pendio della collina, in questo caso fu costruita alla romana, su alte arcate. I quattromila spettatori godevano di un affaccio di tutto rispetto, con vista sul mare.

Il teatro e il tempio di Segesta [A-B. Foto: Maria Teresa Natale, C. Foto Maria Grazia Pattumelli. D. Foto: Dario Soranzo, CC BY NC SA]
Il teatro e il tempio di Segesta [A-B. Foto: Maria Teresa Natale, C. Foto Maria Grazia Pattumelli. D. Foto: Dario Soranzo, CC BY NC SA]
Se in genere si sale sul Monte Barbaro con l’autobus, si scende invece a piedi così da poter visitare l’Antiquarium dove sono esposti alcuni reperti rinvenuti nel corso degli scavi e poi terminare con il periplo del meraviglioso tempio dorico di Segesta, costruito a strapiombo sul vallone della Fusa. Risale alla seconda metà del V secolo a.C. Le colonne non scanalate, i coronamenti dei capitelli non completati, i gradini non scalpellati ci raccontano che il tempio non fu mai terminato. Ma a chi era dedicato? Forse ad Afrodite Urania, come suggerirebbe la dedica incisa su una base in calcarenite conservata presso la Biblioteca comunale di Calatafimi, che nomina un tal Diodoro che dedicò la statua della sacerdotessa Minyra, sua sorella, alla dea.

Rientriamo a Calatafimi con un pullman di linea che ha la fermata proprio all’uscita degli scavi: una buona occasione per fare quattro chiacchiere con i locali.

Rientro a Calatafimi Segesta in pullman [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Rientro a Calatafimi Segesta in pullman [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Il resto del pomeriggio è dedicato a una passeggiata nel borgo, di chiara matrice islamica e ricco di curiosità: dal Castello Eufemio normanno-svevo, che vide le truppe di Federico II sfruttarlo nella lotta contro i ribelli musulmani al labirinto di vicoli ristrutturati negli anni Duemila a seguito dei gravi danni provocati dal terremoto del Belice nel 1968 (il vicolo dei Proverbi, delle Acquasantiere, della Sciabica, del Mulo, dell’Epopea garibaldina e così via).

Sosta obbligata è la Casa-museo Garibaldi, a pochi passi dal palazzo municipale. Qui il parroco liberale Antonino Pampalone (1810-1866), deputato per Calatafimi al Parlamento Siciliano del 1848, ospitò Giuseppe Garibaldi e alcuni suoi ufficiali il 16 maggio 1860, da questo palazzo il generale arringò i calatafimesi parlando dell’Unità d’Italia e pronunciò, secondo la tradizione, il celebre motto “O Roma o morte”.

Calatafimi-Segesta. Casa Museo Garibaldi [Foto A, D: Maria Teresa Natale, B-C. Dario Soranzo, CC BY NC SA]
Calatafimi-Segesta. Casa Museo Garibaldi [Foto A, D: Maria Teresa Natale, B-C. Dario Soranzo, CC BY NC SA]
Terminiamo la serata con un’ottima cena al ristorante “Terra Mia”, con menù diversificato, ricco di piatti locali, servito da personale gentilissimo.

[Maria Teresa Natale]

Cronaca del cammino da Mozia a Salemi, 29 aprile-6 maggio 2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.